Covid-19, è proprio la nostra eredità storica e culturale che ci unisce contro un nuovo e terribile nemico “che non si vede”

Il 17 Marzo 1861, l'Italia prendeva vita, oggi celebriamo la Giornata dell'Unità nazionale, della Costituzione, dell'inno e della bandiera

Napoleone III e Vittorio Emanuele II entrano a Milano l'8 giugno 1859

Napoleone III e Vittorio Emanuele II entrano a Milano l'8 giugno 1859 Di Wolfgang Sauber - Opera propria, CC BY-SA 3.0, Collegamento

“Fratelli d’Italia, l’Italia s’è desta!”.

«Il re Vittorio Emanuele II assume per sé e suoi successori il titolo di Re d'Italia» così una legge di un solo articolo, proclamava il 17 marzo 1861 la nascita del Regno d’Italia.

Dopo più di metà secolo di insurrezioni, lotte e rivolte il nuovo stato unitario prendeva vita. Mancavano certo ancora il Veneto e Roma – che si sarebbero unite al nuovo stato successivamente –, ma finalmente l’Italia prendeva la forma di uno stato. Nel 1866, con la III guerra d'indipendenza, la neonata nazione italiana avrebbe poi strappato il Veneto all'Impero asburgico e nel 1870 le truppe sabaude entravano nella città di Roma, che divenne la capitale del nuovo regno.
Quello che per molti era stato solo un sogno, era finalmente diventato realtà. Dopo il crollo dell’impero napoleonico e il rinnovato assetto territoriale dell’Europa con l’età della Restaurazione il pensiero dell’Italia unita era diventata da semplice idea ad essere la protagonista dei discorsi politici. Se aspirazioni alla costruzione di uno stato italiano non erano mancate nel passato della penisola (espresse da Dante, Petrarca o Machiavelli), quel desiderio assumeva da allora un carattere diverso. A partire dai moti del 1820-21 e del 1830-31 che scoppiarono a Palermo, a Napoli e nel Regno di Sardegna alle rivendicazioni liberali, si mescolarono sempre più quelle di carattere nazionale.

Aveva così inizio quel periodo della storia italiana chiamato “Risorgimento” che nei dizionari italiani di inizio Ottocento aveva un solo significato: «risurrezione». Un’epoca in cui uomini, donne, eroi hanno fatto la storia e si sono sacrificati per un sogno chiamato Italia.
Leggendo oggi i libri, i discorsi e gli innumerevoli testi dell’epoca forse le loro parole sembrano appartenere ad un passato remoto. Un passato lontano, ma con un’idea che ancora ci appartiene. L’idea di un’Italia come una «comunità di individui legati da una storia, una tradizione e dei tratti comuni», ed è proprio la nostra eredità storica e culturale a legarci ancora. Un’eredità che ci unisce contro un nuovo e terribile nemico “che non si vede”: il Covid-19.

“Dopo poco finivano gli attruppamenti nelle vie, e si apriva il teatro, la platea e i palchi stipati di gente con coccarde tricolori, gli attori compariscono fregiati delle stesse coccarde e qui applausi generali – tosto si solleva sul palcoscenico la bandiera tricolore, gli applausi raddoppiano, le signore agitano i fazzoletti, e s'intuonano gli inni nazionali” scrive nel febbraio 1848 in una lettera Goffredo Mameli. Solo un anno prima lo stesso Mameli, insieme a un gruppo di patrioti, aveva eseguito per la prima volta quello che sarebbe diventato il Canto degli Italiani proprio a Genova. Grazie a lui da allora le sue parole riecheggiano ancora oggi nelle case e sui balconi di una penisola unita, per riscaldare il cuore e gli animi degli italiani: “Fratelli d’Italia, l’Italia s’è desta!”.

Petra Di Laghi
Dott.ssa Petra Di Laghi

Dott.ssa Petra Di Laghi Storica, divulgatrice, ricercatrice

Petra Di Laghi (Genova, 1992) è laureata in Scienze storiche a Torino con la tesi L’esodo giuliano-dalmata tra emergenza e accoglienza: il caso di Genova (1945-1955). È specializzata in comunicazione storica e ha approfondito la materia della formazione, gestione e conservazione di archivi digitali in ambito pubblico e privato. Sul tema dell’esodo istriano e sull’accoglienza dei profughi giuliani ha pubblicato vari articoli e tenuto conferenze. Collabora con la libera associazione “Coordinamento Adriatico” ed è membro del “Comitato 10 Febbraio”.