Giorno del Ricordo, la violenza non è né di destra, né di sinistra, bisogna avere il coraggio di condannarla e partecipare alle ricorrenze
L’opinione di Moreno Mazzola: «Nella percezione di alcuni queste azioni esecrabili si colocano in una logica di appartenenza destra-sinistra. Il 25 Aprile e il 27 gennaio sono delle ricorrenze della sinistra mentre il 10 febbraio è una ricorrenza della destra»

13 febbraio 2023
“Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario”, cit. Primo Levi
Si commemora in questi giorni in tutto il Paese il Giorno
del Ricordo, istituito con la legge n. 92 del 30 marzo 2004 con l'obiettivo di
conservare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle
foibe, dell'esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel
dopoguerra e della complessa vicenda del confine orientale. Nella percezione
comune si collocano queste azioni esecrabili in una logica di appartenenza
destra-sinistra. Il 25 Aprile e il 27 gennaio sono delle ricorrenze della
sinistra mentre il 10 febbraio è una ricorrenza della destra, cercare di
posizionare politicamente la violenza non è utile e non è giusto. Quando
vengono commesse dei crimini, quando c’è la prevaricazione di qualcuno contro
altri o qualcosa, quando la violenza diventa l’elemento caratterizzante delle
azioni, bisogna avere il coraggio di condannarle e di partecipare alle
ricorrenze. La violenza non è né di destra, né di sinistra è solo violenza. A
questo proposito vogliamo riportare quello che disse nel 2021 il Presidente
della Repubblica Mattarella: «Il Giorno
del Ricordo richiama la Repubblica al raccoglimento e alla solidarietà con i
familiari e i discendenti di quanti vennero uccisi con crudeltà e gettati nelle
foibe, degli italiani strappati alle loro case e costretti all'esodo, di tutti
coloro che al confine orientale dovettero pagare i costi umani più alti agli
orrori della seconda guerra mondiale e al suo prolungamento nella persecuzione,
nel nazionalismo violento, nel totalitarismo oppressivo. Conservare e rinnovare
la memoria di quella tragedia è un impegno di civiltà e il ricordo, anche il
più doloroso, anche quello che trae origine dal male, può diventare seme di pace
e di crescita civile». Ma come mai
si è scelto proprio il 10 febbraio per la commemorazione di queste vittime? È
stata prescelta questa data perché il 10 febbraio del 1947 furono firmati i
trattati di Parigi che assegnavano alla Jugoslavia, il Quarnaro, la città di
Zara con la sua provincia e la maggioranza della Venezia Giulia che in
precedenza facevano parte dell’Italia. Con il ritorno di questi territori alla
Jugoslavia, ebbe inizio una rappresaglia feroce che colpì molti cittadini
italiani innocenti, ritenuti implicitamente colpevoli di aver vissuto sotto il
regime fascista. Fino a configurare quella che oggi gli storici descrivono come
una vera e propria pulizia etnica: prigionia, campi di lavoro forzato e morte
nelle foibe. I numeri sono impressionanti infatti si valuta che trovarono la
morte nelle foibe fra le 9.000 e le 10.000 persone, secondo una stima ancora
approssimativa. Molti riuscirono a fuggire: un esodo di massa che coinvolse tra
le 250mila e 350mila persone tra il 1945 e il 1956. Con l’adesione della
Croazia alla Comunità Europea molti dei fuggitivi o dei loro famigliari
potranno tornare a visitare le loro terre di origine alla ricerca dei luoghi
nativi.
“Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario”
Primo Levi
Primo Levi
Moreno Mazzola
13 febbraio 2023