Il vento delle primarie colpisce il PD

Le primarie erano parte integrante del rinnovamento del PD Veltroniano in quanto strumento che avrebbe dovuto consentire una connessione ed un dialogo con la società civile

L'opinione di Moreno Mazzola

L’esito delle primarie del Partito democratico ha suscitato una notevole sorpresa, in quanto il voto del popolo delle primarie ha ribaltato, per la prima volta, il voto degli iscritti. Alle origini del PD Veltroniano le primarie erano parte integrante del movimento di rinnovamento in quanto strumento che avrebbe permesso una connessione ed un dialogo con la società. Non è mai stato scritto da nessuna parte che le primarie sarebbero dovute servire solo come plebiscito al candidato scelto dagli iscritti; nella logica del modello originario del PD era comunque insita la possibilità che il voto aperto a tutti gli elettori potesse contraddire quello degli iscritti. Al di là che le regole erano definite prima del congresso e accettate da tutti e quindi oggi non sconfessabili, però è lecito che il PD si ponga una domanda: perché mai iscriversi al PD se le regole affidano un momento cruciale (l’elezione del segretario) a una platea mutevole e indistinta di elettori, che in gran parte non hanno alcun legame organizzativo con il partito stesso? Risulta evidente che questa modalità potrebbe creare disequilibri interni tra gli iscritti in quanto quest’ultimi, che sono il corpo del partito, che impegnano parte del loro tempo alla gestione, partecipane ai volantinaggi, alla gestione dei seggi, con la presenza lavorativa alle ormai poche e sporadiche Feste dell’Unità, si potrebbero chiedere perché iscriversi se poi il loro parere vale meno del parere complessivo dei primaristi? Risulta importante notare che il PD è l’unico partito in Italia che utilizza per la votazione del Segretario e quindi del rinnovo delle cariche dirigenziali la modalità delle primarie aperte. Potrebbe essere questo uno dei motivi che ha prodotto un continuo calo del numero degli iscritti perché nel momento più importante della vita di un partito ci si rende conto che l’appartenenza è trascurata rispetto al coinvolgimento di masse di persone che con il partito e con la sua quotidianità hanno poco a che fare? Il voto a Elly Schlein dimostra come, al di là e al di sopra del corpo degli iscritti, si sia attivata un movimento extra-corporeo  che ha mobilitato tutti quegli elettori che, privilegiando la novità, hanno espresso una voglia di discontinuità e di un bisogno di radicalità che richiederà una posizione politica di maggior chiarezza rispetto a quanto fatto in passato. Ricordiamo che il PD ha governato in dieci degli ultimi dodici anni senza aver mai vinto le elezioni ma solo per il senso di responsabilità verso le situazioni in cui versava la Nazione. Naturalmente, ora inizia il difficile, e uno dei primi compiti della nuova segretaria sarà quello di avviare una riforma del partito cercando di tenerlo unito frenando spinte centrifughe. Occorre che si stabiliscano momenti di confronto dove tutti siano partecipi delle decisioni costruite attraverso un percorso di partecipazione e discussione. Questo è il compito improbo che aspetta la nuova segretaria e il nuovo gruppo dirigente altrimenti gli iscritti si troveranno di fronte ancora lo stesso refrain dove tutto cambia per non cambiare niente.

“Un partito che non si rinnovi con le cose che cambiano, che non sappia collocare ed amalgamare nella sua esperienza il nuovo che si annuncia, il compito ogni giorno diverso, viene prima o poi travolto dagli avvenimenti, viene tagliato fuori al ritmo veloce delle cose che non ha saputo capire ed alle quali non ha saputo corrispondere.” – Aldo Moro

Moreno Mazzola