Insensata l'eterna polemica tra conservatori e progressisti: nel mondo niente è più certo del cambiamento

Pensiamo a come potrebbe essere il mondo tra 100 anni. Oppure tra 1000. Sicuramente molto di quanto conosciamo non esisterà più: linguaggi, abitudini, modi di pensare, modi di vivere. Si tratterà di un mondo diverso, trasformato.

Inquadrandolo con un immaginario binocolo temporale, le cose che accadranno là, in quella realtà del futuro misteriosa e sfuggente, ci apparirebbero distorte, assurde, inconcepibili rispetto ai parametri che appartengono oggi alle nostre menti. 
Del resto, solo un secolo e mezzo fa sarebbe stato impensabile poter viaggiare da un punto all'altro su un mezzo di trasporto volante. E vedere una donna coi pantaloni da uomo, o in giro con le gambe scoperte, non era di certo una cosa comune anche semplicemente per la generazione dei nostri nonni. 
Chi si oppone al cambiamento, o predica la conservazione perenne dello stato di fatto, va contro quella che è forse l'unica verità incontrovertibile dell'universo: la trasformazione. È difficile accettare quello che oggi ci appare sconosciuto e pericoloso, ma prima o dopo lo faremo. O lo faranno i nostri figli, i nostri nipoti e le generazioni che verranno. Che si tratti della minigonna, delle nozze tra persone dello stesso sesso o della santa messa condotta da una donna laica anziché un sacerdote, poco importa. È soltanto il tempo a fare la differenza tra ciò che è e ciò che sarà.
Ovviamente, questo vale per le cose artificiali, quelle create per vivere meglio (o forse peggio). Il vero patrimonio da conservare, immutato e immutabile, dovrebbe essere quello che fa capo ai valori più nobili della natura umana: l'amore, la libertà, l'altruismo, il rispetto per gli altri e per l'ambiente naturale. Al di là di questo, tutto scorre in movimento continuo verso l'ignoto. 
Ecco perché l'eterno dibattito tra conservatori e progressisti è finto e insensato. Conservatori e progressisti, in politica come nella società, non sono altro che giocatori che giocano la stessa partita a carte su tavoli diversi. Del resto, non si vedrà mai un conservatore che vive ancora in una capanna di paglia, così come un progressista che cammina sulle mani anziché sui piedi. 
Il progresso, che lo vogliamo o no, appartiene a una realtà che ci prevarica e ci assimila ai suoi slanci e ai suoi deliri. E non c'è niente di così pragmaticamente sicuro come il cambiamento. 
Davide Zanardi