L'importanza (e la difficoltà) di andare a votare

di Davide Zanardi.
Sembra un copione fatto su misura. Manca una manciata di giorni alle elezioni europee e il già dubbioso e poco motivato cittadino italiano non fa che leggere e sentire i nomi di individui poco raccomandabili: Scajola, Matacena, Genovese, Dell'Utri. A quel punto si chiede se il marciume, ormai così diffuso e maleodorante, della politica meriti ancora l'impegno di una croce a matita su una scheda elettorale.

La prima risposta, istintiva, a questa domanda è evidentemene no. Se qualcuno ha avuto modo di parlare con amici, parenti e conoscenti delle rispettive intenzioni di voto, avrà notato come una discreta fetta di popolazione ancora non è in grado di dire se e per chi si recherà ai seggi domenica. Facile indovinare un consueto tasso particolarmente alto di astensionismo. Diciamo la verità: oggi come oggi sono pochi, soprattutto in Italia, quelli che si dirigono alle urne con lo spirito leggero e carichi di fiducia in ciò che stanno facendo. Eppure, sembrerà una favoletta, ma convincersi dell'importanza di andare a votare è più che una necessità. I grandi astensionisti diranno: tanto non cambia niente. È vero. Ma si può ribattere: non è cambiato niente neanche con la vostra latitanza. Ci sarà sempre qualcuno pronto a mettere le mani su quel piatto succulento chiamato potere, con o senza il nostro assenso. Allora tanto vale esprimere un'opinione, per quanto modesta o poco convinta. Un altro motivo che può aiutare a chiarire che le elezioni hanno ancora un senso è sotto gli occhi di tutti. In questo momento gli orientamenti sembrano scivolare verso l'annebbiamento, con l'emergere di una sorta di pensiero unico, anzi di un non-pensiero che tende all'omologazione. Spariti da tempo i partiti storici, spariti anche i concetti di destra e sinistra, l'attività di un politico pare ora mirata al raggiungimento di obiettivi numerici ed economici che non tengono conto di nessun tipo di idea o principio. È una politica “spoliticizzata”, dove oltretutto anche l'aspetto truffaldino-delinquenziale è diventato bipartisan. La vicenda Genovese ne è un esempio. La storiella dei «noi non siamo come loro» non regge più. Oggi davvero è molto alto il rischio che tutti siano uguali a tutti. Nel bene, ma più frequentemente, purtroppo, nel male. Quindi, se proprio ci viene il magone nel pensare dove mettere quella crocetta, prendiamo il voto come una scommessa, una puntata impossibile alla roulette. Al limite buttiamoci su un simbolo che sappiamo non prenderà più dell'1%. Scegliamo pure una minoranza, ma scegliamo. E che il gregge vada avanti per la sua strada.