Una riflessione sui vertici del potere in Italia

I posti ai vertici sono formati da un’oligarchia di anziani ricca – e non è un eufemismo – di benefici e con salari elevati. C’è una perpetuazione del potere, potere che è anche ambito decisionale per tutti gli altri cittadini, tra una ristretta schiera di persone e, cosa ancora peggiore, esiste il fenomeno della cooptazione, per il quale le nuove leve, quasi mai anagraficamente, sono afferenti a un sistema di amicizia, di interesse e non di merito. Io non sono per il “nuovismo” a ogni costo, e non sono neanche per la rottamazione, se si è raggiunta una certa età; penso che ci sia bisogno di competenza, di esperienza ma soprattutto ci sia bisogno di riconoscimento del merito.

Infatti, credo che una società ai cui posti di comando ci siano anziani estremamente longevi sia una società poco dinamica e che non sia in grado di interpretare i bisogni e i cambiamenti che avvengono e che sia quindi una società destinata al declino. Non è pensabile che sempre e comunque la capacità sia connaturata all’età; in un contesto come quello italiano sopra descritto è palese che il merito sia tenuto in scarsa considerazione come criterio decisivo per l’assegnazione di un qualunque incarico. Questo vale anche per i partiti, dove oggi vediamo gli stessi di vent’anni fa, che allora davano risposte diverse a quelle di oggi per affrontare le varie situazioni, di crisi, di rilancio dell’economia.

Situazioni che, come tutti possono vedere, si susseguono sempre più frequentemente. Risulta necessaria una nuova primavera, che permetta di fondere il nuovo con il vecchio, l’esperienza con la capacità e il merito. Se non saremo in grado di fare ciò, la nostra società sarà un luogo dove non ci sarà posto né per i vecchi né per i giovani, ma solo per quell’oligarchia che continuerà a perpetrarsi, con danni notevoli per il Paese.

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“Vi fu sempre nel mondo assai più di quanto gli uomini potessero vedere quando andavano lenti, figuriamoci se lo potranno vedere andando veloci” - J.Ruskin