Cold case a Como. Nel marzo del 2000, un uomo venne strangolato nella sua abitazione: il mistero di Via Anzani non è ancora stato risolto
Nella primavera di 25 anni fa, Como fu teatro del delitto di Federico Vaghi, pensionato di 65 anni. Sei mesi dopo, a Pesaro, un altro omicidio: stessa dinamica, stesso modus operandi. Solo una coincidenza oppure esisteva un possibile legame tra i due casi?

10 marzo 2025
Nel marzo del 2000, la tranquilla città di Como fu scossa da un crimine che, a distanza di oltre vent’anni, rimane ancora avvolto nel mistero. Federico Silvano Vaghi, un pensionato di 65 anni, venne trovato morto nel suo appartamento di via Anzani 32, vittima di strangolamento.
Vaghi era un uomo riservato, con pochi amici e abitudini rigide. La sua routine era sempre la stessa: ogni mattina acquistava il giornale e si fermava per un caffè nel bar sotto casa. Era conosciuto nel quartiere per il suo carattere schivo ma educato. Da tempo soffriva di problemi di salute; anni prima era stato colpito da un ictus che ne aveva limitato le capacità fisiche. Nulla, però, lasciava presagire un epilogo così tragico.

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La scoperta del cadavere
La mattina del 24 marzo, fu Giuseppe R., un giovane garzone incaricato di consegnargli l’acqua minerale, a scoprire il cadavere. Arrivato alla porta dell’appartamento, il ragazzo notò che l’uscio era leggermente socchiuso, un dettaglio insolito per un uomo meticoloso come Vaghi. Spinto da uno strano presentimento, chiamò a voce alta il pensionato ma non ricevette risposta. Guardo più attentamente dalla porta socchiusa e vide il corpo di Vaghi che giaceva riverso sul letto, seminudo, con la testa inclinata in modo innaturale e la cornetta del telefono vicino alla spalla. Preso dal panico, invece di entrare, fuggì in cerca di aiuto, imbattendosi in una vicina che stava uscendo per recarsi al lavoro. Fu lei a dare l’allarme e, in seguito, raccontò alla polizia che: «L’appartamento era in completo disordine». In salotto, un paio di mutande e scarpe da uomo giacevano accanto a una poltrona, mentre altri oggetti erano sparsi sul pavimento. La cucina sembrava essere stata rovistata, mentre in camera da letto i cassetti erano stati tirati fuori con violenza. Tuttavia, non vi erano segni di effrazione: la porta d’ingresso non era stata forzata, le finestre erano chiuse dall’interno e le tapparelle erano sollevate.

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Le indagini
Il medico legale Giovanni Scola stabilì che la morte era avvenuta circa sette-otto ore prima del ritrovamento, confermando lo strangolamento come causa del decesso. L’arma del delitto non fu mai trovata, ma gli investigatori ipotizzarono che potesse trattarsi di un cavo elettrico o dello stesso filo del telefono accanto al quale il corpo era stato trovato.
Oltre alla consegna dell’acqua minerale, Vaghi riceveva ogni giorno la visita di un obiettore di coscienza incaricato dal Comune di distribuire i pasti agli anziani parzialmente autosufficienti. Aveva scelto di usufruire del servizio sei giorni su sette, escludendo le domeniche e la cena, momento in cui preferiva restare da solo e arrangiarsi con qualcosa di semplice. Nato e cresciuto a Milano, aveva trascorso gran parte della sua carriera come impiegato, finché le condizioni di salute della madre, residente a Como, lo avevano costretto a trasferirsi per prendersene cura.
Nel quartiere non era particolarmente conosciuto. La sua giornata iniziava con una breve uscita per comprare il giornale all’edicola tra via Anzani e via Magenta, dove scambiava qualche parola con l’edicolante. Il resto del tempo lo trascorreva in casa, salvo qualche rara visita a una rosticceria o a un bar nella parte alta di via Milano.
L'attenzione degli inquirenti si focalizzò subito su un dettaglio: alcuni vicini avevano riferito di aver visto, nelle sere precedenti il delitto, giovani di origine nordafricana o dell’Est Europa frequentare l’appartamento di Vaghi. Si trattava solo di persone che il pensionato accoglieva per compagnia, oppure si era trovato coinvolto in una situazione torbida che gli era sfuggita di mano?
La polizia eseguì analisi del DNA su bicchieri e altri oggetti nella casa, ma i risultati non portarono a nessuna pista concreta. Nonostante la minuziosa ricerca di prove, non venne rinvenuta nemmeno nessuna impronta digitale estranea. L'assenza di testimoni e la mancanza di telecamere di sicurezza resero il caso ancora più difficile da decifrare.

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Un delitto simile
Sei mesi dopo, nel settembre dello stesso anno, un altro delitto attirò l’attenzione della polizia. Questa volta la scena del crimine era a Pesaro, dove Maurizio Aiudi, uno stilista di 55 anni, fu trovato morto nel suo appartamento. Anche lui era stato strangolato, legato e imbavagliato, in quello che appariva un omicidio eseguito con freddezza e precisione.
L’indagine su Aiudi portò rapidamente a un nome: Abdelmajid El Hilaly, un giovane ambulante marocchino di vent’anni, che venne individuato grazie alla SIM del cellulare rubato alla vittima. Dopo l’omicidio, El Hilaly si era rifugiato proprio a Como, in un edificio abbandonato di via Cinque Giornate, un luogo noto per essere un ritrovo di sbandati.
Interrogato, El Hilaly confessò l’omicidio di Aiudi, spiegando che il delitto era avvenuto dopo una discussione per una prestazione sessuale non pagata. In seguito rivelò di aver agito con un complice, un giovane siriano di ventidue anni, che tentò di scappare in Francia ma fu arrestato a Ventimiglia.

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Il collegamento con il caso di Via Anzani
La somiglianza tra i due omicidi fu immediatamente notata dagli inquirenti. Entrambe le vittime erano uomini soli, strangolati con un cavo all’interno delle proprie abitazioni. Entrambi erano stati trovati seminudi, con segni di una colluttazione minima, quasi come se avessero abbassato la guardia di fronte ai loro assassini.
La polizia decise di riaprire il caso Vaghi e verificare se El Hilaly potesse essere coinvolto anche nel delitto di Como. Furono disposti nuovi esami sul materiale genetico raccolto nella casa di via Anzani, ma i risultati non portarono a nessun confronto positivo. Non vi erano prove concrete che collegassero il marocchino al primo omicidio, nonostante la modalità simile.
A distanza di anni, il caso Vaghi rimane irrisolto. Mentre l'omicidio di Aiudi fu risolto rapidamente, quello di via Anzani si perse nel tempo, diventando una delle tante storie senza finale della cronaca nera italiana.

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10 marzo 2025