L’ombra sulla Galleria: la strana morte di Giuseppe Mengoni

Creatore di uno dei simboli più iconici di Milano, Mengoni trovò la morte sotto la sua stessa opera alla vigilia dell’inaugurazione. Dietro il capolavoro architettonico che ha ridisegnato la città, ancora oggi si nasconde il mistero della sua tragica fine.

Giuseppe Mengoni fu l'artefice di uno dei simboli più iconici di Milano: la Galleria Vittorio Emanuele II. Mengoni, nato il 23 novembre 1829 a Fontanelice, un piccolo borgo vicino a Imola, dimostrò fin da giovane un talento straordinario. Trasferitosi a Bologna per proseguire gli studi all'Accademia, conseguì la laurea nel 1851. Parallelamente, approfondì le sue conoscenze in fisica e matematica, prima di intraprendere una serie di viaggi in Europa, dove entrò in contatto con l'architettura innovativa di Francia, Germania ed Inghilterra. Tornato in Italia, si affermò rapidamente come architetto e ingegnere.

Immagine generata con AI

Immagine generata con AI

Milano verso l’Unità d’Italia e il progetto della galleria

Il 1860 fu un anno cruciale non solo per l'Italia, che si stava avvicinando all'Unità, ma anche per la carriera di Mengoni. Milano, fresca di liberazione dagli austriaci, sentiva il bisogno di affermarsi come città guida nel nuovo panorama nazionale, e il centro pulsante di questa rinascita sarebbe stato Piazza Duomo. Il Municipio di Milano, sotto la guida del sindaco Antonio Beretta, decise di indire un concorso per ridefinire la piazza, collegandola a Piazza della Scala attraverso una struttura monumentale che avesse una funzione sia estetica che commerciale.
Inizialmente il concorso era un “concorso di idee”, aperto anche alla cittadinanza, per raccogliere sia progetti concreti che semplici suggerimenti. Più di centosettanta proposte furono sottoposte al vaglio di una commissione appositamente istituita, la quale estrapolò dai vari progetti alcune linee guida da includere in un nuovo bando.

Nel 1861 fu avviato il secondo concorso, questa volta rivolto esclusivamente agli esperti del settore, indicati come i “cultori dell’arte”. La proposta concorsuale era ambiziosa: si prevedeva la demolizione di un intero quartiere adiacente al Duomo, inclusi alcuni edifici di rilievo come il “Coperto dei Figini” e il complesso del “Rebecchino”, per aprire una nuova piazza rettangolare e creare un asse di collegamento diretto con Piazza della Scala.

Tra i numerosi progetti presentati, quattro furono giudicati realizzabili e selezionati per la fase finale. Questi furono: “Dante”, firmato dall’architetto romagnolo Giuseppe Mengoni, “Ammirazione”, elaborato dal milanese Davide Pirovano. “Alla Nazione Italiana”, proposto dal veneziano Paolo Urbani e “Temo e Spero”, ideato da Gaetano Martignoni, originario di Como.

Nonostante la qualità delle proposte, nessuno dei progetti fu proclamato vincitore al termine del concorso. Fu così che nel febbraio del 1863 venne organizzata una nuova selezione, questa volta riservata a tre professionisti. Il progetto che emerse come vincitore fu quello di Giuseppe Mengoni, che all'epoca aveva appena 34 anni. La sua visione risultò la più coerente con le aspettative del concorso e con le esigenze urbanistiche di Milano.

L'iniziale proposta di Mengoni prevedeva una galleria a braccio unico, ma con successive modifiche e rielaborazioni si arrivò, nel settembre del 1864, ad un progetto definitivo che includeva due assi principali che si incrociavano perpendicolarmente, creando uno spazio ottagonale al centro. La struttura sarebbe stata coperta con una volta in ferro e vetro, una soluzione architettonica innovativa per Milano, sebbene ispirata ad esempi internazionali come la Galerie d’Orléans a Parigi e alcune strutture di Londra.

Una volta approvato il progetto finale, furono avviate le procedure di esproprio delle aree interessate, seguite dalla demolizione degli edifici esistenti. Il 7 marzo 1865 si tenne la cerimonia di posa della prima pietra, un evento simbolico che segnò ufficialmente l'inizio dei lavori, a cui partecipò, nonostante il brutto tempo, un gran numero di cittadini.

Immagine generata con AI

Immagine generata con AI

I lavori e le difficoltà

Nonostante l'entusiasmo iniziale, la costruzione della Galleria subì numerosi ritardi dovuti a questioni amministrative, difficoltà economiche e finanziarie, ostacoli burocratici e dispute legali. Questi problemi rallentarono i lavori, che si protrassero per oltre un decennio.

Fin dall'inizio emerse un ostacolo significativo: il costo elevato per la costruzione della galleria. La questione venne risolta grazie al supporto di capitali stranieri e all'intervento dello stesso Mengoni, che propose la creazione di una società appaltatrice. Questa società, nel 1865, stipulò un contratto con la Municipalità per l'esecuzione dei lavori.

Nel primo anno di lavoro furono costruite le strutture principali, i quattro piani e le terrazze da cui oggi si può ammirare la città. Il cantiere impiegò circa mille operai specializzati in vari mestieri, tra cui manovali, falegnami, fabbri, vetrai, scalpellini, stuccatori e decoratori. Questi artigiani si occuparono della realizzazione dei pavimenti in mosaico di marmo, degli affreschi nell’ottagono raffiguranti le allegorie delle Quattro parti del Mondo e delle Attività Umane, delle ventiquattro statue in gesso rappresentanti illustri Italiani e di altri raffinati stucchi decorativi.

Il 15 settembre 1867, la Galleria poteva considerarsi quasi completata, ad eccezione dell'Arco di ingresso su Piazza Duomo, progettato per ricalcare un Arco di Trionfo. Tuttavia, la sua realizzazione subì un ritardo di dieci anni a causa di problemi amministrativi e finanziari, nonché di ritardi nella consegna dei progetti da parte di Mengoni, che si assunse personalmente l'onere di coprire una parte dei costi per completare l'opera.

Immagine generata con AI

Immagine generata con AI

La morte di Mengoni

La sera del 30 dicembre 1877, Mengoni era in cantiere per un ultimo sopralluogo, a poche ore dall’inaugurazione della sua opera. Si arrampicò fino all’arcone della Galleria, sotto lo sguardo dei suoi operai. Pochi instanti dopo gli stessi operai lo videro cadere nel vuoto. L’architetto morì sul colpo.

Da subito il fatto suscitò ipotesi contrastanti. Per alcuni si trattò di un incidente, una tragica fatalità dovuta alla stanchezza o ad una distrazione. Ma altri suggerirono che Mengoni si fosse suicidato.
L’architetto aveva dedicato anni della sua vita a quest’opera ambiziosa ed innovativa, eppure, nonostante il suo immenso impegno, il giorno della consegna ufficiale si avvicinava e l’opera non era ancora del tutto completata. Il 31 dicembre, infatti, era la data limite, e il ritardo nella consegna avrebbe comportato per Mengoni una pesante penale economica.
Inoltre, una notizia potrebbe aver aggravato la sua delusione: Vittorio Emanuele II, il re a cui la Galleria era dedicata, non sarebbe stato presente all’inaugurazione. Quella che sembrava una mancanza di riguardo nei confronti del progetto si rivelò poi essere legata alle condizioni di salute del sovrano, ormai gravemente malato. Il re morì infatti pochi giorni dopo, il 9 gennaio 1878. Tuttavia, sia a Mengoni che alla popolazione questa informazione era stata tenuta segreta. Alcuni ipotizzarono che la delusione per l’assenza del re potesse essere una concausa che lo avrebbe poi spinto al gesto estremo.

Allo stato di frustrazione di Mengoni potrebbero aver contributo anche le pesanti critiche ricevute. Il progetto, fin dall'inizio, fu oggetto di una marcata opposizione da parte della borghesia tradizionalista, che mostrò scarso apprezzamento per le soluzioni audaci ed innovative da lui proposte, generando non poche resistenze.

Si fece persino strada la voce di un omicidio, orchestrato da un collaboratore, forse per motivi legati a gelosie personali o sentimentali.

A rendere ancora più misteriosa la vicenda ci sarebbe la forma stessa della Galleria. Il cuore della struttura è un grande ottagono, una figura carica di simbologie antiche, utilizzata dai Templari e dai Cavalieri di Malta. In architettura, l’ottagono compare in luoghi come Castel del Monte in Puglia e nella Basilica di Collemaggio in Abruzzo, architetture legate entrambe a storie di mistero ed esoterismo. Qual era il significato di questa scelta per Mengoni? Un dettaglio insignificante o al contrario un particolare che si collega ai lati più oscuri della sua storia?

Tuttavia, la gloria postuma non poté toccare Mengoni, il cui corpo riposa oggi al Cimitero Monumentale di Milano, in una posizione appartata, nello spazio 31 del Circondante di Ponente. Sopra la sua tomba si erge una statua scolpita da Francesco Barzaghi, che con stile verista cattura la complessità e la sofferenza del grande architetto. Accanto a lui, in un secondo momento, venne sepolta anche la figlioletta, morta poco dopo di cause naturali.

Immagine generata con AI

Immagine generata con AI

La galleria oggi

Nonostante le critiche iniziali, nel giro di pochi anni i giudizi cambiarono radicalmente, consacrando la Galleria come un'icona di stile ed innovazione e facendola diventare il celebre "salotto di Milano".
Passeggiare sotto la sua cupola oggi significa non solo ammirare una delle più grandi opere architettoniche del XIX secolo, ma anche rivivere la storia di un uomo che, con la sua visione, ha ridefinito il volto di Milano. La morte di Mengoni, tuttavia, rimarrà per sempre avvolta nel mistero.