Latitante da 15 anni: truffatore 53enne arrestato a Milano

L’uomo, che era scappato in Sudamerica, è stato fermato presso la casa milanese della madre. Deve scontare oltre 13 anni di reclusione per vari reati

È stato arrestato, dopo 15 anni di latitanza, il truffatore 53enne italiano G.M., ricercato per un cumulo di pene di oltre 13 anni e catturato dalla Squadra mobile di Milano dopo il suo rientro in Italia dall'Argentina. L'uomo, che ha un lungo curriculum criminale composto per lo più da truffe a istituti di credito, assicurazioni e finanziarie, era scappato in Sudamerica nel 2004 e si era trasferito definitivamente in Argentina, ove aveva cambiato alcune identità e si era spacciato per un esperto di chirurgia estetica. Dal 1993 è stato ripetutamente sottoposto a misure cautelari personali e ha poi riportato numerose condanne per associazione per delinquere, ricettazione, falso materiale, favoreggiamento reale, truffa, violazione delle norme sull’uso delle carte di credito, contraffazione di pubblici sigilli e possesso ingiustificato di chiavi alterate. Da qualche anno riusciva a viaggiare indisturbato grazie a un passaporto argentino autentico su cui però era riportata una identità falsa. L’uomo è stato arrestato il 7 ottobre scorso (ma la notizia è stata divulgata solo oggi) mentre si recava in visita dalla madre a Milano, in zona viale Monte Ceneri. All’atto del controllo, il latitante ha esibito il documento falso con il quale era entrato nel territorio nazionale ed è stato trovato in compagnia di una donna di origini sudamericane che ha dichiarato di essere la sua compagna. Erano in possesso di una consistente somma in denaro nonché di alcuni documenti di identità e di numerose carte bancomat rilasciate da istituti di credito argentini e riportanti le false generalità con le quali il latitante si nascondeva in Argentina. Quando è stato fermato dagli agenti della Mobile era sicuro che non gli sarebbe accaduto nulla. «Ha mostrato senza esitazione il passaporto argentino, probabilmente non pensava che dopo tutti questi anni fosse ancora nei nostri radar», hanno spiegato gli investigatori della Mobile. 
Redazione Web

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