Milano, arrestato il boss che controllava l’Ortomercato

I tentacoli dell’‘Ndrangheta su Milano: Il boss Antonio Piromalli «assumeva il controllo dell’Ortomercato facendo leva sul metus mafioso» e si aggirava indisturbato tra i badiglioni

La 'Ndrangheta progettava anche l'esportazione di olio contraffatto negli Stati Uniti

Milano – Il commercio di frutta e verdura dell’Ortomercato non è stato bonificato dalle associazioni mafiose, anzi, gli arresti di questi giorni hanno dimostrato come sia ancora sotto controllo dell’’Ndrangheta. A tirare le fila questa volta era il boss Antonio Piromalli, arrestato pochi giorni fa, subentrato alle cosche Morabito-Palamara-Bruzzaniti. A nulla sono quindi serviti gli arresti risalenti al 2007, poiché il “metus mafioso” era lo stesso, mentre a cambiare erano solamente i nomi di chi lo attuava. Antonio Piromalli, 44 anni, è l’erede della famiglia criminale Piromalli di Gioia Tauro, figlio di “Facciazza” e, come scrivono i Pm nel decreto di arresto: «Assumeva il controllo dell’Ortomercato di Milano attraverso la creazione di una complessa rete di imprese e l’ausilio di una serie di affiliati (tra i quali spiccava Alessandro Pronestì) e fiancheggiatori, coordinati con la finalità di dominare il mercato ortofrutticolo di Milano, facendo leva sul metus mafioso esercitato dalla sua persona».
In totale sono 33 gli arresti effettuati dai Ros tra Calabria e Lombardia, e ora gli accusati dovranno rispondere a vario titolo di associazione mafiosa, traffico di stupefacenti, intestazione fittizia di beni, autoriciclaggio, tentato omicidio e altri reati, tutti conditi dall’aggravante della finalità mafiosa. Tra loro figura anche la moglie di Antonio Piromalli, insegnante.

L’Ortomercato di Milano, sito in via Lombroso, in realtà è caratterizzato da una presenza stabile della criminalità organizzata siciliana e calabrese fin dagli anni ’80. Per troppo tempo si è fatto finta di non vedere, ma ormai è impossibile asserire ancora che non vi sia un radicamento dell'’Ndrangheta a Milano e in Lombardia, così come è necessario affrontare la questione per quello che è: un problema a livello internazionale. Dalle testimonianze raccolte dagli inquirenti, tra le quali anche quelle di alcuni pentiti della cosca, risulta che Antonio Piromalli (il quale ha molti precedenti a carico) era libero di aggirarsi come un padrone tra i vari padiglioni, affermando così la propria autorità. I fatti raccontati risalirebbero al 2015, ed è una questione molto grave, considerando che “in teoria” il boss sarebbe dovuto essere sottoposto a sorveglianza speciale in seguito alla sua scarcerazione da Tolmezzo il 21 dicembre 2014, dopo aver trascorso 7 anni in prigione.

Piromalli era socio occulto di diverse società e riforniva tramite il consorzio Copam la rete della grande distribuzione (ad esempio Ali e Bennet catene delle quali si serviva per l’implementazione di agrumi nel nord-est) e inoltre vendeva i prodotti in Romania, Danimarca e Stati Uniti. Proprio nel caso degli Stati Uniti, la ‘Ndrangheta stava organizzando da Milano l’esportazione di olio contraffatto, spacciandolo per olio extravergine di oliva. Molti dei suoi stretti collaboratori che operavano nel capoluogo lombardo erano cosiddetti “colletti bianchi” che (come ha spiegato il procuratore capo di Reggio Calabria Federico Cafiero de Raho) erano in grado di stringere importanti accordi commerciali con interlocutori nazionali e internazionali. In merito alla questione, è stata convocata a Palazzo Marino una seduta dedicata. La società che gestisce l’Ortomercato infatti è la Sogemi, ovvero una partecipata del Comune. Per questo motivo è necessario fare chiarezza analizzando le falle della sicurezza riscontrate in via Lombroso, che non possono essere ignorate, e trovare altresì un modo per sradicare definitivamente la presenza dell’’Ndrangheta dal commercio ortofrutticolo.