Sequestro lampo in Libano: gli Hezbollah rapiscono e derubano un gruppo di italiani tra cui Elisa Murgese, giornalista del Sud Est Milano

La testimonianza di Elisa Murgese, giornalista del Sud Est Milano e residente a Vizzolo Predabissi:
Era l'una di pomeriggio e la pioggia non accennava a smettere tra le polverose vie libanesi. Mi trovavo in Libano da un paio di settimane come giornalista embedded a seguito delle truppe italiane dell'Onu.

La mattinata della befana era trascorsa tranquilla, tra messe cristiane cantate da arabe voci femminili e incontri con muftì sciiti. Tra i quattro giornalisti presenti e i sette militari che ci scortavano non si parla che di tornare alla vicina base di Shama per sederci a tavola e goderci l'ultimo giorno che avremmo dovuto passare in territorio libanese. 
Non so se fu la pioggia o una fatale distrazione, ma quando i due veicoli militari si resero conto di essersi persi e cercarono di fare inversione di marcia, era già troppo tardi. 
Un ragazzo sui trent'anni scaglia un masso sul primo veicolo – il mio – proprio accanto alla scritta UN. In un attimo un furgone ci blocca la strada, un'altra macchina imbottiglia il secondo veicolo, ed eccoci vittime di un sequestro lampo nel villaggio Aita Ech Chaab.
I seguaci di Hezbollah sono una trentina, alcuni armati, tutti sotto i trent'anni. Ci circondano e arraffano quel che possono: macchine fotografiche, registratori, radio militare, documenti sensibili, luci da guerra. Poi ci lasciano lì, sotto una pioggia incessante, per un'ora e mezza di rabbia e costernazione.
Ritorneremo alla base militare scortati dall'esercito libanese, e i rapporti tra le truppe Onu e il potere locale ci permetteranno di riavere quasi tutta l'attrezzatura rubata entro 48 ore. Ma è delle spinte dal basso che il Libano deve ancora avere paura, là dove si crede che l'Italia sia al lavoro per Israele, e non per aiutare nella ricostruzione del paese.
Elisa Murgese