Vi raccontiamo una giornata da autista, sui mezzi della Milano Sud Est Trasporti

La pazienza e la circospezione che dovrai avere con l’incrocio maledetto, con la signora che ha il rimprovero facile, con l’uomo che si avvicina, a fine corsa, e inizia un astruso colloquio con te, solo per mascherare che ha bevuto un goccio di troppo, e che non ha fatto il biglietto. Con il vecchio amico, che ti si mette al fianco con un giornale e, per un paio di chilometri, ti rende padrone delle ultime notizie: e allora tu fai la voce grossa, calchi sul tuo accento, dietro le lenti dove si specchia il sole basso, perché qui il responsabile sei tu, da quassù ci vedi chiaro, e se il mondo ti passasse tra le mani, come un volante, beh, una raddrizzata ci penseresti tu a dargliela. Se sapessi la strada. Ma poi, di nuovo lo studente, o la nonnetta, che recrimina; di nuovo, lo scorrere del tempo, che ti avvicina al mezzogiorno e al tuo ultimo turno; la sensazione che il mondo, a quest’ora, con il sole così alto, no, non fa più per te. Ha un gusto strano. Ve lo lascio. Io appartengo alle cose che vengono prima di voi, che vi mettono sulla vostra strada.
C’è Roberto, 21 anni di servizio: ha visto cambiare l’azienda, mutare i parametri della professionalità, ma è sempre orgoglioso del suo lavoro. «Ma con tutta questa crisi, perché il traffico c’è sempre?» chiede, lui che parte alle 7 da Zelo Buon Persico. C’è Gennaro, arrivato a giugno, che «un traffico come quello di Melegnano, neanche a Napoli» l’ha visto. C’è il Lodi, il sindacalista, che non ti degna di un’occhiata: sta sempre al telefono, ma quelli che fingono di portarsi la mano in tasca, appena saliti, come a cercare il biglietto, li vede, e li ferma eccome. C’è Giovanni, di Lecce, 25 anni, il più giovane del deposito di San Zenone al Lambro. Mostra il cerotto dei test del sangue: arrivano a sorpresa, devi mantenere un certo regime di vita, per farti trovare pulito. Questa è la stoffa, questa è la disciplina degli uomini che trasportano in viaggio i nostri pensieri, le nostre speranze, persino il nostro desiderio di fuga.
Sera
Si può dire che l’autista, infatti, sia il camionista pulito. Viene in buona parte da quell’ambiente. O da quello dei motori. Energia sufficiente, per tenere a bada un mondo notturno che, a tarda ora, predilige gli autobus per percorrere le sue vie occulte. Energia, per reagire contro lo sbandato che ti può incrinare una costola – ed è successo –, contro la ragazza che ti si struscia addosso, quando non c’è più nessuno a bordo – ed è successo –, con la banda di latinos che, bottiglie in mano, mettono su una rissa, aizzati da una prostituta-ragazzina – ed è successo –, con l’ubriaco che ti insulta, e un branco di ragazzotti, cappellini e catene, che intervengono dando ragione all’ubriaco, tirano fuori i coltelli, «adesso ti facciamo la pelle, zio»: e tu chiudi tutte le porte, dici che adesso chiami i Carabinieri, e con tutti loro bloccati a bordo. Oggi sdrammatizzi, ridi con i colleghi e i giornalisti: ma che ricordi. Del resto, non è solo una voce che a Melegnano, sullo z420 serale, circoli e venga smistata, di nascosto, la droga. Che ci vuoi fare. Il viaggio è come l’acqua, no? Un diritto che non si nega a nessuno. Domattina andrà meglio. C’è la possibilità di incrociare il capo e chiedergli, con una battuta, che ne è di quel premio che ti dovrebbe spettare. E se ti dice bene, sarai fortunato e incontrerai quella signora che ti saluta sempre, unica su centinaia di facce uguali, e ti ringrazia. E, vero come il sole che viene, quel grazie vale tutta una vita.

Marco Maccari