Quello strano vento di cambiamento

Non è una casualità che le maggioranze che governano siano più fragili nel momento in cui sono a caccia di riconferme. La vicenda Milano assomiglia molto a quella di Barcellona: là dove i socialisti perdono la loro roccaforte dopo 32 anni, qui da noi il centrodestra esce disfatto dallo scontro con il timido Pisapia, forse il primo vero sindaco di estrazione di sinistra dai tempi di Aniasi.
Che Letizia Moratti abbia discrete responsabilità nel tracollo meneghino è evidente – si veda la (dis)organizzazione dell’Expo 2015 – ma probabilmente è più onesto parlare di un clima generale, dove quel senso di “crisi”, che non è solo economica ma soprattutto di valori e certezze, mette i cittadini al cospetto di scelte che fino all’altro ieri sembravano, se non impensabili, per lo meno fuori luogo. A Napoli, un candidato sindaco appoggiato da un partito da 4% sbaraglia al primo turno il centrosinistra e al secondo il centrodestra, con percentuali di consenso quasi imbarazzanti. Luigi De Magistris è il vero simbolo di questo vento di cambiamento che però non si sa bene quanto ottimismo racchiuda in sé. La sensazione è più quella del si salvi chi può, dell’Iddio ce la mandi buona, dell’andare alle urne a votare “per chiunque, tranne i soliti”. Ecco, magari una persona che abbia ancora una parvenza di onestà. In un momento in cui il senso di nausea generale è particolarmente forte, il cittadino preferisce un politico amico del Leoncavallo a un politico amico degli affari di bottega (il caso Le Pen in Francia fa scuola da anni).
Tornando al parallelismo Spagna-Italia, le polemiche sulle dimissioni dei rispettivi Premier dopo i risultati elettorali di maggio paiono abbastanza strumentali. Da che mondo è mondo, un governo ha diritto a governare fin quando in Parlamento esiste una maggioranza che lo sostenga. Quindi, democraticamente parlando, nessuno tocchi Berlusconi e Zapatero, anche se è evidente un loro ridimensionamento in termini di leadership.

Davide Zanardi