Piscine lombarde e lo “tsunami” dei limiti Covid, ARISA: «Con l’ indice di 7 mq a persona centinaia di impianti pensano alla chiusura»

«Una vasta chiusura degli impianti provocherebbe non solo un danno dal punto di vista economico ed occupazionale, ma anche sociale. Molti impianti sono di proprietà comunali e il fallimento dei gestori avrebbe un grave impatto sui servizi erogati dagli enti locali»

Piscine lombarde affondate dallo “tsunami” dei limiti previsti con le linee guida per l’emergenza Covid: «La densità di affollamento in vasca è calcolata con un indice di 7 mq. di superficie di acqua a persona - denuncia di A.R.I.S.A.  Associazione regionale imprese dello sport aderente a Confcommercio Milano, Lodi, Monza e Brianza -. Fermo restando che deve in ogni caso essere assicurato il distanziamento interpersonale di almeno un metro, fatta eccezione per le persone che in base alle disposizioni vigenti non siano soggette al distanziamento interpersonale, la densità di affollamento nelle aree solarium e verdi è calcolata con un indice di superficie di calpestio a persona coerente con l’indice di densità affollamento in vasca di cui sopra. Il gestore pertanto è tenuto, in ragione delle aree a disposizione, a calcolare e a gestire le entrate dei frequentatori nell’impianto in base agli indici sopra riportati».

«Se con i prossimi provvedimenti normativi le linee guida non verranno modificate, moltissimi impianti saranno costretti a chiudere - dichiara Paolo Uniti  direttore di A.R.I.S.A -. I gestori, infatti, si trovano oggi nell’impossibilità di far fronte agli elevati costi di gestione aggravati dalle numerose e frequenti procedure di sanificazione ed igienizzazione, necessarie a garantire la sicurezza degli utenti».

«In Lombardia - ricorda A.R.I.S.A. - sono presenti oltre mille impianti natatori, in grado di assicurare ai cittadini la possibilità di praticare sport in sicurezza sia a livello agonistico sia amatoriale. Come i corsi che venivano svolti, quotidianamente, dai bambini e dagli anziani per il loro benessere fisico e che di fatto, nella maggioranza dei casi, sono bloccati da febbraio. Una vasta chiusura degli impianti provocherebbe non solo un danno dal punto di vista economico ed occupazionale, ma anche sociale – sottolinea A.R.I.S.A. - venendo a mancare un servizio a disposizione della cittadinanza. Non va dimenticato, inoltre, che molti impianti sono di proprietà comunali e il fallimento dei gestori avrebbe un grave impatto sui servizi erogati dagli enti locali».