In ricordo di Luca, il tassista assassinato

Luca è stato aggredito il 10 ottobre scorso, in largo Caccia Dominioni, a Milano, per avere investito per errore un cocker scappato in strada. Il suo incubo è iniziato lì, quando ha realizzato di avere ucciso un cane, perché lui, Luca, non aveva mai fatto del male a nessuno. Sceso dal suo taxi per soccorrere l’animale e chiedere scusa ai padroni, è stato barbaramente aggredito da tre persone, innervosite persino perché non reagiva. Non aveva reagito nemmeno a un pugno, perché si sentiva in colpa e non sapeva come scusarsi, non aveva parole. Ora gli aggressori sono in carcere, accusati di omicidio volontario, aggravato da crudeltà e futili motivi. Luca è stato ricoverato d’urgenza nel reparto di rianimazione dell’ospedale Fatebenefratelli; purtroppo, dopo un mese di coma, l’11 novembre, il suo cuore ha smesso di battere. Ma lui non se n’è andato, vive ancora attraverso le persone che gli hanno voluto bene e che lo portano nel proprio cuore. Una settimana dopo, al funerale, hanno partecipato, oltre ai cari, le delegazioni dei tassisti milanesi, in sciopero per lutto.
«Luca sapeva di fiori, di fiori profumati»: è questo il ricordo più intenso di Caterina di Corato, amica d’infanzia di Luca. «In tanti anni non l’ho mai visto una volta arrabbiato – continua Caterina – era una persona con una luce particolare; per questo, tutto ciò ci ha sconvolti tanto. Ha iniziato a soffrire nel momento in cui ha visto questo cane morto: era la classica persona che non ha mai fatto male a una mosca». Ed è proprio questo che fa più rabbia, sapere che Luca, che soffriva per quel che aveva inavvertitamente fatto, sia scomparso chiedendo perdono; e la colpa non era sua. Era sceso per chiedere scusa, «altrimenti non sarebbe stato Luca». Caterina lo descrive come «un ragazzo umile, tranquillo: una di quelle persone speciali che lasciano il segno», e in questo stesso modo aveva impressionato anche le persone che lo conoscevano appena. «Amava tantissimo la musica, suonava qualsiasi strumento: ci trovavamo al parco e tirava fuori il flauto, o i bonghi, e si metteva a suonare; e poi gli piaceva disegnare, faceva disegni pieni di colore e di dolcezza – ricorda Caterina – e una volta pianse due giorni per un canarino; oppure, quando il suo cane sparì, stette una settimana senza dire una parola: ecco, questo era Luca. Ha lasciato qualcosa in ogni persona».
E anche ora, che non è più con noi, ha avuto la forza di riunire tutti i suoi amici. Grazie Luca.

Francesco Vaghi