Mascherine: tipologie, materiali utilizzati, efficacia. Tutto quello che c’è da sapere sui dispositivi di protezione personale

Chirurgiche, FFP2, FFP3 e ora anche riutilizzabili. Breve guida per proteggere se stessi e gli altri con cognizione di causa

Con il diffondersi della pandemia da Covid-19, le certezze di ognuno di noi sono andate scemando in ogni campo della vita e dell’attività quotidiana. È rimasto un solo punto fermo: occorre proteggere se stessi e gli altri al fine di evitare di contrarre il coronavirus. Non è semplice, se si considera che il modo migliore sarebbe vaccinarsi, ma per la realizzazione e la commercializzazione di un vaccino efficace potrebbero essere necessari alcuni – se non molti – mesi. Ecco che dunque, sin quasi da subito, si è iniziato a parlare di dispositivi di sicurezza personale; ma, come spesso accade in situazione di concitazione, il caos generato è stato enorme e foriero di ulteriore disorientamento per i cittadini. Tra “mascherine sì” e “mascherine no” e poi “mascherine forse” e “mascherine solo se si è malati” e ancora “guanti sì” o “guanti no”, per alcune settimane il disordine ha regnato sovrano e con esso è cresciuto il timore della popolazione di non essere in grado di difendersi appropriatamente dal virus. Con il passare dei giorni, per fortuna, si è finalmente capito che utilizzare le mascherine è cosa buona e giusta; non solo: in alcune regioni, Lombardia in primis, è ormai anche un obbligo per tutti coloro che avessero necessità di allontanarsi dal proprio domicilio. A questo punto è sopraggiunta una seconda problematica: come può ogni cittadino procurarsi un numero di mascherine sufficiente se i pezzi in commercio sono pochi, spesso venduti a prezzi proibitivi e, comunque una volta utilizzati vanno gettati nell’immondizia come stracci vecchi? La Lombardia ha cercato di rispondere a questa urgenza con un enorme piano di distribuzione gratuita di mascherine per i propri cittadini che, sebbene ancora insufficiente, è indice di buona volontà da parte degli amministratori di Palazzo Lombardia e fa ben sperare affinché tale piano possa essere ulteriormente implementato. Nel frattempo, nel Sud-Est di Milano, per ovviare all’annoso problema dell’usa e getta, una ditta di pelletteria si è attrezzata per produrre dispositivi lavabili e riutilizzabili. 
Le tipologie di mascherine (presidi medico-chirurgici) maggiormente diffuse attualmente sono tre: chirurgiche, FFP2, FFP3. Scopriamo le caratteristiche di ognuna.

Mascherine chirurgiche: sono formate da due o tre strati di tessuto, costituito da fibre di poliestere o polipropilene. Normalmente, lo strato esposto all’esterno è costituito da un materiale idrofobo. Lo strato intermedio è realizzato con tessuto in microfibra, la sua funzione è filtrante. Un eventuale terzo strato, non presente in tutte le mascherine chirurgiche, è a contatto con il volto e protegge la cute dallo strato filtrante. Secondo quanto riportato sul sito ufficiale del Politecnico di Milano, che effettua test di verifica dei prodotti per conto di Regione Lombardia a titolo gratuito, «le mascherine chirurgiche hanno una capacità filtrante pressoché totale verso l’esterno (superiore al 95% per i batteri) mentre hanno una ridotta capacità filtrante dall’esterno verso chi le indossa, di circa il 20%, principalmente dovuta alla scarsa aderenza al volto». Per tali caratteristiche, si tratta di presidi indicati per coloro che con un certo grado di approssimazione potrebbero essere definiti “comuni cittadini”, ma non per il personale medico-sanitario. 

Mascherine FFP2 e FFP3: sono dei dispositivi più complessi rispetto ai precedenti. A differenza delle mascherine chirurgiche, per questi dispositivi è fondamentale la tenuta della maschera sul volto. Lo strato esterno della maschera protegge dalle particelle di dimensioni più grandi, lo strato intermedio filtra le particelle più piccole. Lo strato interno, a contatto con il volto, ha la doppia funzione di mantenere la forma della mascherina e di proteggere la medesima dall’umidità prodotta con il respiro o anche, eventualmente, da tosse o starnuti. «Le mascherine FFP2 e FFP3 – fanno sapere dal Politecnico di Milano – si distinguono per capacità filtrante dall’esterno verso l’operatore, pari a 92% e 98% rispettivamente. La capacità filtrante verso l’esterno è fortemente dipendente dalla presenza o meno di una valvola sulla maschera. In assenza di valvola, la capacità di filtrazione verso l’esterno è pressoché totale, con valori simili a quelli delle mascherine chirurgiche. Le maschere dotate di valvola hanno invece una capacità filtrante verso l’esterno sensibilmente più bassa, con valori vicini al 20%. In altri termini, maschere FFP2 e FFP3 con valvola non possono essere usate in ambiente ospedaliero perché non proteggono i pazienti dagli operatori». Si tratta, comunque, di strumentazione indicata per il personale medico-sanitario; il costo di tali dispositivi è più elevato rispetto a quello delle mascherine chirurgiche.
Emanuele Grassini
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