Crisi alla Saipem di San Donato, azienda controllata da Eni: annunciata la possibile cessione a un compratore straniero

Dipendenti sul piede di guerra. I sindacati: «Sarebbe un colpo per l’economia italiana»

Saipem San Donato

Saipem San Donato Una delle manifestazioni organizzate dai lavoratori contro la paventata cessione

Venti di protesta soffiano impetuosi alla Saipem di San Donato, azienda del gruppo Eni e leader mondiale nel settore dei servizi per l’industria petrolifera. Attraverso i suoi centri direzionali sparsi in tutta Italia, Saipem dà lavoro a 7500 persone, 3500 delle quali solo nella sede sandonatese, e alimenta inoltre un indotto di circa 12700 fornitori, dati questi che la collocano ai vertici dell’occupazione e del settore industriale italiano. Nonostante ciò, però, nei mesi scorsi i vertici dell’azienda fondata da Enrico Mattei hanno annunciato la possibile cessione della compartecipata, eventualità che ha inevitabilmente fatto scattare l’allarme tra i dipendenti. «Se Eni porterà avanti il proposito di vendita – hanno commentato a riguardo i rappresentanti sindacali - è molto probabile che Saipem sarà controllata da una società straniera, con i conseguenti pericoli sul controllo dell’approvvigionamento energetico e le possibili ricadute sulla nostra economia, privando il già precario scenario delle aziende italiane di un gioiello nel mondo delle attività petrolifere». Oltre ad alcune manifestazioni organizzate nelle scorse settimane dai lavoratori della sede sandonatese, i dipendenti di Saipem stanno mettendo in campo ogni sforzo possibile per ottenere sostegno alla loro causa. «Recentemente – proseguono i sindacati – una nostra delegazione si è recata presso la diocesi di Milano per parlare con i collaboratori dell’Arcivescovo, il Cardinale Angelo Scola, e abbiamo scritto una lettera al Cardinale Angelo Bagnasco. Inoltre abbiamo contattato Roberto Maroni, presidente della Regione Lombardia, l’assessore al lavoro di Milano, Cristina Tajani, e ci rivolgeremo anche alla Città Metropolitana». Tali iniziative puntano tutte allo scopo di destare l’interesse del mondo politico, onde attivare quei tavoli di confronto che attualmente sembrano gli unici in grado di consentire a Saipem la permanenza in Italia e spingere così ad una maggiore sinergia di gruppo con Eni. Una “boccata di ossigeno” per i lavoratori è però giunta nei giorni scorsi proprio dai vertici di Eni che, complice un andamento del mercato finanziario al momento non particolarmente favorevole, hanno deciso di mettere momentaneamente in stand by la cessione di Saipem. Anche alla luce di tale recente sviluppo, i dipendenti hanno fatto sapere che verrà tenuta alta la guardia, perché sul loro futuro staziona ancora un grosso punto interrogativo.
Alessandro Garlaschi