Segrate, Processo T-Red: la parola alla difesa

Segrate, Processo T-Red: è il momento della difesa. Gli avvocati ribattono alle accuse formulate dal Pm Alfredo Robledo e dall’avvocato Francesca Fuso, difensore della parte civile, chiedendo l’assoluzione con formula piena per tutti e tre gli imputati segratesi: «il fatto non sussiste».

In aula, lo scorso 23 ottobre, davanti alla IV sezione penale del Tribunale di Milano, presenti all’appello il sindaco di Segrate, Adriano Alessandrini - accusato di abuso d’ufficio -, Lorenzo Giona, comandante della Polizia locale e il suo ex vice Dario Zanchetta, accusati entrambi sia di abuso d’ufficio che di turbativa d’asta, per i quali la pubblica accusa ha chiesto condanne di un anno (Alessandrini e Zanchetta) e diciotto mesi (Giona). «Non esiste il movente per il reato contestato al mio cliente», ha affermato nella sua arringa l’avvocato Gabriele Roveda, difensore di Alessandrini, e primo a prendere la parola. «E nemmeno la prova». Tornando al movente ha poi aggiunto: «non è certamente il “far cassa”, un “dogma” – come lo ha definito ironicamente – portato avanti dall’accusa, il movente. Affermare che il Sindaco di Segrate avesse volontariamente istigato delle persone affinché fossero posizionati i rilevatori di infrazione semaforica - nella fattispecie i T-Red - perché il Comune aveva necessità di soldi, è oggettivamente falso. Prova sono i bilanci, presentati quelli dal 2005 al 2009, sani che abbiamo depositato. Al 31-12-2005, infatti, il Comune di Segrate, aveva in cassa quasi 32 milioni». Quale sarebbe stato allora, per la difesa, il reale “movente” - nel senso più ampio del termine - che avrebbe spinto, nel lontano 2006, Sindaco e Amministrazione comunale a installare i T-Red? «La semplice tutela della sicurezza dei cittadini – ha continuato Roveda – regolamentando il traffico della Cassanese, una strada con un limite di velocità di 50 km/h il cui rispetto era del tutto aleatorio». Più volte sollecitati, anche con raccolta di firme, dai vari Comitati per la sicurezza - c’erano stati anche quattro decessi -, dopo ampie discussioni in consiglio comunale (vedi la delibera del 2 marzo 2006 approvata anche dalla minoranza) si era arrivati alla decisione di installare i T-Red, apparecchiature ritenute la soluzione “migliore”, dal punto di vista tecnologico, presente sul mercato. Verrebbe a questo punto da pensare, smontato il movente, nessun reato. Passando alla difesa Zanchetta, l’arringa dell’avvocato Giovanni Briola, suo difensore, si è invece concentrata più sul reato di “turbativa d’asta”. «Si contesta al mio cliente – ha affermato Briola – di aver turbato il procedimento della gara, ma la contestazione si riferisce a una attività prodromica, una fase preliminare svolta dallo Zanchetta per individuare le caratteristiche del prodotto da inserire nel bando». Per esserci reato, è necessario che ci sia una gara, mentre in realtà la formula utilizzata era stata quella della concessione di un servizio, un comodato d’uso, in via sperimentale per un anno, senza oneri per il Comune. Zanchetta avrebbe fatto solo gli interessi del Comune, facendolo risparmiare. Per la difesa Giona, presenti gli avvocati Andrea Omini e Francesco Borasi. Quest’ultimo in particolare, a conclusione della sua arringa, ha affermato: «di questo processo non è rimasto più nulla. Il fatto non sussiste, nessuna truffa, nessun dubbio di corruzione, solo illazioni, senza nessuna prova. Un processo fortemente mediatico al “vampiro” Giona». Oggi 30 ottobre, la parola alla difesa degli altri imputati: Raoul Cairoli, all’epoca amministratore della Citiesse, l’azienda distributrice in esclusiva dei T-Red e Giuseppe Astorri, direttore commerciale della Scae, la ditta che a Segrate vinse l’appalto. Poi la sentenza.
Cristiana Pisani