Leonor Fini: tra arte, sogno e identità in Mostra a Milano

Al Palazzo Reale di Milano, la grande mostra "Io sono Leonor Fini" presenta oltre 100 opere della celebre artista surrealista (suo malgrado), che raccontano il suo mondo onirico e la sua visione unica della femminilità.

Leonor Fini è stata un'artista difficile da incasellare: ribelle, indipendente, profondamente visionaria. La sua pittura ha attraversato il Novecento lasciando un segno indelebile, mescolando surrealismo, classicismo e simbolismo senza mai aderire completamente a nessuna corrente. Dal 26 febbraio al 22 giugno 2025, Palazzo Reale a Milano ospita una mostra che ripercorre la sua carriera, dalle prime sperimentazioni alle opere più celebri, offrendo uno sguardo approfondito su un’artista che ha sempre rifiutato etichette e categorizzazioni. Attraverso un percorso di cento opere, il pubblico potrà esplorare la sua estetica enigmatica, le sue influenze culturali e il suo modo unico di raccontare il mondo.

Un'infanzia ribelle e il cammino verso l'arte

Leonor Fini nasce a Buenos Aires nel 1907, ma ben presto la sua vita prende una svolta drammatica: la madre, dopo una difficile separazione dal marito, fugge con la figlia a Trieste. Qui, la giovane Leonor cresce immersa in un ambiente culturale vivace, frequentato da intellettuali come James Joyce, Italo Svevo e Umberto Saba. In questa città di confine, sospesa tra il mare e le correnti culturali dell'Europa centrale, sviluppa un immaginario artistico fatto di simbolismo, introspezione e fascinazione per l’ambiguità.
La sua infanzia è segnata da una forte influenza femminile: cresce circondata da donne, sviluppando un’identità indipendente e ribelle. Sua madre, donna forte e determinata, la educa con spirito libero, sfidando le convenzioni dell’epoca. La sua passione per l'arte emerge presto, e sin da bambina Leonor mostra un’attrazione per il disegno e la pittura, oltre a un forte interesse per l’anatomia umana. Frequenta l’obitorio per studiare i corpi, affascinata dal mistero della vita e della morte, un tema che tornerà spesso nelle sue opere.
A diciassette anni lascia Trieste per Milano, dove si forma con Achille Funi e inizia ad affinare il suo stile. Qui entra in contatto con il panorama artistico italiano e si avvicina ai movimenti d’avanguardia. Nel 1929, a soli ventidue anni, espone alla Galleria Barbaroux di Milano, facendo il suo ingresso ufficiale nel mondo dell’arte.

Parigi, il surrealismo e l'indipendenza creativa

Nel 1933 si trasferisce a Parigi, la capitale dell'arte d'avanguardia, e qui entra in contatto con le personalità più influenti del Surrealismo: Max Ernst, Salvador Dalí, Paul Éluard e André Breton. Eppure, pur affascinata dall’estetica e dalle tecniche del movimento, Leonor Fini rifiuta di aderirvi completamente. Lontana dall’idea di subordinare la creatività a un manifesto, sceglie di esplorare liberamente i temi che più la affascinano: l’identità, l’erotismo, il potere femminile e il rapporto tra conscio e inconscio.
Nel 1936 partecipa alla storica "International Surrealist Exhibition" di Londra e alla collettiva "Fantastic Art, Dada, Surrealism" al MoMA di New York. La sua prima personale arriva due anni dopo, con un’introduzione scritta da Giorgio de Chirico, ulteriore conferma della sua capacità di muoversi tra simbolismo, classicismo e avanguardia.

La pittura di Leonor Fini: un mondo di sogno e mistero

L’arte di Leonor Fini è caratterizzata da un immaginario onirico e misterioso, dove le figure femminili dominano la scena. Le sue opere sono pervase da un simbolismo profondo, in cui il sogno e la realtà si fondono in un equilibrio sottile. I suoi dipinti presentano un'atmosfera quasi teatrale, con scenari oscuri e personaggi enigmatici.
Le protagoniste delle sue opere sono spesso donne potenti e misteriose: sfingi, maghe, fate e guerriere. Queste figure femminili incarnano una femminilità autonoma e forte, lontana dagli stereotipi tradizionali. I loro volti, spesso ispirati a quello della stessa Fini, esprimono una consapevolezza profonda, un'intelligenza acuta e una sensualità sfuggente.
Anche la simbologia felina è una costante nella sua pittura: gatti, sfingi e creature mitologiche popolano le sue tele. Per Fini, il gatto rappresenta indipendenza e mistero, qualità che si riflettono nel suo stesso carattere. La sfinge, invece, è una figura chiave del suo universo artistico: un essere ibrido, metà umano e metà animale, che incarna il mistero e la conoscenza segreta.
Il suo stile pittorico mescola elementi classici e avanguardisti: le composizioni sono armoniose e ben strutturate, con un uso sapiente del colore e della luce. Le influenze rinascimentali si uniscono alla sperimentazione surrealista, creando un linguaggio artistico unico e originale.

Il teatro, il cinema e la moda: un’arte senza confini

Dal dopoguerra in poi, Leonor Fini amplia il suo orizzonte artistico dedicandosi alla scenografia e alla creazione di costumi per teatro, opera e balletto. Collabora con registi come Federico Fellini e Luchino Visconti, e il suo talento viene riconosciuto nel mondo della moda, dove realizza la celebre boccetta del profumo "Shocking" per Elsa Schiaparelli, antesignana delle collaborazioni tra stilisti e artisti.
Anche la letteratura diventa un campo di espressione: scrive romanzi e illustra libri, mantenendo sempre vivo il suo desiderio di esplorare il linguaggio artistico in ogni sua forma.

La mostra di Milano: un viaggio nei mondi di Leonor Fini

L’esposizione di Palazzo Reale offre un’opportunità unica per riscoprire l’arte di Fini attraverso nove sezioni tematiche, che permettono di entrare nel suo universo enigmatico. Tra dipinti, disegni, fotografie e costumi, il visitatore potrà cogliere la complessità della sua visione, in cui sogno e realtà si intrecciano senza soluzione di continuità.
Le sue opere non sono semplici rappresentazioni visive, ma racconti simbolici in cui l’arte si fa strumento per interrogare l’identità, il desiderio e il mistero dell’esistenza. Leonor Fini non fu solo un’artista: fu un’icona di libertà, un’anima ribelle che ha attraversato il secolo senza mai perdere la propria indipendenza creativa.
A quasi trent’anni dalla sua scomparsa, il suo sguardo sfuggente e magnetico continua a interrogarci, sfidandoci a riscoprire il significato della bellezza, del potere e dell’enigma femminile. Una riscoperta necessaria, oggi più che mai.
Stefano Brigati