L'universo creativo di Elio Fiorucci alla Triennale di Milano fino al 16 marzo 2025
Un’esposizione vibrante che trasporta i visitatori nel cuore di un universo di colori, idee e libertà espressiva, celebrando l’uomo che ha trasformato la moda in arte e gioco.

20 gennaio 2025
Alla Triennale di Milano, fino al 16 marzo 2025, si celebra l'eredità culturale di Elio Fiorucci, una figura chiave nel panorama della moda internazionale. La mostra, curata da Judith Clark con il supporto di Marilia Pederbelli e un allestimento progettato da Fabio Cherstich, svela non solo il successo commerciale del marchio Fiorucci, ma anche l'influenza sociale e creativa che ha lasciato un segno indelebile.
Il percorso espositivo evita la trappola della glorificazione eccessiva, offrendo una visione sfaccettata che evidenzia anche aspetti meno noti della sua carriera. Chi ricorda le vivaci vetrine di San Babila, le iconiche t-shirt con angioletti e le feste straordinarie, non resterà deluso: il fascino di quei giorni rivive tra le pareti della mostra, senza tuttavia cadere nella mera nostalgia.

Chi era Elio Fiorucci
Elio Fiorucci è stato un visionario che ha rivoluzionato la moda e il concetto di come arte, cultura pop e commercio possano mescolarsi in modo accessibile e divertente. Nato nel 1935 a Milano, Fiorucci ha portato l'energia della cultura giovanile degli anni '60 e '70 in un contesto milanese tradizionale e conservatore. A differenza dei tradizionali stilisti, Fiorucci non era un designer, ma un "creatore di mondi", un commerciante che sapeva selezionare, assemblare e distribuire idee da diverse influenze culturali.
La sua carriera è iniziata con il negozio di Milano, che offriva articoli eccentrici e stravaganti, lontani dalla moda convenzionale, ma che raccontavano una storia di allegria, colori e cultura visiva. Fiorucci, influenzato dalla Swinging London, ha creato uno spazio che mescolava moda, arte, musica e design, diventando un punto di riferimento per chi cercava qualcosa di nuovo e accessibile.
Fiorucci non si limitava a creare abiti, ma un'intera esperienza culturale. Combinava elementi di diverse epoche e stili, dal western alle pin-up, creando un "collage vivente" che ha reso la moda un'esperienza inclusiva, festosa e dinamica. Ha abbattuto le barriere tra alta e bassa cultura, offrendo a tutti, indipendentemente dallo status economico, l'opportunità di essere parte di un'innovativa proposta estetica.
Fiorucci ha anche intuito il potenziale della moda come mezzo di comunicazione di massa, affermando che fosse una forma di "televisione non elettronica", capace di trasmettere messaggi e raccontare storie. La sua visione ha trasformato la moda in un'arte che va oltre l'abbigliamento, portando creatività e libertà espressiva al pubblico.


Un viaggio nella rivoluzione creativa tra moda e cultura pop
Seguendo una struttura cronologica, la mostra ripercorre l'evoluzione personale e professionale di Fiorucci. Dai primi passi nell'attività di famiglia al primo negozio in Galleria Passarella nel 1967, ispirato alla Londra ribelle degli anni Sessanta, ogni tappa viene illuminata da documenti e oggetti unici. Questo spazio iniziale segna il preludio di una rivoluzione creativa che avrebbe influenzato le mode a livello globale.
Gli anni Settanta e Ottanta, culmine del successo Fiorucci, sono al centro di un’ampia sezione. Una straordinaria varietà di manifesti, grafiche pubblicitarie, bozzetti e shopping bag testimonia l'abilità del brand nel mutare continuamente aspetto senza mai perdere la sua identità visiva. Questo equilibrio tra dinamismo e coerenza è un esempio di branding innovativo ben prima che il termine diventasse comune.
Il secondo negozio milanese, inaugurato in via Torino nel 1974, emerge come un centro culturale alternativo, ospitando eventi e performance influenzati dal Situazionismo e dal Neodadaismo. La sezione dedicata al Dxing, l'ufficio di ricerca interna dell'azienda, rivela il ruolo pionieristico del team nel prevedere le tendenze del costume. Materiali rari, come le tavole sinottiche della XVI Triennale del 1979, offrono uno sguardo esclusivo su un'epoca di creatività inesauribile.


Dalla Scena Milanese al Palcoscenico di New York
L'apertura del negozio di New York nel 1976 proiettò Fiorucci nell'olimpo della cultura pop globale. La mostra esplora le connessioni del brand con le figure iconiche della scena artistica americana: Andy Warhol, Maripol, Joey Arias, Divine, Antonio Lopez e Jean-Michel Basquiat. Una sezione speciale è dedicata a Keith Haring, che nel 1983 trasformò il negozio di San Babila in un'opera d'arte vivente.


L’epilogo di una visione senza tempo
Gli ultimi spazi dell’esposizione ripercorrono le avventure degli anni Novanta, culminando nel progetto Love Therapy. Il viaggio si conclude con l'installazione video "Fiorucci Made Me Hardcore" (1999) di Mark Leckey, un collage che cattura l’essenza della cultura giovanile del ventesimo secolo. Questo finale simbolico collega il mondo analogico di Fiorucci al futuro digitale che stava emergendo.


Cosa rimane oggi
Fiorucci ha rivoluzionato la moda, trasformandola in uno strumento per esplorare, esprimere e divertirsi al di là di ogni convenzione. Ha dimostrato che non si tratta solo di un'industria, ma di una piattaforma per la creatività e l'individualità, un esempio che continua ad ispirare designer e creativi di ogni epoca.
Stefano Brigati
Stefano Brigati
20 gennaio 2025