Capire il contesto storico della questione israelo-palestinese, per farsi un idea della situazione senza le esasperazioni della propaganda

Dall'affare Dreyfus a oggi: come si è arrivati agli attuali scontri tra israeliani e palestinesi? La propaganda da parte di entrambe le fazioni è così influente da condizionare anche importanti testate giornalistiche. È importante giudicare con cautela ogni informazione che viene proposta.

Gerusalemme: il Santo Sepolcro, la Moschea di Al-Aqsa e il Muro del Pianto

Spartizione della Palestina negli anni

Spartizione della Palestina negli anni

La notizia della settimana

Nelle scorse settimane si è parlato degli scontri che sono avvenuti tra l’esercito israeliano e la popolazione palestinese, ma, nel nuovo articolo della rubrica “La notizia della settimana”, abbiamo deciso di soffermarci sulle radici storiche di tale conflitto (se così si può chiamare). Tale scelta è scaturita, dopo giorni di riflessione, dalla consapevolezza che non ci si può fare giudici dei “buoni” e i “cattivi” dall’oggi al domani. Per questo, siamo convinti che sia meglio fornire un quadro storico per quanto possibile obbiettivo, che vi permetterà di giudicare autonomamente la situazione.
 
La prima cosa da tenere in considerazione, è questa: la Palestina è la Terra Santa delle tre religioni monoteiste, e nella sua capitale, Gerusalemme, si trovano i tre luoghi sacri a queste: il Santo Sepolcro, la Moschea di Al-Aqsa e il Muro del Pianto. Ora, secondo alcuni storici, bisogna risalire al cosiddetto “affare Dreyfus”, per avere una vaga idea di come si sia giunti alle violenze di questi giorni. Nel 1894, un ufficiale ebreo dell’esercito francese, Alfred Dreyfus, viene falsamente accusato di spionaggio a favore della Germania. Come affermò Montanelli, questo fu «(…) il prodromo di Auschwitz perché portò alla superficie quei rigurgiti razzisti e antisemiti di cui tutta l’Europa, e non soltanto la Germania, era inquinata». Già all’epoca dunque, per poter sfuggire all’antisemitismo, viene elaborata una risoluzione: riunire il popolo ebraico in un dato paese. Inizialmente, vennero presi in considerazione, oltre alla Palestina, anche Argentina e Kenya. In un secondo momento, dato il legame religioso con la Palestina (ad esempio, il sionismo prende il nome dalla collina di Sion, a Gerusalemme), una prima ondata di immigrati ebrei giunse in Palestina e si organizzò in colonie agricole (Beilinson, 1922). I nuovi arrivati comprarono legalmente appezzamenti di terreni, e vi si stabilirono. 

A quel tempo, la Palestina si trovava sotto il dominio dell’Impero Ottomano, ed era vastamente popolata da arabi palestinesi. Con l’avviarsi della Prima Guerra Mondiale (WW1), nel 1917 viene rilasciata dal Regno Unito la Dichiarazione di Balfour: si tratta di una lettera indirizzata a Walter Rothschild, una delle figure più influenti della comunità ebraica inglese. Nella lettera, il Ministro degli esteri inglese afferma che “il Governo di Sua Maestà vede con simpatia le aspirazioni del movimento sionista”. Allo stesso tempo, la Gran Bretagna si assicura anche l’appoggio degli arabi guidati da Hussein Ibn Ali, sostenendone le ambizioni nazionaliste e d’indipendenza dai turchi ottomani. 

Con la fine della WW1 e la dissoluzione dell’Impero Ottomano, nuove ondate di immigrati ebrei giungono in Palestina, iniziando a creare villaggi, fattorie, strade e altre infrastrutture. Molti dei nuovi inquilini sono benestanti o possono attingere dalle risorse del Jewish National Fund (JNF), e dunque comprano alcuni terreni, i cui proprietari sono arabi palestinesi in difficoltà economiche. Con l’avviarsi della convivenza, la popolazione ebraica fonda una piccola organizzazione paramilitare chiamata Haganah. La sua funzione era quella di difendere gli agricoltori dagli attacchi palestinesi, i quali iniziavano ad essere insofferenti per la crescente presenza straniera (la frustrazione si manifesterà attraverso i moti arabi avvenuti tra il 1920 e il 1939), che stava costruendo e modificando il territorio a velocità sospette. 

Alla fine della Seconda Guerra Mondiale (WW2), l’Europa è consapevole degli orrori dell’Olocausto. Se già durante il conflitto in migliaia erano scappati in Palestina, alla fine della WW2 la popolazione ebrea è estremamente incentivata a stabilirsi nella Terra Promessa: il movimento sionista promuove l’immigrazione nella regione, che dopo le persecuzioni nazista raggiunge picchi altissimi. La Palestina è sotto mandato britannico. Nel 1947, viene emanata la “Risoluzione ONU 181”, che spartisce i territori della Palestina in due Stati: Israele, composto dal 56% di terra, e quello palestinese, composto dalla Cisgiordania e Gaza. Gerusalemme viene considerata territorio a sé stante. La comunità araba respinge tale risoluzione, giudicandola un’espropriazione ai danni della popolazione palestinese. Gruppi armati arabi danno inizio a scontri sanguinosi tra le due parti, atti a ostacolare la creazione di uno Stato ebraico in Palestina. A loro volta gruppi armati di ebrei si organizzano e rispondono agli attacchi, in maniera sempre più violenta. La guerra civile imperversa, e l’esercito britannico, responsabile dell’ordine locale, è poco incline all’intervento, nonostante la Palestina fosse ancora sotto il suo mandato. Le violenze tra le due parti proseguono, e portano a massacri indiscriminati di donne, uomini e bambini, come quello di Deir Yassin, piccolo villaggio composto da popolazione araba.

Dopo l’episodio di Deir Yassin, la popolazione palestinese teme ulteriori rappresaglie, e si rifugia nei paesi arabi circostanti. Le case e i terreni lasciati da questi vengono prontamente occupate da famiglie ebree. Dopo che a dicembre del 1947 la Gran Bretagna annuncia la fine del proprio mandato nel paese, nel maggio 1948, David Ben Gurion, leader del movimento sionista, proclama la nascita dello Stato di Israele in Palestina. Questo evento è chiamato dai palestinesi “al-Nakba”, ovvero “la Catastrofe”. Comincia la prima guerra arabo-palestinese, annunciata dai leader di Egitto, Siria, Iraq e Libano. Israele non solo riesce a sconfiggerli, ma occupa anche territori che l’ONU aveva assegnato ai palestinesi, accaparrandosi l’80% della Palestina. Durante la guerra inoltre, la Cisgiordania passa sotto l’amministrazione giordana, mentre Gaza va all’Egitto. La comunità ebrea si insedia nelle abitazioni lasciate dai profughi palestinesi. 

Se vi è mai capitato di leggere articoli accademici o giornalistici sul tema, ben sapete che l’incipit della seconda guerra israelo-palestinese (la cosiddetta Guerra dei Sei Giorni), viene descritto in maniere totalmente differenti. Per essere il più imparziale possibile quindi, non descriveremo come si sia giunti allo scontro, ma le cause e le conseguenze di questo. Si tenga in considerazione che Israele e gli stati arabi vivevano in un clima di reciproco sospetto, e si era nel bel mezzo della Guerra Fredda (CW). Mentre l’Unione Sovietica donava all’Egitto velivoli per una moderna aeronautica militare, Israele era in ottime relazioni con gli Stati Uniti. Nonostante il nuovo stato ebraico avesse ormai vent’anni, non era stato ancora accettato dalla controparte araba. Quest’ultima era composta principalmente dall’Egitto di Nasser (carismatico leader protagonista del panarabismo), e da Siria, Iraq e Giordania. Dopo anni di tensioni e scaramucce riguardanti i confini, arriva la goccia che fa traboccare il vaso: l’Unione Sovietica manda all’Egitto un messaggio d’allarme, in cui afferma che Israele sta ammassando truppe ai confini con la Siria, e ha intenzione di attaccare entro una settimana. Nasser espelle dal Sinai i corpi di pace delle Nazioni Unite (che erano in loco sin dalla Crisi di Suez del 1956), e posiziona parte dell’esercito egiziano nel deserto. Alcuni giorni dopo, a Israele viene precluso l’accesso dello Stretto di Tiran, l’unico tratto del Golfo di Aqaba dal quale si giunge al Mar Rosso. Israele prende in mano la situazione, e decide di colpire la coalizione di stati arabi in una guerra preventiva, in cui conquista tutta la Palestina, le Alture del Golan siriane e il Sinai egiziano. Tale guerra, passerà alla storia come la Guerra dei Sei Giorni (durata dal 5 al 10 giugno 1967).

Le conseguenze di questo conflitto, sono giunte fino ad oggi: dopo il ’67, Israele ha iniziato a costruire i cosiddetti insediamenti/colonie nei territori conquistati. Nuove ondate di migranti, in cerca di una casa nella Terra Promessa, sono giunte in Palestina, e vi hanno preso dimora. Sebbene l’occupazione della Cisgiordania sia terminata nel 1994, le condizioni di vita degli arabi palestinesi non sono mai migliorate: da allora, divennero veri e propri cittadini di serie B, ai quali venivano limitate numerose libertà, tra cui quella di movimento. Posti di blocco, muri, perquisizioni ed arresti indiscriminati cominciarono ad essere all’ordine del giorno. 

Stabilire la veridicità dei fatti è un compito arduo, soprattutto per quanto riguarda la questione israelo-palestinese. Spesso la propaganda (da parte di entrambi i gruppi) è così influente da condizionare anche importanti testate giornalistiche. Per questo è importante seguire fonti che vengano da entrambe le fazioni, e giudicare con cautela ogni informazione che viene proposta. 

Per leggere sulla questione: 
Film da vedere: 
-Omar
-Il giardino dei limoni
-Paradise Now 
-Out in the dark
-Il figlio dell’altra

Serie televisiva, disponibile su Netflix: The Spy.

Arianna Cerea


Arianna Cerea

Arianna Cerea

Benvenuti nella nuova rubrica “La notizia della settimana”. Mi presento, sono Arianna, una cittadina di Peschiera Borromeo che attualmente sta studiando Middle East and Central Asia Security Studies in Scozia, all’Università di St Andrews. Negli ultimi anni, ho avuto la preziosa occasione di immergermi nel mondo delle Relazioni Internazionali, e, in particolare, di approfondire due splendide regioni spesso ignorate o poco conosciute: Medio Oriente e Asia Centrale. Attraverso questa rubrica, vorrei dare rilevanza ad alcune notizie che, a mio parere, varrebbe la pena esplorare con più attenzione del solito. Inoltre, qualora aveste domande, commenti o particolari richieste riguardanti i temi che tratterò, mi metto a disposizione per intavolare un dialogo costruttivo, che porti ad una maggiore comprensione del contesto internazionale in cui viviamo oggi. Buona lettura!
Arianna Cerea
 @DammiRetta

1 commenti

Danilo Tancini :
Ottimo articolo. E' molto difficile capire quello che succede nel mondo leggendo i giornali o ascoltando i tg; non si può che apprezzare un articolo chiaro ed equilibrato come questo ... poi ogniuno è libero di farsi una sua idea, ma perhè ciò avvenga occorre disporre delle corrette informazioni (cosa quasi impossibilre considerate le manovre dei vari servizi più o meno segreti) e sentire le varie parti in causa. | giovedì 03 giugno 2021 12:00 Rispondi