Affidano il loro bimbo all’ospedale Predabissi di Vizzolo perché vivono in una tenda a San Donato Milanese

Sul caso è intervenuta anche il Ministro Eugenia Roccella: «Stiamo cercando di capire cosa è stato fatto dai servizi sociali, e cosa si può ancora fare»

Quella di Sabrina e Michael è una storia fatta di emarginazione e condizioni economiche di difficoltà estrema. I due giovani, infatti, vivono in una tenda nei pressi della stazione a San Donato e, quando ai primi di dicembre è nato il loro bambino, hanno deciso di separarsi da lui, affidandolo alle cure dell’ospedale Predabissi di Vizzolo, per proteggerlo dal freddo e dalla povertà. Del caso si è occupata anche Eugenia Roccella, Ministro per la Famiglia e la Natalità. «La ragazza, nel dare alla luce il suo bimbo nato prematuro, ha scelto di lasciarlo in ospedale senza riconoscerlo, situazione che determinerebbe uno stato di adottabilità – ha affermato il Ministro in un post su Facebook -. Di questa vicenda non conosciamo abbastanza, solo le notizie riferite dagli organi di informazione, fra cui le parole della ragazza: “Come farebbe a sopravvivere con me al gelo?” Sappiamo che sono tante le Sabrina che rinunciano alla maternità per ragioni economiche». Alla luce di questa tragica vicenda, il Ministro ha poi informato: «Stiamo cercando di capire cosa è stato fatto dai servizi sociali, e cosa si può ancora fare. Ho chiamato il sindaco Sala e con lui ci stiamo mettendo in contatto con il sindaco di San Donato Milanese, dove i due giovani vivono in una tenda nei pressi della stazione. Inoltre sono stati allertati i Centri di Aiuto alla Vita della Lombardia, anche se il parto è avvenuto ai primi di dicembre, e le procedure del caso, che da quello che sta emergendo è molto complesso e difficile, sono quindi molto avanti. Ma al di là del caso specifico – conclude Roccella -, è importante che le situazioni di questo tipo siano, per quanto possibile, prevenute. Perché partorire un figlio e tenerlo con sé è una scelta che una donna deve essere libera di poter compiere».

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