Segrate, referendum per i lavoratori del San Raffaele: in 3mila andranno al voto per decidere sull’accordo firmato tra proprietà e Rsu

25 gennaio, San Raffaele, aula San Luca. Si annunciava una’assemblea infuocata, e così è stato. Toni accesi, fischi e grida, ma era prevedibile. Aula sovraffollata, oltre mille i lavoratori del comparto – in tutto tremila tra amministrativi, tecnici, infermieri e ausiliari, riuniti a discutere tra loro prima di votare al referendum –; allestiti due seggi da sabato 26 a martedì 29 gennaio, dalle 16.00 di martedì il via allo spoglio delle schede e giovedì 31 a Roma la ratifica o la verbalizzazione del mancato accordo.

A loro il verdetto finale, l’esito del referendum – che pubblicheremo sul sito www.7giorni.info – esprimerà la volontà della maggioranza di siglare o rigettare l’ipotesi di accordo firmata, all’alba del 22 gennaio scorso, tra proprietà e RSU, a Roma presso il Ministero del Lavoro. La notizia, subito divulgata da tutta la stampa nazionale, ha riempito le prime pagine, suscitando in molti commenti positivi. «L’azienda – così recitava la nota del gruppo Rotelli – si augura che l’accordo sia ratificato a larga maggioranza. L’intesa ricrea le condizioni per rilanciare il primato dell’ospedale in Italia». Segnali di soddisfazione erano arrivati dal mondo politico, anche gli assessori del Comune di Milano, Cristina Tajani e Pierfrancesco Majorino, e quello regionale alla Sanità, Mario Melazzini, avevano plaudito "al senso di responsabilità delle parti" auspicando un risultato positivo del referendum. A molti invece è parso prematuro gridare vittoria e proclamare un lieto fine alla vicenda. «Nessun accordo è stato firmato – aveva precisato subito Margherita Napoletano, segratese, rappresentante USB – solo un verbale con allegata una bozza da sottoporre a referendum». L’ipotesi di accordo, che prevede una riduzione salariale media del 9 per cento, il passaggio al contratto della sanità privata Aiop da luglio, la revisione di tutti gli accordi sindacali, un piano smaltimento ferie e l'armonizzazione dei diritti di maternità, ha creato subito divisione e distanza all’interno della RSU. A dare chiare indicazioni per il “non approvo”, le due sigle USI e USB. Le motivazioni? Approvare l’ipotesi di accordo non salverebbe i 244 posti di lavoro. «Nel testo – afferma sempre Margherita – non c’è nessuna garanzia che, in caso di eventuali tagli dei posti letto o dei servizi, l’azienda non possa avviare una nuova procedura di licenziamento: è inaccettabile».

E se vincessero i sì? «Dire sì oggi farà in modo che anche in futuro continueranno a tagliare diritti sapendo di avere davanti una lotta che alla fine si piega - continua Margherita Napoletano -. Come sindacato siamo inoltre pronti ad alzare il livello di lotta e a sostenere legalmente ed economicamente i colleghi che dovessero essere licenziati». Di diversa opinione invece Pasquale Magro, rappresentante dell’unica sigla sindacale, la Fials, che in assemblea ha sostenuto l’ipotesi sottoscritta, affermando “No ai licenziamenti, sì all’accordo”. Una cosa sembra certa: vincano i sì o vincano i no, non si potrà facilmente dire “… e vissero tutti felici e contenti”.

Cristiana Pisani


Il tavolo con i rappresentanti della RSU; al microfono il coordinatore Angelo Mulè

Un momento dell'assemblea dei lavoratori del comparto (Aula San Luca)