Agenzia europea del farmaco, quanto contiamo in Europa?

L'opinione di Giancarlo Trigari, sulla recente assegnazione dell'organismo comunitario

“The winner is Amsterdam”. La città vincitrice della lotteria per l'assegnazione della sede dell'EMA è Amsterdam. L'EMA, European Medicines Agency, è l'agenzia comunitaria della Unione Europea per la valutazione e monitoraggio dei medicinali, con sede a Londra.
Con l'uscita del Regno Unito dall'Unione Europea è stato necessario scegliere una nuova sede.
È stato fatto con una procedura che ricorda da vicino un conclave: porte chiuse, serie di votazioni segrete e estrazione a sorte finale, che spero per i cattolici non faccia mai parte della procedura di elezione di un papa. Ancora in linea con il conclave: distruzione di tutti i supporti cartacei, soli supporti utilizzati, anche per il sorteggio. Unica altra differenza che rileviamo dal conclave è che i partecipanti non sono tenuti al segreto e quindi poi ciascuno ha potuto raccontare la sua storia.
Ho conosciuto Amsterdam per turismo qualche anno fa, mentre conosco benissimo Milano perchè ci abito da una vita. Amsterdam, per carità, è una bellissima città, più che degna di ospitare l'EMA, come del resto altre città europee che avevano offerto la propria disponibilità.
Però, se andate a vedere il dossier tecnico delle due città, quello di Milano era decisamente superiore. A riprova di questo dato di fatto, in entrambe le votazioni prima di quella decisiva, Milano era risultata di gran lunga davanti alle altre concorrenti.
Mettiamoci dalla parte dei dipendenti e degli utenti di EMA, agenzia che organizza grandi convegni durante tutto l'anno. C'è una grande differenza dal trovarsi in Olanda o in Lombardia o, ancora meglio in Italia. Fatevi un giro in Olanda, al di fuori di Amsterdam, e saprete dirmi.
L'Italia è uno dei Paesi al mondo dove si vive meglio, come prova la longevità dei suoi abitanti. È il Paese al mondo con il più alto numero di bellezze storico-artistiche. Qualsiasi città d'arte italiana contiene più monumenti di quanti si ritrovino su tutto il territorio di qualsiasi altro Paese del mondo.
A favore dell'Olanda può solo giocare la vicinanza con Londra (per i traslochi, per altro una tantum) e la lingua. Infatti sicuramente ad Amsterdam la lingua inglese è praticamente di casa, visto che la lingua madre, particolarmente ostica per gli stranieri, non è molto diffusa, anche perché non può appoggiarsi ad una grande produzione letteraria.
Non era difficile produrre il migliore dossier di tutti i concorrenti, e sicuramente migliore di quello presentato da Amsterdam.
Ma se siamo così bravi, come mai non abbiamo vinto noi? Precisiamo anche che non abbiamo perso il confronto con Amsterdam, l'abbiamo pareggiato, almeno secondo i burocrati chiusi nell'”uovo”, la nuovissima sede del Consiglio Europeo, dove si è tenuta la votazione.
Il punto è proprio questo. È opinione comune che nessuna partita si gioca con l'atto finale ma che quando si arriva alla fine i giochi sono già stati fatti. In questo come in molti altri campi non esiste la zona Cesarini.
L'Italia ha perso per una ragione esclusivamente politica: non è stata in grado di far valere le proprie eccellenze.
Benchè mi consideri persona mediamente ben informata non conosco, se non di nome, chi ha rappresentato Milano nel Consiglio Europeo, Sandro Gozi, sottosegretario alle Politiche Europee, mentre Amsterdam e Copenaghen hanno schierato i loro ministri degli Esteri. A giudicare esclusivamente dal suo intervento in una intervista televisiva, non mi è sembrato un Bismarck del nostro governo.
Ma se anche l'Italia avesse mandato a rappresentare Milano Bismarck in persona, sarebbe cambiato qualcosa nel risultato finale, intendendo come risultato finale il pareggio delle due città concorrenti? Secondo me no, per il semplice motivo che in Europa il nostro prestigio non è basso, è sotto le scarpe.
Con un linguaggio da maestrina possiamo affermare che l'Italia è un membro un po' discolo della Unione Europea, di cui peraltro siamo i fondatori.
Sorvoliamo sulle tante procedure d'infrazione cui siamo stati sottoposti nel tempo per non aver applicato tempestivamente le direttive europee.
Il governo è costantemente in bilico nel rispetto dei parametri di Maastricht, con un bilancio che ogni anno viene approvato con riserve e dopo lunghe trattative.
Non abbiamo mai preso una iniziativa seria per ridurre il nostro debito pubblico, per cui il rapporto tra deficit e prodotto interno lordo risulta di molto superiore al doppio di quello previsto dai parametri di Maastricht (60%), ed anzi in continua crescita. La teoria attuale è che se investiamo di più e spendiamo di più, produciamo di più e ci riesce più facile pagare i debiti. Ma lo zoccolo duro dei nostri partner europei è convinto che il metodo migliore per pagare i debiti sia stringere la cinghia. Si tratta di due teorie economiche ciascuna delle quali ha illustri sostenitori a livello teorico, ma che poi si scontrano con la realtà sul piano pratico. 
La realtà è che in Italia nessuna parte politica gode del prestigio necessario per imporre sacrifici il cui effetto benefico è destinato a prodursi nel lungo periodo. Chiunque proponesse di tirare la cinghia perderebbe sicuramente le prossime elezioni. Per questo ci si sforza di convincere la UE che le nostre spese sono investimenti destinati a produrre favolosi ritorni in termini di PIL e questo inevitabilmente genera rapporti piuttosto tesi.
Come se ciò non bastasse, invece di adoperarsi fattivamente per il consolidamento della UE, o quantomeno non fare chiasso inutilmente, come efficacemente si dice a Milano: “e stare schisci”, un giorno si e uno no una forza politica strombazza ai quattro venti che la UE è una schifezza di cui dobbiamo liberarci quanto prima, che se anche vogliamo rimanere in Europa, comunque “padroni a casa nostra”, dobbiamo abbandonare l'euro che strangola la nostra economia … e via delirando.
Quale affidabilità in termini di partnership europea può suggerire un Paese in cui la UE è così vituperata?
Se guardiamo al pareggio di Milano nella gara per la sede dell'EMA possiamo solamente riconoscere che il lavoro svolto per la presentazione della candidatura della città è stato di grandissima qualità, tale da far dimenticare, fino ad un certo punto, ai nostri partner europei quanto discoli siamo.
Giancarlo Trigari