Moschea a Melegnano, colpo di scena: parlano i fondatori, «I nostri figli conoscano la loro storia»

Rumours, spauracchi, disinformazione, fatti in mano a pochi: e i giornali tentano di addentare in ogni verso la notizia. Ricostruiamo con obiettività. Fonti vicine ai fondatori della moschea, che hanno fatto istanza di legale autorizzazione ad aprire un centro culturale arabo in città, precisano: «Troppa polemica. Vuole essere un centro di cultura araba e di assistenza, dove insegnare ai nostri figli la loro storia».

Gli uni
Abdul Abd El Azim, panettiere a San Giuliano Milanese, è in Italia da 33 anni, è cittadino italiano. Si definisce musulmano moderno. È lui che, assieme a una decina di famiglie, ha affittato un locale privato a Melegnano, zona Ovest, per fare incontri di preghiera sul Corano. Presiede le attività. «Abbiamo il grosso problema dei nostri figli - racconta, motivando la ragion d’essere della moschea -. Quando li portiamo in Egitto da nonni e parenti, non sanno una parola di arabo». Qual è il progetto? «Un centro di cultura. E com’è fatto, secondo lei, un centro di cultura? Corsi di lingua, di Corano, aiuti per poveri e affamati. La religione ce lo chiede». La procedura è iniziata: «Vogliamo aprire a tutti. Il 24 ottobre è venuto l’ingegnere del Comune, Ufficio Tecnico, per i documenti. Aspettiamo entro 90 giorni la risposta». Non vuole alimentare polemiche. «Ho letto i giornali. L’Associazione Artigiani è venuta a scusarsi, dopo la polemica. Ma non abbiamo paura, abbiamo già vinto una causa su un fatto come questo. Non ci serve il Taj Mahal. Per noi è moschea il pezzo di terra dove ci mettiamo a pregare. Siamo in regola con il proprietario, il presidente Sabbatini, della Fondazione Castellini. E non abbiamo paura del terrorismo: con noi se ne stanno lontani».

Gli altri
Intervistiamo don Renato, parroco della basilica di San Giovanni, per un parere pastorale. «Per noi non ci sono problemi. C’è anche un ufficio aperto in Diocesi. Se c'è libertà di culto e di pensiero per tutti». Don Paolo, al Giardino: «Ogni gruppo religioso è libero di pagarsi in affitto un luogo di preghiera. Ho parlato con loro, aiutano associazioni di beneficienza. Unici vincoli, il rispetto della Costituzione e delle tradizioni culturali. E la predicazione, se avverrà in italiano o in arabo». Don Luigi, del Carmine. «È la linea della Diocesi fin dagli anni ’90. Andiamo verso una società multireligiosa. In questi giorni il cardinal Scola ha dichiarato che la libertà religiosa è per tutti. Certo, occorrerà fare tutti i passi amministrativi».

Per ultimi
La politica fa la voce grossa. La Giunta melegnanese di Centrodestra, abbondantemente dichiarativa sulla faccenda, vaglia mille capillari possibilità. Meno sul pezzo il Coordinamento del PD, che la butta sul politico accusando il Sindaco: «Dalla stampa veniamo a conoscenza di una presunta moschea; che tutto avvenga nel rispetto delle leggi e delle regole. Chiediamo chiarezza». Richiama al punto la lista civica Insieme Cambiamo, tramite il consigliere Lucia Rossi: «La Costituzione sancisce un diritto religioso inequivocabile. Anzi, se tutte le carte sono a posto, ben venga regolamentare l’ambiente e farlo diventare più controllato».

Marco Maccari