Fra Agnadello e Pandino una strage di alberi sulle rive del Tormello

La Lista civica per Agnadello denuncia l'ecatombe arborea puntando il dito sulla scarsa sensibilità ambientale dei privati e dai due sindaci leghisti che avrebbero dovuto proteggere e tutelare l'ecosistema

Abbattuto un filare di piante, soprattutto platani

«Decine, forse più di cento, i ceppi lasciati sulla sponda del “Tormello”, che testimoniano lo stato di buona salute dei tronchi consegnati alla motosega», questa in sintesi la denuncia della Lista per Agnadello.

I civici agnadellesi con un comunicato stampa rendono pubblica la situazione, e forniscono una chiave di lettura dell'accaduto: «Partiamo da ciò che prevede l’art.48 del PGT di Agnadello - spiegano nella nota stampa - :  "In tutta l’area urbana è fatto divieto di tagliare alberi di altezza superiore a m.7 o con fusto di diametro superiore a cm. 30, senza preventiva autorizzazione comunale, che sarà comunque subordinata all’impegno del reintegro dell’albero da tagliare con lo stesso numero di alberi della stessa essenza o  comunque di tipo autoctono. Inoltre, il taglio di piante ricadenti in aree boscate è di competenza dell’amministrazione provinciale”. L’approvazione del PGT risale a dicembre 2007, ma il sindaco di Agnadello, in carica da due anni, non ha ancora trovato il tempo di leggerlo tutto, forse si è fermato all’art.47.
Il PGT del confinante Comune di Pandino pare non contenga un’equivalente norma  di salvaguardia ambientale, e questo consente ai privati di avere mano libera nel trattamento delle piante di loro proprietà, …ma fino ad un certo punto, come vedremo nel prosieguo.
Occorre precisare che l’abbattimento indiscriminato di piante autoctone di alto fusto e di grosso diametro è avvenuto nei giorni scorsi lungo il “Tormello”, al confine tra Agnadello e Pandino, prevalentemente sulla sponda pandinese, ma non solo. Va altresì  precisato che il filare abbattuto insisteva su una striscia di terreno incolto e non coltivabile, ricompreso tra il Tormello ed una sua derivazione irrigua che scorre a fianco del corso principale. Si era quindi formata, tra un corso d’acqua e l’altro, un’area boscata formata da platani, querce, robinie  e sottobosco frequentato da fauna autoctona, come gallinelle d’acqua, aironi ed altri uccelli di varia specie.
L’area in questione è classificata come facente parte del PLIS del Tormo (parco locale di interesse sovraccomunale). Le norme attuative del PLIS sono state recepite da tutti i Comuni dislocati lungo l’asta fluviale, da Arzago ad Abbadia Cerreto. La “governance” del PLIS è affidata ad una Commissione, il cui compito sarebbe quello di salvaguardare il contesto ambientale nel quale scorre il millenario corso d’acqua originato dai fontanili di Arzago ed Agnadello e  favorire la ricostituzione di quello perduto. Non a caso, la  Commissione è composta da tutti i sindaci dell’asta fluviale  o loro delegati.
Va altresì ricordato che la pulizia idraulica del Tormo e delle sue sponde è affidata al Consorzio di bonifica DUNAS, che ha sede a Cremona, al quale dovrebbe essere stata richiesta l’autorizzazione  all’intervento, considerato che i mezzi cingolati usati per l’abbattimento delle piante sono entrati nel corso d’acqua, ora asciutto per l’abbassamento stagionale della falda freatica, causando  smottamenti del  sedime, che certo non potranno favorire il deflusso rapido delle acque, quando sarà necessario che ciò avvenga, per prevenire eventuali esondazione nel centro abitato di Agnadello, come è già capitato in passato.
Se questo è il contesto, vi chiederete perché nessuno degli attori sopra citati si è sentito in dovere di intervenire per impedire o quanto meno limitare, a fronte dell’impegno al reintegro, l’abbattimento indiscriminato di così tante piante pregiate, cresciute nel corso dei decenni in riva al Tormello.
Certo, il sindaco di Agnadello avrebbe avuto un problema di coerenza, dopo che ha fatto abbattere, senza reintegrarli, i pini marittimi del cimitero ed aver capitozzato la siepe di ligustro che ne delimita il parcheggio, o dopo aver autorizzato l’abbattimento, senza reintegro,  di decine di piante nell’area dismessa Arespan Brocca, solo perché “le potature rappresentavano un costo per il liquidatore fallimentare” (dell’area stessa).
Per quanto si è finora saputo, il sindaco di Pandino, forse ritenendo d’avere le mani legate, non si è prodigato più di tanto per evitare l’abbattimento massiccio del filare, o quantomeno per contenerne la portata.
Certo è che la Commissione del PLIS del Tormo, della quale i due sindaci leghisti fanno parte,  non ha profferito parola sull’evento, come se la cosa non rientrasse nella sfera delle sue competenze.
In quanto al Consorzio Dunas, non sappiamo neanche se sia stato informato dell’intervento, comunque sarebbe bene che qualcuno lo facesse, se non altro per indurre i privati a ripristinare il fondo del fiume, al fine di garantire, quando sarà il momento,  lo scorrimento precedente, compromesso dal passaggio dei cingolati. Ma questa è  una questione di carattere idraulico, non ambientale.
Quel che è certo
, e non più rimediabile - conlude la minoranza agandellese -, è che uno dei filari di piante più caratteristici del nostro territorio, tra i pochi rimasti, ha cessato di esistere, non  per ragioni di sicurezza o per l’esigenza di “rinforzare la sponda”, come pare abbia detto il sindaco di Pandino. Ha cessato di esistere  per libera scelta dei proprietari privati, favorita dalla scarsa sensibilità ambientale di chi dovrebbe  improntare la propria azione amministrativa all’interesse generale, ponendo la tutela dell’eco sistema tra le priorità da perseguire, non solo a parole ma impedendo l’uso indiscriminato delle motoseghe».