Alfredo Cospito: chi è l’anarchico al 41-bis

Il regime 41-bis è stato nel 1986 dalla legge Gozzini, che interessava, in un primo momento, esclusivamente i casi di emergenza interna o di rivolta nelle carceri italiane e che successivamente alla strage di Capaci del 1992, è stato ampliato ai detenuti facenti parte dell'organizzazione criminale mafiosa.

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L'opinione di Moreno Mazzola

In questi giorni imperversano sulle televisioni notizie dell’anarchico Cospito e del suo regime al 41 bis. Al fine di capire meglio la situazione cerchiamo prima di tutto di capire chi e cosa ha fatto Cospito e cosa è il regime al 41 bis. Alfredo Cospito  è un anarchico cinquantacinquenne, ed è ritenuto uno degli elementi di spicco della galassia degli anarchici piemontesi. Cospito è  detenuto a Sassari con il 41 bis, dal 30 gennaio 2023 al carcere di Opera.I reati ad esso contestati riguardano la gambizzazione del dirigente Ansaldo Roberto Adinolfi e dell’attentato alla Scuola Allievi Carabinieri di Fossano. L'articolo 41-bis, altresì detto carcere duro, è un regime di detenzione carceraria che si applica nei confronti dei condannati per alcuni reati gravi o in situazioni di emergenza. Il regime 41-bis è stato nel 1986 dalla legge Gozzini, che interessava, in un primo momento, esclusivamente i casi di emergenza interna o di rivolta nelle carceri italiane e che successivamente alla strage di Capaci del 1992, è stato ampliato ai detenuti facenti parte dell'organizzazione criminale mafiosa. L’obiettivo di questo regime è quello di impedire il passaggio di ordini, informazioni o di ogni altro tipo di comunicazione tra i detenuti e le organizzazioni di appartenenza nel territorio. Nel concreto, i carcerati sottoposti al regime 41-bis sono rinchiusi in istituti dedicati soltanto a loro o comunque in sezioni separate dal resto della struttura. Cospito è stato condannato al regime carcerario del 41 bis in quanto la Cassazione, per l'attentato alla caserma dei carabinieri di Fossano, ha ritenuto che il reato applicabile fosse quello di  attentato allo Stato; quindi,  un reato che prevede la pena dell'ergastolo ostativo che non permette di godere cioè di alcun beneficio. In questi giorni ci sono una serie di iniziative che richiedono l’eliminazione del 41 bis al regime carcerario di Cospito. Molti politici dichiarano che non si può scendere a patti con i criminali e che lo Stato deve essere fermo nelle sue azioni e decisioni. Il problema è che nessuno dice che si deve trattare, semmai lo Stato deve trattare con sé stesso per verificare se le condizioni psico-fisiche della persona sono coerenti con l’applicazione del cosiddetto carcere duro e qualora non lo fossero deve rivedere il regime carcerario poiché lo Stato deve tenere in giusta considerazione lo stato di salute delle persone ad esso affidate e deve cercare di migliorarlo se possibile. Questo non vuol dire venire a patti con nessuno ma vuol dire far valere le ragioni di uno Stato di diritto. Una vicenda dunque complessa, che speriamo venga collocata nel suo giusto alveo e non strumentalizzata né da chi ne vuole fare una bandiera contro il 41 bis, che probabilmente richiederebbe un confronto e un’analisi più approfondita per capire, contestualizzando le situazioni allo stato odierno, per quali condizioni il carcere duro è applicabile, né da chi invece vuole che lo Stato mostri a tutti i costi la faccia dura, che assuma atteggiamenti di chi  non si piega e non tratta. Perché se è vero che uno Stato di diritto non può scendere a patti con chi usa la violenza, risulta altrettanto vero che uno Stato di diritto non può sacrificare la vita di una persona per dimostrare di non cedere ai ricatti.

“Si dice che uno non conosce davvero un paese finché non è stato nelle sue carceri. Un paese non dovrebbe essere giudicato da come tratta i suoi cittadini più in alto, ma quelli più in basso.” – Nelson Mandela

Moreno Mazzola