Carolina Bocca a Melegnano per “Il Pesciolino Rosso”: imparare ad accettare l’altro così com’è è una sfida che si può vincere | Gallery |

Un incontro rivolto a genitori e adolescenti, per imparare a educare le emozioni attraverso l’esperienza di una mamma

Foto di gruppo

Foto di gruppo da destra a sinistra: dott.ssa Maria Teresa Golfari (rettore del centro scolastico); avv. Roberta Mangiarotti (presidente Centro Familia); Carolina Bocca (fondazione Il Psciolino Rosso); avv. Stefania Moretti (vicepresidente Centro Familia); Giusy Mauro (socia volontaria Centro Familia). Credits: Daiana Camen

«Non mi dire cosa vuoi fare, dimmi cosa vuoi essere!» questa la frase chiave con cui Carolina Bocca conclude la sua storia, nell'incontro tenuto martedì 6 novembre 2018 al centro scolastico “Giovanni Paolo II” di via Piave a Melegnano per la fondazione “Il Pesciolino Rosso”, organizzato dall'associazione culturale “Centro Familia Melegnano”.

La storia di Carolina è quella di suo figlio Sebastiano, che a tredici anni ha cominciato a “farsi le canne” per poi finire in un giro di spaccio. «Sono una mamma che quattro anni fa ha visto il proprio figlio cadere nel baratro della tossicodipendenza e ha avuto davvero paura di perderlo per sempre». Sorride Carolina, mentre racconta la sua storia, e ha gli occhi lucidi per il dolore… Ma sono occhi colmi di Amore.

«Avevo diversi pregiudizi, a partire da quello di pensare che chi cadesse nella tossicodipendenza fosse figlio di famiglie disagiate e pensavo che a noi, famiglia di imprenditori, non potesse accadere. E poi quello de “i panni sporchi si lavano in casa” per cui io e la mia famiglia abbiamo cercato di tenere nascosto quello che ci stava accadendo» dice ancora Carolina, mentre spiega che in quel tempo suo figlio diventa sempre più scostante, rabbioso e violento. Violenza che sfoga sulla casa, sulla famiglia o verbalmente.

In comunità, invece, Carolina si accorge che ci sono pochissimi ragazzi provenienti da famiglie disagiate o extracomunitarie, i più sono ragazzi “di buona famiglia”; ma sono ragazzi “dipendenti”: dipendenti da sostanze di vario genere, dal gioco d’azzardo, da Internet, dall'alcool, da anoressia e bulimia, da autolesionismo… «Perché spesso dove c’è troppo benessere, dove c’è troppo, c’è anche tanta infelicità».

Il percorso per aiutare Sebastiano diventa un percorso di rimessa in discussione per Carolina e per le dinamiche familiari e, con il supporto degli operatori della comunità, arriva la consapevolezza: «Chi usa droghe lo fa per colmare un vuoto, per cui il problema è al 99,9% da ricercare all'interno della famiglia e dei legami familiari che vengono meno o sono sbagliati, anche perché spesso giudicanti. Noi come genitori avevamo replicato un modello educativo che era già disfunzionale, e che avevamo acquisito dai nostri genitori. Inconsapevolmente infatti reiteriamo comportamenti e relazioni che avevamo nelle nostre famiglie, i nostri genitori o i nostri nonni. E poi diventa fondamentale capire che i figli non sono tutti uguali e non sono uguali a noi genitori, perciò meritano trattamenti diversi. Sebastiano non era il figlio che io avevo in testa e quando ho capito questo mi sono sentita sbagliata e ho compreso che mio figlio non si era sentito amato veramente. I genitori devono capire che i figli perfetti non esistono e quelli che rasentano la perfezione non hanno personalità e rischiano poi di non essere in grado di affrontare la vita, perché la perfezione crea depressione. Ancora,  i genitori devono rendersi conto anche dell’importanza di informarsi, leggere ed essere preparati perché i figli adolescenti mica li freghi, sono più aggiornati, fanno domande precise e vogliono risposte precise, vogliono coerenza».

Carolina li chiama “ragazzi spettinati”, quelli un po’ fuori dagli schemi, un po’ problematici ma che in realtà sono i più sensibili e quelli che più di tutti si sentono sbagliati e patiscono molto lo sguardo dei genitori, più delle parole.

Altro aspetto che Carolina tiene a sottolineare è l’importanza della figura paterna: «In adolescenza i papà sono fondamentali, sia per i figli maschi che per le femmine. Il tempo delle mamme è finito; noi mamme a un certo punto diventiamo dannose, perché vogliamo accudire i nostri figli e proteggerli. Invece dobbiamo avere il coraggio di fare un passo indietro e permettergli di cimentarsi con la vita e le difficoltà. A volte il problema non è la mancanza d’amore, ma il troppo amore». Spontaneo si affaccia alla mente un verso di una canzone dei Queen che dice: «Too much love will kill you, just as sure as none at all», troppo amore ti ucciderà, proprio come quando non ne hai affatto…

Adesso Sebastiano si sente accettato e apprezzato dalla sua famiglia e non ha più bisogno di lenire le sue ferite con la droga, perché sta realizzando le sue passioni e sente che le sue passioni piacciono alla sua famiglia. «Sebastiano adesso è “pieno”, è colmo d’amore», dice Carolina. Ma per arrivare a questa accoglienza di suo figlio, lei ha dovuto ripensare se stessa e rimettersi in discussione, perdonarsi e accogliersi per prima.

7giorni ha chiesto a Carolina Bocca come può un figlio far comprendere ai genitori che sta vivendo un disagio, che non si sente accolto, prima di arrivare a essere uno “spettinato” e la risposta è semplice quanto disarmante: «Non è il figlio che deve insegnare ai genitori, sono loro che devono porsi davvero in ascolto, con i sensi. Esiste una gerarchia che va rispettata, i genitori sono genitori, i figli maggiori sono figli maggiori, i minori sono minori. Sono per primi i genitori che devono essere aperti a comprendere».

Cosa pensi quando senti dire a un genitore «Io sono amico di mio figlio»? Carolina scuote la testa in cenno di dissenso e dice: «Il genitore deve fare il genitore, deve essere una guida; in questo può avere un approccio più o meno rigido, ma non deve porsi come “amico”. Noi siamo i genitori e come tali dobbiamo amorevolmente contenere i nostri figli, ma anche legittimarli».

E il ruolo dei nonni? Come possono influire sull'educazione degli adolescenti? «Bisogna dire che prima di tutto sono i genitori che non devono delegare l’educazione dei figli ai nonni, questi possono essere un validissimo supporto soprattutto nelle necessità; ma i genitori non possono usarli come surrogati nell'educare i propri figli. E i nonni devono essere capaci di rispettare il ruolo dei genitori, se un genitore dice “no” a un figlio i nonni non devono intervenire ribaltando il diniego in un “sì”. In entrambi i casi ci vuole grande intelligenza».

Soddisfatte, anche se con un po’ di amarezza, le organizzatrici della serata: «È stata una serata preziosa per noi sotto molteplici aspetti» ha dichiarato la presidente del Centro Familia Melegnano Roberta Mangiarotti «È stata illuminante per quelle adolescenti che siamo state e per i ricordi, anche e forse soprattutto dello sguardo dei nostri genitori che ci è rimasto impresso. Le parole di Carolina hanno smosso tanto, risolvendo tanti perché che negli anni erano rimasti irrisolti. È stata formativa per le mamme che siamo, di futuri adolescenti, perché davvero oggi non ci si può più improvvisare nel ruolo di genitori; perché i competitors oggi sono tantissimi (Internet su tutti) e noi non possiamo permetterci il lusso di farci trovare impreparate». Le fa eco la vicepresidente Stefania Moretti: «È stata una serata di conferma per il nostro essere avvocati e mediatrici familiari, perché ogni giorno nella nostra professione abbiamo modo di renderci conto di quanta carenza emotiva ci sia. Ed è stata oro per la nostra associazione, perché è questo che intendiamo quando ci riproponiamo di “fare cultura”; perché è di questo tipo di cultura che abbiamo bisogno come comunità».

Rammarico per la scarsa partecipazione della comunità melegnanese e dei dintorni, soprattutto quella di genitori e ragazzi. Dispiacere che si evince anche dalle parole delle fondatrici del Centro Familia: «È stato brutto rendersi conto che in una Melegnano con i suoi 17mila abitanti, solo pochi abbiano ritenuto  di poter impegnare due ore del loro tempo per informarsi, conoscere, mettersi in discussione… Per essere migliori. Le serate de “Il Pesciolino Rosso” registrano ovunque il pieno, anche nei paesini più piccoli, riempiendo palestre e teatri; Carolina Bocca e papà Gianpiero, il fondatore, sono stati spesso ospiti di trasmissioni televisive, hanno ottenuto premi letterari e riconoscimenti civici importanti. Aver fondato un’associazione di promozione culturale in una cittadina che invece mostra così scarso interesse per tematiche tanto importanti si sta rivelando un’avventura che mette alla prova anche il più grande degli entusiasmi. Ma noi, per fortuna, ci crediamo troppo per arrenderci».

Forse, come dice la stessa Carolina, per andare a certi incontri ci vuole coraggio; e forse non tutti riescono ad accettare l’idea di doversi mettere in discussione, come genitori e – forse – anche come figli.
Elisa Barchetta
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