Scompariamo sotto il pelo dell’acqua, tra le meraviglie del mare, per raggiungere i 18 metri

Dal diario di un (ex) aspirante sub – Brevetto conseguito con l’associazione subacquea SeaSub

Corso base “Open Water Diver”

La sveglia all’alba anche se è sabato. La colazione con Ilaria è silenziosa, mentre la frescura del mattino ci accarezza. Concentrazione, euforia, perplessità, insicurezza, vitalità: un saliscendi di emozioni adrenaliniche ci pervade e noi le lasciamo scorrere. Prepariamo tutta l’attrezzatura, carichiamo la zavorra sulle spalle e attraversiamo la spiaggia con il respiro pesante di chi è affaticato e irrequieto. L’appuntamento è al centro subacqueo Idea Blu di Albenga per la nostra prima immersione da open water diver. Il gran giorno è arrivato e non vediamo l’ora di sapere com’è laggiù, negli abissi che abbiamo sognato per tutti questi mesi. Ci dicono che il mare è troppo mosso per la prima prova dalla spiaggia, allora aspettiamo che il gommone ci porti direttamente al largo. Nel frattempo sciogliamo i dubbi rimasti, ascoltiamo le ultime spiegazioni dei nostri istruttori, cominciamo a vestirci. A mezzogiorno il caldo è insopportabile con le mute che strizzano i nostri corpi, ma finalmente stiamo per calarci sui fondali dell’isola Gallinara. Dal gommone, una capriola all’indietro e galleggiamo tutti con il gav (giubbetto ad assetto variabile) gonfio. Dopo una verifica della zavorra, cominciamo a scomparire sotto il pelo dell’acqua, a coppie, attaccati alla corda della boa. Stiamo quasi un’ora a 6 metri di profondità, alternandoci davanti ad Evrim che ci esamina nella sequenza degli esercizi appresi durante il corso. Mentre aspettiamo il nostro turno ci guardiamo intorno, le creature marine ci scorrazzano davanti senza timore, ne rimaniamo affascinati anche se non riusciamo a distinguere tutte le specie. Le fatiche della prima immersione vengono ripagate dalla cena serale a base di pesce: un tavolo lunghissimo sistemato sulla spiaggia ospita tutti i sub con i rispettivi amici e familiari, ed è una grande festa!
Il mattino dopo ci svegliamo con il rumore dei tuoni e il ticchettio insistente della pioggia. Ci dirigiamo comunque al diving e in fretta e furia ci fanno preparare per l’ultima prova del weekend, perché il mare comincia ad agitarsi. La seconda immersione è quella decisiva: o ci si innamora o si lascia perdere. Quasi senza accorgercene, se non fosse per le orecchie che necessitano di compensazione, ci spingiamo a 18 metri di profondità, limite massimo per un open water diver. Ci attende la vista del Cristo degli abissi: scorgiamo delle uova di calamaro e una stella marina attaccati alla statua bronzea. Il manometro, inflessibile nel suo conteggio dell’aria rimanente nella bombola, sancisce il termine dell’escursione e quindi l’inevitabile risalita. Investiti dalle migliaia di bolle dei compagni sotto di noi, a cui si aggiungono quelle di un altro gruppo, accorciamo le distanze che ci separano dall’imbarcazione. Poi la sosta di sicurezza a 5 metri per 3 minuti e l’emersione. Ce l’abbiamo fatta. È un’emozione che non si riesce a descrivere quella che accompagna il resto della giornata, tra l’incredulità e l’eccitazione. Con le prossime immersioni le sensazioni cambieranno, acquisiremo sempre più familiarità con le tecniche da utilizzare e l’ambiente circostante, per il momento ripensiamo alla nostra impresa e ci sentiamo un po’ supereroi.

Maurizio Zanoni 
Ilaria Patrian