Peschiera, i frutti del “Progetto Sicomoro” a cui aderisce la cittadina Elisabetta Cipollone

Dal laboratorio di scrittura del carcere di Opera, ecco l’elaborato "Sette Anime" di F.P. dedicato alle 7 giovani studentesse italiane morte in un incidente in catalogna

Il carcere di Opera

Il carcere di Opera

Peschiera Borromeo, la cittadina Elisabetta Cipollone da molto tempo collabora al progetto “Sicomoro” con il carcere di Opera. In Italia, l’Associazione PFIT ha cominciato a sviluppare diversi programmi per la rieducazione dei carcerati: primo fra tutti proprio il Progetto Sicomoro. Esso punta ad un inserimento nella realtà carceraria che non si fermi a considerare la deriva morale e culturale del detenuto, ma parta dalla sua condizione di uomo a cui offrire una possibilità di vero riscatto e di proficuo reinserimento nelle nostre comunità civili. I carcerati incontrano le vittime, confrontandosi in un percorso di reciproca immedesimazione e conoscenza. I detenuti svolgono inoltre alcuni laboratori, ad esempio di scrittura, e spesso riservano piacevoli sorprese, come nel caso dello scritto di F.P.

 «F.P. è un detenuto – spiega la madre della giovane vittima della strada Andrea De Nando – con il quale lo scorso anno avevo affrontato tutti gli incontri di giustizia riparativa del Progetto,  F. che per me è ora un amico con il quale ci confrontiamo spesso per via epistolare, chiede di rendere pubblico questo suo scritto e, per me, Mamma di Vittima della Strada, è stato particolarmente  emozionante ricevere una così alta espressione di solidarietà e di empatia verso coloro che perdono la loro vita nelle stragi stradali». 

Di seguito l’elaborato dal titolo “Sette Anime”: «Sette anime (Catalogna, 21 marzo 2016). All'imbrunire di questo primo giorno di primavera osservo il cielo dalla griglia del mio spazio metallizzato. Penso al tepore dei giardini di marzo, ai campi appena sbocciati e a un’altra stagione da vivere dietro le quinte. Poi uno schiaffo ferisce il mio cuore. 
Gli occhi fissano alla televisione sette fiori prematuramente strappati a una terra impoverita. Mi chiedo: “Perché piango?”.
 Non vi conoscevo, non sapevo nulla delle vostre vite. Eppure sono qui a scrivere di voi. Penso a chi non si rassegnerà mai a non sentirsi più chiamare “Papà”, “Mamma”; sentirsi sussurrare “Ti voglio bene”; incrociare il vostro sorriso; gradire il tatto delle vostre mani; inabissarsi nel colore dei vostri occhi; apprezzare il peso di un corpo che riempiva le case al ritorno da una breve vacanza. 
Come affrontare adesso la quotidianità? Stanze, armadi pieni d’indumenti, pareti imbastite di foto invocheranno le vostre presenze mentre il tempo si fermerà per la memoria.Si cercherà dai vostri radiosi profili di coronare un inutile sogno: ascoltare due parole… “Sono qui”… per capire che era solo un incubo. Quando invece proprio l’incubo era all’inizio. 
E dopo questa Santa Pasqua non vi saranno resurrezioni. Sette anime: eravate lì solo per iniziare a costruire il vostro credo, realizzare il cielo degli ideali. Ma da oggi troppo presto siete lassù ad accompagnare per l’eternità chi vi ha dato la vita, stimate, amate. 
Appunto, l’eternità: un mare nel quale un detenuto, ma pur sempre un uomo, un padre, ha versato una lacrima d’inchiostro intriso di dispiacere per voi. Elisa V., Lucrezia, Elena, Francesca, Serena, Elisa S. Valentina… Sette angeli, Sette anime che saranno lì a ricordarmi di voi quando alzando gli occhi al cielo ammirerò i sette colori dell’arcobaleno. F.P. a nome del Laboratorio di lettura e scrittura creativa della Casa di reclusione di Milano-Opera».