Profughi d'Italia. 1943-1955. Il dramma dei giuliano-dalmati dalle foibe ai Centri di raccolta

In occasione delle celebrazioni del 10 febbraio, Giorno del Ricordo, la scrittrice Petra Di Laghi nel suo tour fara tappa a San Giuliano Milanese, a Mediglia e al Municipo IV di Milano. Il programma completo degli eventi del Comitato 10 Febbraio.

A sinistra Petra Di Laghi a destra la copertina del suo libro

A sinistra Petra Di Laghi a destra la copertina del suo libro

Al termine della Seconda guerra mondiale comincia l’esodo di circa trecentomila italiani dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia, terre di confine sottoposte per decenni a catastrofi belliche, stravolgimenti di regimi e nazionalità, capovolgimenti culturali e linguistici. Il libro ricostruisce non solo le vicende che provocarono quello spostamento di massa dopo la tragica stagione delle foibe e il passaggio di quei territori sotto il regime jugoslavo, ma anche il lungo viaggio che i profughi dovettero intraprendere verso la ricerca della normalità di una fissa dimora. Attraverso testimonianze e documenti inediti si delinea il difficile percorso degli esuli nell’Italia del secondo dopoguerra e all’interno dei Centri Raccolta Profughi sparsi in tutta la penisola. In particolare, il volume analizza il programma assistenziale che la provincia di Genova attivò dal 1945 fino al raggiungimento di una residenza stabile nella seconda metà degli anni Cinquanta.

L’opera può essere indirizzata ad un pubblico non informato sul tema dell’esodo e del confine orientale grazie alla ricostruzione storica degli eventi e delle vicende storiche dei territori della Venezia Giulia durante la Seconda guerra mondiale e del clima in cui la maggioranza della popolazione italiana maturò la scelta dell’abbandono.

Nodo centrale di tutta l’opera è il tema dell’accoglienza e dell’assistenza offerta ai profughi giuliano-dalmati nella società italiana del secondo dopoguerra, argomento riguardante un periodo particolare della storia italiana.  Per poter osservare da vicino tali dinamiche viene esposta, come importante parte inedita, l'analisi delle iniziative assistenziali attivate dalla città di Genova nei confronti degli esuli, nel periodo compreso tra il 1945 e il 1955.

Grazie ai dati reperiti dalla ricerca svolta presso l’Archivio di Stato di Genova, l’Archivio storico del Comune di Genova, l’Ufficio territoriale del governo di Genova (sezione Profughi ed equiparati) e presso la Biblioteca Universitaria di Genova, il libro si configura dunque anche come utile strumento per ricercatori e studenti che volessero approfondire l’argomento dell’accoglienza dei profughi giuliani, con particolare riguardo per la storia dei Centri Raccolta Profughi della Liguria.

Nell’arco di un decennio, dalla fine della Seconda guerra mondiale fino alla metà degli anni Cinquanta la comunità italiana dell’Istria, Fiume e Dalmazia quasi si dissolve. Le cifre variano dalle 280.000 alle 350.000 persone, più di un quarto di milione circa. Rispetto ai numeri è però l’aspetto  totalizzante di quella dolorosa scelta.

Rispetto ai diversi fenomeni di spostamento di popolazione che coinvolsero l'Adriatico, l’esodo giuliano-dalmata si distinse per le dimensioni nettamente superiori e determinò la scomparsa quasi totale della minoranza italiana. L’esodo istriano costituisce una spaccatura molto evidente con il passato, rispetto agli spostamenti forzati avvenuti in tutta Europa nel secondo dopoguerra e alle precedenti migrazioni di sloveni e croati al termine della prima guerra mondiale. Secondo Raul Pupo, il fenomeno determina: «la scomparsa dalle sponde adriatiche della forma specifica di presenza italiana che lì si era costituita come ultimo atto di una vicenda storica iniziata all'epoca della romanizzazione».

Gli italiani d’Istria, Fiume e Dalmazia abbandonarono le sponde dell’Alto Adriatico per quasi il 90% disperdendosi nel mondo e in particolare in Italia, dove vennero sistemati nei 109 Centri raccolta profughi sparsi in tutta la penisola. Nelle diverse province italiane, oltre ai campi profughi governativi, si registrarono anche altre soluzioni assistenziali - spesso molto precarie - quali alberghi, dormitori, enti pubblici e alloggi collettivi gestiti privatamente. Un esempio fu la città di Genova, per la natura frammentaria della disposizione dei diversi rifugi assistenziali e dove l’unico Centro Raccolta Profughi governativo era situato oltre il perimetro urbano nella cittadina del Levante Ligure di Chiavari.

Nella sola Liguria coloro che vennero accolti e vi trovarono residenza stabile furono 8.345, come rivela un censimento effettuato da Amedeo Colella nel 1958 per conto dell'Opera per l'assistenza ai profughi giuliano-dalmati e nella realtà genovese ben 6.530 provenienti dall'Istria, Fiume e Dalmazia. Programma presentazioni

VENERDI 31 GENNAIO
h.18.00
Milano, Regione Lombardia, Sala del Gonfalone Palazzo Pirelli

SABATO 1 FEBBRAIO
h.11.00
Milano Zona 4

SABATO 1 FEBBRAIO
h.16.00
Cologno Monzese, Sala Pertini, Villa Casati, Via Mazzini 9

DOMENICA 2 FEBBRAIO
h.11.00
Mediglia, Biblioteca, Piazza Terracini Mombretto

DOMENICA 2 FEBBRAIO
h.16.00
San Giuliano Milanese Sala Previato - Piazza della Vittoria

LUNEDI 3 FEBBRAIO
h.17.00
 Milano, Sala Conferenze ANVGD, via Duccio di Boninsegna 21/23

LUNEDI 3 FEBBRAIO
h.21.00
Sesto San Giovanni, Biblioteca, Villa Visconti d'Aragona, via Dante 6
Petra Di Laghi (Genova, 1992) è laureata in Scienze storiche a Torino con la tesi L’esodo giuliano-dalmata tra emergenza e accoglienza: il caso di Genova (1945-1955). È specializzata in comunicazione storica e ha approfondito la materia della formazione, gestione e conservazione di archivi digitali in ambito pubblico e privato. Sul tema dell’esodo istriano e sull’accoglienza dei profughi giuliani ha pubblicato vari articoli e tenuto conferenze. Collabora con la libera associazione “Coordinamento Adriatico” ed è membro del “Comitato 10 Febbraio”.  Questo volume è il frutto degli ulteriori approfondimenti e ampliamenti delle sue ricerche sull’argomento.

Il Comitato 10 Febbraio (www.10febbraio.it), sorto successivamente alla promulgazione della Legge 92 del 30 marzo 2004 istitutiva del Giorno del Ricordo, raccoglie soprattutto cittadini italiani che, pur senza avere un legame diretto o famigliare con le tragedie delle Foibe e dell’Esodo giuliano-dalmata, si accostano con particolare sensibilità a queste pagine di storia patria. Presente con i suoi Comitati in molte regioni d’Italia (Friuli Venezia Giulia, Veneto, Lombardia, Piemonte, Emilia – Romagna, Toscana, Umbria, Abruzzo, Lazio, Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna), il C10F collabora con altre associazioni culturali, scuole ed amministrazioni locali interessate a svolgere momenti di approfondimento sulla storia del confine orientale italiano. Per non dimenticare è fondamentale che i più giovani studino la storia con le sue luci e le sue ombre, con le contraddizioni e le vergogne, perché è proprio agli studenti di oggi che è dato il compito di non dimenticare mai più e di riattaccare le pagine strappate dal grande libro della storia nazionale. Tuttavia non sono al centro delle nostre attività solamente le dinamiche che condussero al massacro di 20.000 connazionali durante la stagione di terrore delle Foibe ed al successivo Esodo di 350.000 istriani, fiumani e dalmati, bensì anche la storia complessiva dell’italianità nell’Adriatico orientale e le prospettive per la salvaguardia dell’identità italiana in quelle terre. Nostro intento, infatti, è quello di fiancheggiare le associazioni della diaspora giuliano-dalmata nella sensibilizzazione e nell’informazione dell’opinione pubblica sulla storia plurisecolare di una regione italiana di confine, da sempre connessa per lingua, cultura e tradizioni con la penisola italica. In continuità con questa storia, che parla anche di convivenza con altri popoli e culture fino alla stagione degli opposti nazionalismi della seconda metà dell’Ottocento, è nostro intento interfacciarci con le Comunità degli Italiani ancora presenti in loco, al fine di riallacciare un legame culturale in nome di una riscoperta identitaria. Si tratta dell’identità italiana dell’Adriatico orientale, che affonda le sue radici nell’Arena di Pola e nel Palazzo di Diocleziano a Spalato, fiorisce nei leoni di San Marco che decorano chiese, fortezze e palazzi nei secoli di dominio della Serenissima Repubblica di Venezia dal Golfo di Trieste alle Bocche di Cattaro; quell’identità che venne brutalmente offesa dal regime nazionalcomunista titino, e che oggi vogliamo portare a nuovo splendore.