Coronavirus e criminalità organizzata: rischio usura per molte attività

Lo riporta un’indagine di Confcommercio: «durante il lockdown numerose imprese hanno ricevuto proposte per rilevare l’attività con valori molto inferiori al prezzo di mercato»

L’emergenza Coronavirus ha rappresentato, e continua a rappresentare, un’occasione di guadagno per la criminalità organizzata. Durante il periodo di chiusura forzata il 6% delle imprese commerciali, il 9% nella ristorazione, ha ricevuto proposte “irrituali” per rilevare l’attività con valori inferiori al prezzo di mercato. Il dato emerge dal sondaggio selettivo realizzato da Confcommercio Milano, Lodi, Monza e Brianza. All’indagine, svolta dal 3 all’8 giugno, hanno risposto 311 imprese, per l’89% fino a 9 addetti, di alcuni settori specifici: intermediazione immobiliare, oreficerie, pubblici esercizi, agenzie di viaggio e servizi d’alloggio. Dalla ristorazione il maggior numero di risposte: 64%. In questo periodo così difficile di stop per l’emergenza sanitaria si è fatto ricorso all’usura per reperire liquidità? Soltanto l’1% risponde affermativamente, il 2% nella ristorazione. Ma la tentazione resta. Quello che preoccupa è come la percentuale salga quando si ipotizza la possibilità di ricorrere a prestiti su canali illegali. Il 7% ha infatti dichiarato di aver fatto in passato ricorso a prestiti usurai, percentuale che sale al 10% nella ristorazione. E il 9% delle imprese non ha denunciato o non denuncerebbe gli usurai. «È concreto nei nostri territori il rischio di maggiori infiltrazioni del crimine organizzato soprattutto se le misure di sostegno previste non saranno erogate con rapidità – afferma Mario Peserico, vicepresidente di Confcommercio Milano, Lodi, Monza e Brianza –. In linea con il nostro impegno e i servizi offerti sul territorio, sosteniamo le imprese e rafforziamo la collaborazione con le istituzioni».
Redazione Web

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