Un baluardo della memoria storica ad opera del peschierese Umberto Di Donato: Il Museo della Macchina da Scrivere

Nel quartiere multietnico di Maciachini, inglobato nei confini della metropoli milanese, dove quotidianamente l'intreccio tra culture si infittisce e si arricchisce ogni giorno di più, un baluardo della memoria storica campeggia. Con circa 500 esemplari, custoditi con amorevole cura al civico 10 di via Menabrea, prende vita il Museo della Macchina da Scrivere.

Luogo di culto del progenitore del personal computer, disposto su 3 vetrine, la cui nascita risiede nel senso d'amore e nella riconoscenza che Umberto Di Donato, da una decina d'anni residente a Peschiera Borromeo, nutre per questo strumento. Nato nel 1935, l'eclettico Umberto Di Donato ha speso gran parte del lavoro della sua vita a battere sui tasti, prima da impiegato nel settore bancario e successivamente come libero professionista, dedicando il suo tempo libero allo studio e alla raccolta di apparecchi meccanici per la scrittura; tant'è che negli anni ha anche sperimentato in prima persona il fascino della composizione che ne deriva, realizzando 4 libri.

Correva l'anno 1959 quando «acquistai la prima macchina Olivetti Lettera 22 (fedele compagna di lavoro di grandi giornalisti come Enzo Biagi e Indro Montanelli, nda) con il disco vinilico a 33' giri "Musica per parole", con il quale veniva impartito un corso per dattilografia utile per imparare a scrivere con tutte le dieci dita della mano. Da quel preciso momento - continua - ogni volta che mi imbattevo in un nuovo modello o marca facevo di tutto per accaparrarmelo». Familiari, amici, amici degli amici furono anch'essi colti dalla stessa mania, e coinvolti dal carisma del peschierese: «Si scatenò una sorta di frenesia, una gara a chi riuscisse a procurarne di più».

Numerosi sono infatti gli aneddoti riportati, di tutte quelle macchine, la cui singolare vicenda ha portato loro in dono un'anima: «Perché esse - spiega - sono portatrici di un potere speciale, racchiudono il ricordo di chi le utilizzò o il corso degli eventi, per alcune decisamente singolare, che le ha portate fino a me». L'episodio più sentito, descritto dettagliatamente nel libro "La penna, il tasto e il mouse - il Museo della Macchina da Scrivere", risale alla Vigilia di Natale del 1982 quando un certo Walter, mai più visto o incontrato, gli consegnò un cimelio rarissimo da aggiungere alla collezione. «Non sapevo in verità chi fosse quell'uomo che giunse fin sotto casa a bordo di un furgoncino Ape, ma la sorpresa fu enorme quando, dopo una intensa visita all'esposizione (ritagliata in uno spazio nella propria abitazione), tirò fuori dal sacchetto che aveva tra le mani una William Curved n.1, costruita a Brooklyn, New York, nel 1891, riprodotta in soli 1647 esemplari». Un pezzo più unico che raro che lo convinse a perseguire il suo intento ed iniziare ad esporre le macchine in un appartamentino di sua proprietà.

La vera svolta avvenne però nel 2007: in quell'anno fu inaugurato in pompa magna il Museo della Macchina da Scrivere che si ritagliò un posto importante nel panorama culturale di Milano ricevendo il patrocinio comunale. Nel lustro che ricade tra l'apertura dei battenti fino al giorno d'oggi, innumerevoli persone, comitive e scuole hanno avuto modo di varcare, rigorosamente a titolo gratuito, la sua soglia e accedere nel mondo cui il signor Umberto ha voluto dare spolvero e che ripercorre con grande padronanza narrativa. E viene raccontato un po' di tutto, storie e curiosità, ma soprattutto di quel tanto amato - da alcuni rimpianto - "tic", che si librava nell'aria a ogni lettera colpita e che accompagnò per parecchi decenni la stesura di testi.

Maurizio Zanoni

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