Il podestà Gozzadini: l’uomo che sfidò nobili e clero. Il suo progetto più ambizioso fu la creazione della prima Darsena
Milano, Novembre 1257, un omicidio barbaro, una città in tumulto. Chi era davvero Benno de Gozzadini e perché la sua morte ha scatenato una spirale di vendette che durarono per decenni? La storia dell'assassinio del podestà di Milano, tra complotti, potere e violenza.
Le origini
La chiamata a Milano
Ciò che emerge con certezza è la sua crescente reputazione
come esperto di amministrazione fiscale, tanto da essere chiamato nel 1254 a
Milano per riorganizzare il sistema impositivo della città. Tuttavia, il suo
lavoro a Milano non fu accolto con favore unanime. Le cronache dell’epoca
parlano di lui come di un "virum pestiferum," (uomo pestifero)
colpevole di introdurre tasse gravose, una "pestilentia" (pestilenza)
per i cittadini milanesi.
Il Comune di Milano gli assegnò, dal 1255 fino al 1256, la
gestione delle tasse del fodro, che venivano pagate dai cittadini sotto forma
di cibo e foraggio, e la gestione delle condanne in materia di stima dei
terreni, incarico che implicava un ulteriore esercizio di potere
giurisdizionale.
Una delle misure principali fu il completamento del catasto
dei terreni, iniziato da Pagano Della Torre e proseguito dal nipote Martino.
Ma il suo lavoro provocò un risentimento diffuso, in
particolar modo tra i popolani, che vedevano in Benno il volto di un sistema
oppressivo.
La nomina a Podestà
Fu nel 1257, però, che Benno raggiunse il culmine del suo potere, venendo scelto come podestà di Milano. La sua nomina rivela quanto la questione fiscale fosse al centro delle tensioni politiche dell’epoca. In questo ruolo Gozzadini fu il protagonista indiscusso dell’evoluzione del sistema fluviale milanese, capace di intuire che il commercio ed il transito delle merci avrebbero potuto rappresentare una svolta epocale per la città, tanto dal punto di vista economico quanto culturale.
Partendo da queste considerazioni, Gozzadini avviò una serie di opere finalizzate ad aumentare la navigabilità di quello che sarebbe diventato il Naviglio Grande. Il suo progetto più ambizioso fu la creazione della prima Darsena di Milano, un’impresa che richiese un significativo sforzo finanziario, tanto che la città fu costretta ad indebitarsi pesantemente per realizzarlo. Gozzadini, tuttavia, non si limitò a pensare a come costruire l’opera, ma anche a come ripagare i costi di questa ambiziosa iniziativa.
La sua proposta, audace per l’epoca, fu quella di tassare
i terreni dei nobili e della Chiesa, un gesto che avrebbe dovuto ridurre il
peso fiscale sui cittadini e al contempo garantire le risorse necessarie per
completare i lavori.
Le tensioni tra popolani e nobili
La proposta fu accolta favorevolmente dal popolo ma, come è
facile immaginare, non da clero e nobili. In città, in un clima politico già
teso, nel luglio del 1257 si giunse ad un punto di rottura. Le tensioni, a
lungo accumulate, esplosero in seguito ad un atto di violenza che fece
precipitare la situazione. Un nobile di nome Guglielmo da Landriano, gravato da
pesanti debiti verso un popolano, tale Guglielmo da Salvo, scelse di risolvere
la questione con la forza: lo uccise.
Questo omicidio suscitò un'ondata di indignazione tra la
popolazione, che portò i popolani a sollevarsi in massa contro i nobili. Le
strade della città si riempirono di manifestanti e, sotto la minaccia di
un’insurrezione, l'arcivescovo e i nobili non ebbero altra scelta che
abbandonare precipitosamente Milano. Nei giorni successivi, il conflitto si
diffuse dalle mura cittadine al contado circostante, dove si verificarono
violenti scontri tra i popolani e le forze nobiliari, quest'ultimi sostenuti da
Como. L’intera regione si trovò sull'orlo di una guerra civile, con Milano a
fare da epicentro di un tumulto che minacciava di devastare l'equilibrio di
potere locale.
Ad agosto, quando la tensione raggiunse un livello
insostenibile, fu grazie alla mediazione delle città guelfe della Lombardia che
si riuscì a negoziare una tregua. Questo accordo provvisorio permise ai nobili
di rientrare in città, ma solo a condizione di una ripartizione più equa delle
cariche pubbliche e dell'accettazione, anche da parte loro, delle nuove norme
sull'imposizione fiscale. Tuttavia, il compromesso era fragile e non risolveva
le profonde divisioni che attraversavano la società milanese.
Il 26 novembre 1257, il Consiglio generale del Comune si
riunì sotto la presidenza di Gozzadini, il quale, insieme ai consoli della
Credenza di S. Ambrogio (gli artigiani) e della Motta (i mercanti), deliberò
una serie di misure radicali. Queste imposizioni miravano a forzare il clero
milanese a pagare le tasse che erano state stabilite nei suoi confronti.
La campagna diffamatoria
Gozzadini ebbe quindi l'ardire di scontrarsi con uno degli
attori più potenti del tempo: il clero. Le sue politiche, seppur animate da
intenzioni modernizzatrici, suscitarono profonde resistenze tra i nobili e gli
ecclesiastici. Le tensioni sfociarono in una vera e propria rivolta,
orchestrata abilmente dai suoi nemici, che ricorsero ad ogni mezzo per
screditarlo.
All'epoca, i mezzi di comunicazione di massa non esistevano,
ma le accuse diffuse contro Gozzadini ebbero una portata devastante. In
un’epoca dove il potere della parola e delle dicerie era in grado di
distruggere reputazioni, si scatenò quella che oggi potremmo definire una
"campagna di fake news". Le voci che correvano per le strade di
Milano erano taglienti come spade: c’era chi accusava il Podestà di sperperare
denaro pubblico in progetti faraonici, mentre altri sostenevano che avesse intascato
tangenti per la costruzione delle opere. Una "Tangentopoli"
medioevale che, pur priva delle prove necessarie, bastò a minare la sua
autorità.
Le accuse non si fermarono alla mera calunnia. Il Podestà
venne trascinato in tribunale e, sotto la pressione di una giustizia che
risentiva delle influenze del clero, fu giudicato colpevole di concussione. La
sentenza fu pesante: 4.000 lire di denari imperiali, una somma che Gozzadini
non riuscì a pagare. Il verdetto sancì, di fatto, la sua caduta, ma non fu
questa la peggiore delle punizioni.
La tragica fine
La sorte del Podestà si decise nelle strade di Milano, dove
il risentimento popolare, abilmente fomentato dai suoi nemici, sfociò in
violenza. Era il novembre del 1257 quando, accanto alla chiesetta di San
Cristoforo, il corpo senza vita di Gozzadini venne ritrovato nelle acque del
Naviglio. Le cronache raccontano con macabro dettaglio la sua fine: il Podestà
fu trascinato fuori dalla sua casa da una folla inferocita, picchiato a morte e
infine gettato nel canale. Il Naviglio, la stessa opera idraulica per cui tanto
si era speso, divenne la sua tomba.
Le ripercussioni
L’assassinio del Podestà provocò un'inevitabile escalation di violenza tra il Comune di Bologna, di cui Gozzadini era originario, e quello di Milano. Bologna reagì con fermezza: i figli del Podestà ottennero il diritto di rappresaglia contro i cittadini milanesi. In risposta, diverse persone vennero catturate e spogliate dei loro beni. La faida si allargò rapidamente, coinvolgendo anche i Comuni della Romagna, che a loro volta concessero lo stesso diritto di rappresaglia. Da questo intreccio di vendette incrociate, si sviluppò una spirale di ritorsioni che si protrasse per oltre quattro decenni.
La situazione si risolse solo nel 1298, quando Ottolino da Mandello, allora
Podestà di Bologna, decretò la fine di questa catena di violenze e
rivendicazioni. Il lodo di Mandello chiuse formalmente una delle pagine più
turbolente della storia dei rapporti tra Milano e Bologna, ma il ricordo di
Gozzadini e del suo drammatico destino rimase impresso nella memoria collettiva
come simbolo delle lotte intestine che dilaniavano le città-stato italiane nel
Medioevo.