Nascita, crescita e agonia del Bosco del Caregione: trent'anni di storia naturalistica. Silvio Pirovano spiega come ripristinare l’ambiente in sei mosse

Purtroppo mentre il bosco cresceva il paesaggio agricolo lentamente ma inesorabilmente degradava.
Leggendo il progetto “Enjoy Carengione” è subito evidente che si parla quasi esclusivamente di aumentare la frequentazione attraverso sentieri di varia natura

Sentieri nel Carengione

Sentieri nel Carengione

Per fare delle considerazioni naturalistiche sul Parco naturale del Carengione non si possono slegare i circa 10 ettari di bosco dal  contesto agricolo che circonda l'area per centinaia di ettari.

Agli inizi degli anni 90 l'ambiente prevalentemente agricolo “tradizionale” era percorso da una fitta rete di canali irrigui affiancati da alberature e siepi che spesso davano vita in aree marginali a piccoli boschetti composti principalmente da pioppi, salici, aceri campestri, sambuchi, biancospini e sanguinelli. Alcuni fontanili garantivano una presenza costante d'acqua limpida e fresca.

Nonostante le cattive frequentazioni e una presenza di piccole discariche di varia natura, le presenze faunistiche erano interessanti e diversificate...ora si direbbe “di interesse comunitario”.

Particolarmente significativa era  la presenza di mammiferi come la puzzola e la donnola; di uccelli come il torcicollo, l'averla piccola e l'allodola; di rettili come la natrice tessellata e il colubro di

Esculapio; di anfibi come i tritoni e il rospo smeraldino. Con gli inizi del 2000 gli interventi del Parco Sud hanno consentito la  bonifica dell'area e successivamente sono iniziati i primi interventi di forestazione che hanno portato alla creazione del bosco attuale.

Purtroppo mentre il bosco cresceva  il paesaggio agricolo lentamente ma inesorabilmente degradava. Le nuove necessità colturali hanno portato alla scomparsa quasi totale dei fontanili mentre la rete irrigua è stata completamente smantellata inchinandosi alle necessità dell'agricoltura intensiva. I filari e  le siepi che accompagnavano le rogge sono state eliminate quasi totalmente in pochi anni, portando conseguentemente alla rarefazione della fauna caratterizzante di questi ecosistemi. I lavori di modifica hanno anche portano alla distruzione di  splendidi manufatti in granito e in cotto che regolavano magistralmente l'acqua per irrigare i campi.

Parallelamente, l'unico fosso che si diparte da uno pseudo-fontanile circondato da alberature compatte ha dato il via, nella sua parte terminale, a una discarica permanente di plastiche di varia natura e rottami arrugginiti (persino una roulotte!) originatasi dalla “gestione” di una miriade di orti abusivi, dove baracche fatiscenti e altre masserizie di natura indefinita sovrastano insalatine e zucchine. Ad oggi, l'erosione del bosco e dei filari residui continua imperterrita: i vomeri dei trattori arrivano a pochi centimetri da alberi e cespugli, tranciando fastidiose radici che toglierebbero spazio vitale al mais chimico. Ed ecco che arriva  la festa di primavera 2021: un primo regalo al bosco è l'ingresso di ruspe che aprono comode piste forestali per asportare tutti i cespugli di rovo possibile per poi eliminare buona parte dei vecchi e maestosi alberi presenti. Anche il forestale meno esperto e forse anche un bambino dell'asilo  sa che i lavori di taglio e asportazione di prodotti legnosi e arbustivi e in genere tutti gli interventi forestali, devono essere compiuti solo fuori dal periodo vegetativo per non provocare danni alla copertura arborea e per non compromettere la riproduzione della fauna forestale. Sempre un forestale poco esperto sa che conservare le “specie secondarie” come il rovo ha riflessi positivi sull'intero habitat. Ogni bosco deve ospitare le specie spontanee di quell'ambiente, infatti ogni specie arborea arbustiva ed erbacea, singolarmente o associate, svolgono interazioni importanti nei cicli biogeochimici dell'ambiente.

Lo stesso approccio vale per grandi e vecchie piante che spesso sono l'unico rifugio e sito riproduttivo per pipistrelli forestali, rapaci notturni o picchi di diverse specie. Si pensi che il 30% degli uccelli boschivi è fortemente condizionato dalla presenza di grandi alberi o alberi deperienti.

Naturalmente è inutile ribadire la loro importanza (vivi, morti o moribondi) per tutta l'economia e gli equilibri del bosco. Da non trascurare l'impatto delle nuove piste forestali aperte per il disbosco (ci passa comodamente un autobus) che integrandosi con la già fitta rete di sentieri aumenteranno e faciliteranno la penetrazione anche nei luoghi più tranquilli e riservati del bosco. Tutta l'area è frequentata sempre più assiduamente da umani con cani, raramente al guinzaglio, che avranno modo di arrecare ulteriori problemi alla fauna forestale.

Leggendo il progetto “Enjoy Carengione” ovvero: apprezza, godi, divertiti o gioisci del Carengione è subito evidente che  si parla quasi esclusivamente di aumentare la frequentazione attraverso sentieri di varia natura, percorsi ciclabili e di jogging. Tutto ciò  arredato con  staccionate, ponticelli, casette, fontanelle e un  po' di bacheche didattico-informative, confondendo la valorizzazione e riqualificazione con un semplice progetto di arredo, dimenticandosi di valutare l'impatto che tali interventi potrebbero avere sulla vegetazione e sulla fauna.

Si può affermare che dopo trentanni di osservazioni della fauna e nonostante la positiva presenza del bosco che ha diversificato l'ambiente, si è innescato un  inesorabile processo di “banalizzazione” delle presenze. Sono gradualmente scomparse diverse specie indicatrici della buona salute ecologica, facendo prevalere specie autoctone più adattabili e sopratutto quelle esotiche invasive. Questo processo potrebbe  essere mitigato o addirittura  invertito con alcuni semplici, ma sostanziali interventi di ripristino ambientale:

1.Recuperare alla loro funzionalità alcuni fontanili per garantire un permanente afflusso di acque che andrebbero  ad alimentare una piccola rete di canali e rogge.  Flora e fauna tipica di ditali ambienti ri-colonizzerebbero spontaneamente le aree ripristinate. Per alcune specie più delicate potrebbero essere avviati progetti di reintroduzione.

2.Ripristinare filari e siepi longo fossi, canale e percorsi ciclo pedonali(già presenti), per favorire l'interconnessione interna, ma anche con le aree agricole e naturali esterne.

3.Aumentare la superficie del bosco e/o favorire la naturale espansione per frenare o contenere fenomeni erosivi.

4.Creare nuovi ambienti quali ad esempio zone umide con acqua laminante per favorire l'insediamento di diverse specie di carice, giunco e altra vegetazione igrofila. É' inutile sottolineare che la diversificazione ambientale porterebbe positive ripercussioni su tutta la zona , aumetando la biodiversità complessiva.

5.Concentrare le attività di fruizione esclusivamente lungo la pista che collega le frazioni di Bettola, Mezzate e S. Bovio. Sussidi didattici e informativi potranno essere collocati agli ingressi/uscita.  Siepi  e filari saranno anche strumenti utili per “canalizzare” i frequentatori, garantire la sicurezza, impedire una eccessiva divagazione dall'itinerario dei troppi sentieri che solcano tutta la zona e offrire stimoli conoscitivi.

6.Bonificare  l'area degli orti abusivi (frazione Bettola)  provvedendo ad un suo recupero all'interno del programma di ripristino dei filari.

Naturalmente una collaborazione tra i gestori dei fondi agricoli, il Parco Sud e il Comune di Peschiera Borromeo faciliterebbe la realizzazione  degli interventi sopra proposti, anche perchè rientrano nelle possibilità di accesso ai fondi comunitari, sia in campo agricolo che ambientale. Sicuramente il Parco Sud con i suoi tecnici ed esperti, che conoscono le dinamiche dei boschi e degli ambienti agricoli, avranno progettato interventi che affrontano i problemi di gestione ad ampio respiro e non solo negli “angusti confini” di 10 ettari di alberi, radure e sentieri. Naturalmente le premesse non sono proprio allettanti ma è utile sperare che tra poco ruspe e motoseghe vengano sostituiti da strumenti più consoni al miglioramento ambientale. Picchi, ghiandaie, scriccioli e capinere per ora non ringraziano!

Silvio Pirovano