Peschiera, via Galvani, anche Giuseppe Frison uno dei più grandi esperti mondiali di pioppicultura, boccia l’abbattimento dei 240 alberi

Per il ricercatore dell’ex Istituto di Sperimentazione per la pioppicoltura di Casale Monferrato (AL), l’unica cura è la corretta manutenzione. Leggiamo insieme la Relazione inviata alle "Donne degli alberi"

Giuseppe Frison

Giuseppe Frison

Giuseppe Frison dottore agronomo e ricercatore in pensione dell’ex Istituto di Sperimentazione per la pioppicoltura di Casale Monferrato è un vero e proprio punto di riferimento nella pioppicultura. Ha prodotto numerosi studi sull’argomento e interpellato da alcuni peschieresi ha fatto pervenire al Comitato delle “Donne degli alberi”, una relazione sui dati della perizia eseguiti dai tecnici incaricati dal comune di Peschiera Borromeo, dr. Marco Giorgetti e dr. Raffaele Orrù. Il ricercatore contesta l'approssimazione dei dati e le opere da svolgere sui filari di pioppi in via Galvani: «La prima cosa che ho notato – scrive l’esperto Frison - è che gli autori nelle loro descrizioni non precisano il numero degli alberi esistenti, né quanti ne sono stati piantati per cui non si conosce il numero delle fallanze. Tanto meno si conoscono le cause che hanno provocato queste fallanze mentre, a mio parere, sarebbe utile conoscere quante piante sono state messe a dimora, quante ne sono morte per mancato attecchimento, se ci sono state delle sostituzione e, soprattutto, quante piante (sul totale) sono state stroncate o divelte dai fortunali che si sono verificati nel corso degli ultimi 15 anni o almeno nell’ultimo decennio. Questi dati mancano perché nei loro ragionamenti spesso non introducono precisi elementi di valutazione quantitativa. Ad esempio si dice (pag.6) che nel corso degli anni si è assistito a diversi crolli di esemplari …. e che, quindi, sono presenti alcune fallanze lungo il viale; inoltre la figura 3 (pag. 6) mostra il sollevamento della pavimentazione in asfalto da parte di una radice ma non si dice quante sono le piante sul totale che presentano radici che hanno sollevato l’asfalto. E ancora. Tra i fattori limitanti che sono alla base della criticità viene posta l’attenzione sulle caratteristiche del suolo e sullo sviluppo dell’apparato radicale nell’ambito della pista ciclabile e all’interno dell’aiuola. Si legge (pag. 5) che il terreno è ricco di scheletro e di inerti (ma non si quantifica) , che “l’apparato radicale si è sviluppato in maniera superficiale (tra l’asfalto e il massello in cemento), senza approfondirsi, a causa dell’estrema compattezza del suolo. In corrispondenza dell’aiuola le radici si sono approfondite maggiormente (massimo 50 cm) ma si evidenziano comunque forti fenomeni di compattazione”. Mi piace ricordare un dato che mi è stato riferito dal Sig. Spreafico e cioè che i pioppi cipressini del doppio filare in questione non sono mai stati irrigati, nemmeno con qualche intervento di soccorso nelle annate più siccitose, e si potrebbe ricordare l’estate 2003, quella del 2012 e del 2017. Gli autori della Relazione, in fondo a pag. 4 scrivono: “Dal punto di vista dimensionale gli alberi presentano altezze variabili fra i 15 e i 25 m e sono disposti ad una distanza di 7 m l’uno dall’altro, andando a formare una cortina arborea continua. Dal punto di vista vegetativo essi mostrano una buona vitalità e all’esame visivo non si riscontrano problematiche di carattere fitosanitario di rilievo”. Dunque in una situazione in cui “le caratteristiche del suolo sono poco favorevoli”, dove le radici non si sono approfondite “a causa dell’estrema compattezza del suolo” e dove, nelle migliori condizioni “in corrispondenza dell’aiuola le radici hanno raggiunto al massimo la profondità di 50 cm” gli alberi, senza alcun intervento irriguo di soccorso, sono sani e vigorosi e svettano fino ad arrivare ad una altezza di 26 m. Ciò significa che l’alimentazione idrica degli alberi è stata garantita con continuità e questo fatto si spiega con la buona funzionalità radicale (malgrado i limiti attribuiti al substrato dai due relatori), di radici in gradi di raggiungere l’acqua di falda a profondità ben superiori ai 50 cm (limite di estensione affermato dalla relazione), falda comunque accessibile alle radici dei pioppi. Gli alberi infatti non manifestano fenomeni di disseccamento della parte apicale dei rami, sintomi di stress idrici, nonostante non siano, ripetiamolo, mai stati irrigati, nemmeno con interventi di soccorso. Non dobbiamo dimenticare che i pioppi in questione sono ubicati in un luogo situato in area di risorgive …..
Non mi convince il progetto di abbattere il duplice filare di pioppi e di sostituirli da un lato con alberi di Fraxinus oxycarpa e dall’altro una siepe di Carpinus betulus, per motivi sia di ordine ecologico che paesaggistico. Sul piano ecologico occorre dire che il pioppo nero è una specie pioniera che si insedia spontaneamente nei sedimi di nuova formazione, cioè in suoli non evoluti, nei quali il processo di pedogenesi inizia a svolgersi lentamente proprio grazie alla presenza di quest’albero. Essendo dotato di elevata rusticità, vegeta con successo anche nei suoli più poveri, con tessitura sabbiosa, purché dotati di falda idrica raggiungibile dalle radici. Grazie al suo apparato radica molto robusto, è ritenuto molto adatto per costituire cortine frangivento a difesa delle colture agrarie in molti paesi del mondo, Argentina compresa. Il suo portamento colonnare, determinato dalla disposizione dei rami che si sviluppano mantenendosi appressati al tronco, gli conferisce un habitus del tutto particolare e di speciale valore paesaggistico. In Francia è stato introdotto dall’Italia nel 1745 e fu piantato nei pressi di Montargis, lungo il canale di Briare, per poi è diventare l’albero emblematico dei filari allineati lungo i fiumi, i canali e le strade. Sotto il regno di Napoleone ha ornato i viali della circolazione per tutto il 19esimo secolo. Il successo in Francia fu clamoroso e dai francesi è stato denominato peuplier d’Italie. Alla sua ampia diffusione in Lombardia , si ispira il termine con cui gli inglesi sin dal settecento amano chiamare il nostro pioppo cipressino: “Lombardy poplar”. Sostituire la rockstar dei nostri alberi ornamentali, ritenuto dagli stranieri l’emblema vegetale del nostro Paese, con un Fraxinus oxycarpa dal portamento completamente diverso ed esteticamente di minore impatto visivo significa, secondo la mia modesta opinione, introdurre una nota stonata nel paesaggio lombardo. Per quanto riguarda le problematiche di carattere gestionale – conclude il ricercatore - e legate alla sicurezza di beni e persone, anche nel caso specifico ritengo si possano adottare le misure che vedo spesso applicate a questi alberi, consistenti in interventi periodici di potatura, da eseguirsi indicativamente come appare dalle fotografie sottostanti».
Foto scattata l’8 maggio 2015 - Foto scattata il 3 giugno 2015

Foto scattata l’8 maggio 2015 - Foto scattata il 3 giugno 2015 Queste piante sono state messe a dimora a metà degli anni novanta del secolo scorso, sono state potate la prima volta nel 2009 e la seconda volta nel 2015. Con la potatura l’altezza totale delle piante è stata ridotta a una quindicina di metri. Dopo la potatura, fatta durante la fase di riposo tra febbraio e la prima metà di marzo, la ripresa della vegetazione è stata vigorosa tanto da ricostituire la chioma nel giro di pochi mesi. Si noti che la chioma di questi alberi è costituita da rami coetanei sani e vigorosi.

Foto scattata il 19 luglio 2020 (ormai è ora di intervenire nuovamente)

Foto scattata il 19 luglio 2020 (ormai è ora di intervenire nuovamente) Per quanto riguarda il sollevamento dell’asfalto da parte delle radici superficiali, una volta quantificata l’entità del fenomeno si potrà meglio stabilire quali sono le modalità di intervento più adeguate.

Foto scattata il 19 luglio 2020 (ormai è ora di intervenire nuovamente)

Foto scattata il 19 luglio 2020 (ormai è ora di intervenire nuovamente) Per quanto riguarda il sollevamento dell’asfalto da parte delle radici superficiali, una volta quantificata l’entità del fenomeno si potrà meglio stabilire quali sono le modalità di intervento più adeguate.