Raffaele Brattoli al Race Roving 2014, la durissima corsa in Madagascar

Un'altra impresa dell'iron man di Peschiera Borromeo

Inizia l'ennesima avventura, un lungo viaggio che parte da Linate passando per Parigi, Antananarivo (oggi chiamata Tana, la capitale del Madagascar) e arriva ad Antsiranana.
Il ritmo del popolo Malgascio è completamente diverso dal nostro, molto più lento e "distratto", forse anche per poter meglio controllare il calore di questa assolata terra.
Per fortuna prima della partenza della gara abbiamo un giorno di relax a Diego Suarez e ne
approfitto per un ultimo allenamento insieme al mio amico Davide, spingendomi lungo la Costa del nord bagnata dall' Oceano Indiano.
 Sabato 30/8, dopo un controllo minuzioso del materiale obbligatorio, ci trasferiamo al primo campo, dove siamo accolti da donne locali con il viso decorato con fiori bianchi ed altre che danzano in cerchio, a piedi scalzi, movendosi sensualmente.
  Domenica 31/8, al campo denominato Orangea, la sveglia suona presto: sono le 5.00 e la tensione è già altissima. Alle ore 8.00 in punto parte questa lunghissima gara, la  "MADAGASCAR ROVING RACE", 250 km in autosufficienza, scaglionati in 6 parti, rispettivamente di 38/40/46/42/74 e 10 km.
Le prime tappe si svolgono per la maggior parte sulla battigia di sabbia corallina bianca, molto compatta, che mette a dura prova i muscoli delle nostre gambe. La vista però è fantastica: spiagge mozzafiato,  l'acqua del mare che vira dal verde chiaro all'azzurro, fino allo smeraldo intenso. E poi le palme che si adagiano sulla spiaggia cullando il tramonto.
Ma la poesia dura poco: gli 80 km corsi con scarpe e calze bagnate sul bagnasciuga tra le onde, hanno macerato la pelle dei piedi, tanto che già alla metà della seconda tappa sono segnati da profonde vesciche, che mi provocano un dolore paragonabile ad una morsa che stringe fino a stritolare.
Alla fine della seconda tappa, mi rifugio perciò in tenda lasciandomi andare per una mezzora, al fine di recuperare le forze, anche bevendo del succo di cocco ricevuto inaspettatamente all'arrivo.
Il 2/09 parte la terza tappa nella foresta pluviale (così come tutte le tappe seguenti), ricca di vegetazione, con attraversamento di fiumi, risaie e zone fangose, dove si sprofonda fin oltre il ginocchio.
Purtroppo il fango, a contatto con le lacerazioni, contribuisce ad infettare e a far peggiorare i miei piedi ormai malconci, anche a causa di una microfrattura al metatarso (constatata soltanto in seguito). Comunque, stringo i denti e vado avanti sebbene debba ridurre la mia andatura, penalizzando la posizione in classifica.
L'incedere tra giganteschi baobab, manghi lemon (variante al sapore di limone del quale mi sono nutrito lungo il percorso), serpenti coloratissimi e di varie dimensioni, camaleonti, lemuri, coccodrilli, zebù, è meraviglioso. Il nostro sguardo viene rapito, lasciandoci a bocca aperta, così come lo stupore al passaggio nei tanti villaggi malgasci, per quei bambini sempre sorridenti che ci corrono incontro per salutarci e stringerci la mano. Tutto ciò, ci arricchisce  e ci riempie l'anima.
Ci inoltriamo anche nel canyon dove la natura morta della "Stone Forest", fatta di roccia rossa, la fa da padrona, con le sue forme a coni capovolti chiamati "Sharp Tsingy", simili a stalagmiti. Sfiliamo anche tra le canne da zucchero, da dove viene prodotto un ottimo rum e nella savana arida e spinosa dove la temperatura supera facilmente i 40°, mettendoci seriamente in difficoltà.
Ma, dopo tanta fatica, finalmente giungiamo alla tappa finale che si trasforma in una grande festa attraversando la "Ambilobe Town", costeggiata da una lunga fila di malgasci che applaudono con vigore, accompagnandoci fino al traguardo. Lì, a competizione terminata, lo staff della Racing The Planet e alcune donne danzanti mi accolgono con una grossa medaglia da mettere al collo, come premio meritatissimo per un’altra vittoria da archiviare nel mio ricchissimo curriculum di gare estreme.
Raffaele Brattoli