I sogni infranti di Julia |Video|

Julia, 16 anni, una giovane vita spezzata da chi diceva di amarla. Un piano diabolico ed un epilogo tragico. L' omicidio avvenuto nell'Oasi del Carengione a Peschiera Borromeo, ha sconvolto Milano. Chi era Julia Calzoni Sforza? Dove è avvenuto il suo omicidio? Come è stata scoperta la verità? Quali prove hanno incastrato i colpevoli?

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Era una ragazza dal nome altisonante, Olga Julia Calzoni Sforza, ma per tutti era semplicemente Julia. Il suo nome richiamava un'epoca lontana, quella dei suoi antenati, gli Sforza, signori di Milano. E come in una fiaba moderna, Julia, cresciuta tra i lussi di un palazzo nobiliare in corso Venezia, sognava forse un futuro altrettanto romantico. Ma il destino aveva in serbo per lei un tragico epilogo.

Julia, nata nel settembre del 1959, aveva solo 16 anni quando incontrò la morte. Era una ragazza studiosa, riservata, frequentava il liceo scientifico Volta, un istituto per figli dell'alta borghesia milanese. Cresciuta in un ambiente protetto, dove era difficile immaginare il pericolo, Julia era una giovane donna d'altri tempi: appassionata di danza classica, con poco interesse per la politica, e sempre dedita allo studio. Viveva una vita priva di quelle che all'epoca venivano considerate "cattive compagnie". 

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Il lato oscuro di Giorgio, l'amore proibito di Julia

Nonostante il contesto protetto in cui viveva, anche Julia, come molte ragazze della sua età, si innamorò. L'oggetto del suo affetto era Giorgio Invernizzi, un giovane di ottima famiglia, studente di Medicina. Apparentemente, Giorgio sembrava la scelta perfetta: proveniva da una famiglia rispettabile, con un padre commercialista e una madre insegnante. Tuttavia, sotto questa superficie rispettabile si nascondeva una realtà molto più oscura.

Giorgio non era un comune studente di Medicina. Il suo passato scolastico raccontava una storia diversa: si era diplomato in un istituto di recupero anni scolastici, noto per accogliere studenti problematici, molti dei quali simpatizzanti dell'estrema destra. Questi giovani, noti come "sanbabilini", erano tristemente famosi per le loro tendenze violente, inclini a pestaggi ed atti d’intimidazione. Nonostante questo, la famiglia di Julia vedeva in Giorgio e nel suo inseparabile amico Fabrizio De Michelis, due ragazzi perbene, dediti a valori tradizionali come la patria e la famiglia.

La storia d’amore tra Julia e Giorgio iniziò nel 1974, quando lei aveva solo 14 anni e lui 19. Tuttavia, questa relazione non era il sogno romantico che Julia aveva immaginato. Giorgio si dimostrò presto freddo e distante, più interessato alle sue passioni – come il tiro al bersaglio e le arti marziali – che a lei. Nonostante ciò, Julia, con il cuore di una giovane innamorata, continuava a sognare un futuro insieme a lui. Ma Giorgio, stanco della relazione, la lasciò. Julia ne soffrì profondamente, tanto da non riuscire a farsene una ragione. Riempì pagine di diario con fantasie romantiche, sognando prati pieni di fiori e un mondo dove esisteva solo l’amore.

Dal sogno all'incubo

Ma un giorno, senza preavviso, Giorgio si rifece vivo. Dopo settimane di silenzio, la chiamò proponendole un incontro, a patto che Julia mantenesse il segreto. Lei, felice per il ritorno dell'amato, accettò subito e, con grande cura, si preparò per quell’appuntamento. Si sistemò i capelli, si vestì con eleganza e si truccò con attenzione, pronta a riabbracciare Giorgio.

Nel pomeriggio del 26 marzo 1976, Julia uscì di casa a Milano per incontrare il ragazzo. Quando Giorgio arrivò a prenderla, attese fuori casa, senza salire, accompagnato dall'amico Fabrizio. Julia, seppur sorpresa dalla presenza di quest'ultimo, li seguì. Giorgio e Fabrizio avevano elaborato un piano diabolico: volevano sequestrare Julia per chiedere un riscatto di 400 milioni di lire. Ma il loro piano prevedeva anche l’omicidio della ragazza, indipendentemente dal pagamento del riscatto.

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L'omicidio

Il piano dei due giovani si basava su una bugia crudele. Una volta raggiunta una zona isolata nei pressi del bosco del Carengione, vicino Peschiera Borromeo, tirarono fuori un registratore portatile e chiesero a Julia di registrare un messaggio per la famiglia, fingendo di essere stata rapita. Julia si mostrò inizialmente riluttante, ma dopo molte insistenze accettò. Tuttavia, subito dopo chiese che la registrazione fosse cancellata. A quel punto, i due ragazzi le svelarono il loro piano, promettendole che sarebbe rimasta nascosta solo per qualche giorno. Julia capì di essere in pericolo e chiese di essere riportata a casa. Di fronte al suo rifiuto, i due la minacciarono con le pistole.

Julia tentò di fuggire, ma i tacchi alti che indossava le fecero perdere l'equilibrio, facendola cadere a terra. Fu raggiunta dai suoi aguzzini che la colpirono ripetutamente con una sbarra di plastica rigida. Infine, le spararono quattro colpi di pistola, colpendola al collo, al volto e al fianco.

Dopo aver compiuto l’omicidio, Giorgio e Fabrizio tornarono tranquillamente a casa di Fabrizio, dove cenarono come se nulla fosse accaduto. 

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Le indagini

Ma quella stessa sera, la madre di Julia, insospettita dall'assenza della figlia, si recò da loro per chiedere se avessero visto Julia. I due, senza alcuna esitazione, negarono di averla incontrata. Il mattino seguente, il corpo di Julia fu ritrovato da un passante che portava a spasso il cane nel bosco tra l’Idroscalo e Peschiera Borromeo. Il cadavere, sfigurato dalle percosse e dai colpi di pistola, era quasi irriconoscibile. Le prime notizie riportarono che si trattava di una donna di almeno 30-35 anni, ma poco dopo il corpo fu identificato come quello di Julia. La famiglia, che aveva denunciato la scomparsa della ragazza, apprese la tragica notizia da un amico di famiglia, funzionario di polizia.

Giorgio e Fabrizio furono inizialmente convocati come testimoni, ma le loro dichiarazioni contraddittorie e confuse li trasformarono presto in sospetti. Durante gli interrogatori, i due giovani iniziarono ad incolparsi a vicenda, offrendo versioni dei fatti sempre più fantasiose. Fabrizio arrivò a dichiarare che Julia era caduta accidentalmente e che lui le aveva solo dato dei colpetti con una sbarra di plastica per "scherzo". Giorgio, invece, affermò che il colpo di pistola era partito accidentalmente mentre cercava di fermare Fabrizio.

Nonostante i loro tentativi di confondere le acque, le prove raccolte dagli investigatori erano schiaccianti. 

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Il processo e l'ergastolo

Durante il processo, che attirò una grande attenzione mediatica, i due cercarono di dipingersi come malati di mente, dichiarando di essere abituali consumatori di droghe. Tuttavia, le analisi smentirono queste affermazioni, dimostrando che non avevano assunto droghe in quantità significative.

Il processo si concluse con la condanna all’ergastolo per entrambi. Giorgio e Fabrizio, ormai riconosciuti come colpevoli, furono condannati in primo grado, con la sentenza confermata in Appello e definitivamente in Cassazione nel 1983.

Questo brutale omicidio sconvolse non solo la famiglia di Julia ma tutta la Milano bene degli anni '70, evidenziando come il male potesse annidarsi anche negli ambienti più insospettabili. Dopo oltre 40 anni di detenzione, i due ottennero accesso a pene alternative, come la semilibertà e la possibilità di lavorare fuori dal carcere. Tuttavia, le loro tracce si persero nel tempo, e oggi è difficile stabilire cosa sia accaduto loro dopo la prigione.

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Julia, vittima del suo stesso cuore

Julia scriveva poesie e lettere, pagine intrise di passione e speranza, dedicate proprio a colui che le ha strappato brutalmente la vita, ed amava, con tutta sé stessa, come solo i giovani sanno fare, credendo che l’amore potesse guarire ogni ferita. Non avrebbe mai potuto immaginare che sarebbe stato proprio quell’amore a toglierle il respiro per sempre.
Stefano Brigati

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