Il giallo di Somma Lombardo

Una tranquilla serata invernale si trasforma in un incubo a Somma Lombardo: Gianluca Bertoni, un giovane di 22 anni, scompare misteriosamente. Il suo corpo verrà ritrovato solo settimane dopo, segnando l'inizio di un intricato caso irrisolto che ancora oggi lascia molte domande senza risposta.

La scomparsa.

La sera del 7 dicembre 1990 a Somma Lombardo, un tranquillo paese del Varesotto, la vita di un giovane di 22 anni, Gianluca Bertoni, cambiò tragicamente per sempre. Un ragazzo descritto da tutti come limpido e senza ombre, Gianluca conduceva un'esistenza serena, dedicata agli studi in Veterinaria, alla famiglia e alla sua fidanzata Barbara. Quella sera, come tante altre, salutò il padre Giancarlo e si diresse verso casa della sua fidanzata. Ma Gianluca non arrivò mai a destinazione.
Barbara, che aspettava impaziente il suo arrivo, udì il rumore di un'auto fermarsi davanti casa, ma quando scese in strada non trovò nessuno. Da quel momento, iniziò un incubo senza fine per la famiglia Bertoni e per l’intero paese. Gianluca scomparve senza lasciare traccia, inghiottito nella gelida notte.

Un rapimento?

Gli investigatori ipotizzarono subito un rapimento, in un'epoca e in una zona dove la ‘ndrangheta era tristemente nota per sequestri e altre attività criminali. Tuttavia, la famiglia Bertoni non credeva a questa ipotesi, convinta che non ci fosse nulla nella vita del figlio che potesse giustificare un tale crimine. Ma senza indizi concreti, non restava altro che aspettare un segnale.
Il primo inquietante segnale arrivò il 12 dicembre 1990, quando l'auto di Gianluca, una Opel Kadett, venne ritrovata carbonizzata in una zona di campagna tra Sesto Calende ed Angera. Un amico del giovane riferì di aver visto Gianluca quella sera, seduto sul lato passeggero della sua auto, mentre a bordo vi erano due individui non identificati, uno dei quali guidava la vettura. Gianluca, insolitamente, non rispose al saluto dell’amico, girandosi dall’altra parte.

La pista della malavita.

Quasi un mese dopo, il 12 gennaio 1991, il mistero si fece ancora più cupo. Il cadavere di Gianluca venne ritrovato nel lago Maggiore, racchiuso in un sacco di plastica nero, incaprettato e con un enorme masso legato al collo. Il medico legale stabilì che Gianluca era stato ucciso con un violento colpo alla testa e poi gettato in acqua. La modalità dell'omicidio, con l’auto bruciata e l’incaprettamento, richiamava immediatamente le esecuzioni mafiose, fatte per punire tradimenti o sgarri. Ma perché un giovane senza legami con il crimine avrebbe dovuto subire una fine così brutale?
Gli inquirenti esplorarono varie piste. Si scoprì che Gianluca frequentava un maneggio dove era solito recarsi anche un noto pregiudicato della zona. Aveva forse visto o sentito qualcosa di compromettente? Oppure era stato coinvolto, suo malgrado, in una vicenda più grande di lui? Nonostante queste ipotesi, nessuna prova concreta emerse per collegare Gianluca ad ambienti criminali.

La riapertura del caso.

Il caso sembrava destinato all’oblio, fino a quando nel 2009, sotto la guida del Procuratore Maurizio Grigo, le indagini furono riaperte. Si analizzò il nastro adesivo che aveva sigillato il sacco con il cadavere di Gianluca. Le impronte digitali trovate sul nastro, benché deteriorate, furono confrontate con quelle di alcuni sospettati, ma senza esito. Ancora una volta, il caso si arenò.
Nel corso degli anni, il mistero si è infittito, con la sparizione di reperti cruciali dal tribunale di Varese e la distruzione di prove che avrebbero potuto fare luce sull’omicidio. Semplice negligenza o un piano preciso per occultare la verità? La famiglia di Gianluca, ancora oggi, attende giustizia, mentre il delitto rimane uno dei misteri più oscuri del Varesotto.
Stefano Brigati
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