Il caso della RSA di Mombretto, 14 sindaci del Sud Est Milano chiedono spiegazioni: «Perché non siamo stati informati?»|Video|

Nella lettera inviata il 23 marzo, si chiede a Regione, ATS Milano, ASST Melegnano Martesana e Direzione sanitaria della RSA di sapere chi siano tutte le persone che per vari motivi sono venute a contatto con gli ospiti della RSA dopo il 23 febbraio

Ancora oggi si portano via altri morti a Residenza Borromea

L’iniziativa, dei sindaci del Sud Est Milano, è destinata a fare molto rumore. Pesanti, precise e circostanziate le accuse e di buon senso le richieste agli Enti superiori e alla Direzione Sanitaria di Residenza Borromea: «Siamo tutti venuti a conoscenza della tragica vicenda della RSA a Mombretto di Mediglia, in cui (N.d.r. 23 Marzo 2020) 52 persone hanno perso la vita. La velocità con cui sono avvenuti tutti questi decessi ha creato in tutte le nostre Comunità un serio sentimento di preoccupazione: perché noi Sindaci non siamo stati informati? Perché le famiglie degli ospiti, i dipendenti, i fornitori non sono stati informati? Una struttura di questo genere ha rapporti complessi con il territorio in cui è insediata, è un nodo delicato e sensibile di moltissime interconnessioni, potenziale acceleratore di diffusione del virus! Cosa è stato fatto per isolare i primi casi sintomatici e per evitare la propagazione del virus fra gli ospiti?».

Domande a cui, fin dal primo giorno che ci siamo occupati della vicenda (10 Marzo 2020), avremmo voluto delle risposte anche noi di 7giorni. Fino adesso le testimonianze che abbiamo raccolto e pubblicato su 7giorni, vanno nella stessa direzione: comunicazioni poco chiare con i famigliari e con gli enti territoriali se non addirittura assenti. In principio la Direzione di Residenza Borromea non ci rispose, poi ci riferì di essere sempre rimasti in contatto con il Comune di Mediglia, salvo poi confermare che il primo comunicato, dove spiegavano la situazione di emergenza, lo hanno recapitato al sindaco Bianchi il giorno 14 Marzo. Quello che realmente è accaduto in quei giorni dal 23 febbraio al 14 marzo 2020 fra Residenza Borromea e Comune di Mediglia non è ancora chiaro, e anche oggi il Sindaco di Mediglia Paolo Bianchi dopo aver ricevuto numerose troupe di tivù Nazionali non ha ritenuto opportuno chiarire a 7giorni i dubbi sulla cronologia precisa degli eventi. Quello che è certo, che le evidenze dei decessi registrati dall’anagrafe municipale di Mediglia, come evidenziato dal sindaco Bianchi non erano in linea con i dati inviati da ATS quotidianamente. Le testimonianze dei famigliari hanno spiegato che alla Residenza Borromea nulla è stato fatto per contenere il contagio. Sintomatici e asintomatici tutti assieme, personale senza i dispositivi di protezione individuale (DPI), e nessun avviso ai parenti per aver frequentato un ambiente con numerose persone contagiate. A tutto questo l’Ufficio legale di Residenza Borromea ci aveva risposto che tutto il personale, da quando hanno avuto evidenza del primo contagio, ha sempre utilizzato i DPI e ha impedito le visite dei famigliari. La data certa del paziente 1, non si sa di preciso, nessuno la vuole rivelare, manco fosse un segreto di sicurezza nazionale, rimane un mistero. Presumibilmente fra il giorno 4 e il giorno 5 di marzo quando è avvenuto il primo decesso di una lunga serie ma è solo un ipotesi. Il fatto sta che abbiamo testimonianze di persone che fino al 3 e al 4 marzo, non solo hanno visitato i loro parenti su appuntamento, ma hanno anche riscontrato che il personale era senza DPI.

La lettera recapitata a Gianfranco Bordonaro (Residenza Borromea srl), Walter Bergamaschi (ATS Milano), Maurizio Bersani (ASST Martesana-Melegnano) e Giulio Gallera (Assessore al Welfare di Regione Lombardia) chiede di colmare le mancate infomazioni che i comuni dell’area hanno ricevuto in queste ultime settimane: «L'impressione, visti i numeri - proseguono i sindaci nel comunicato -, è che non tutti i protocolli e le procedure connesse siano stati rispettati pedissequamente. Da questi sentimenti e queste preoccupazioni nasce questa lettera. In quanto Sindaci dei Comuni limitrofi e in quanto tutori della salute dei nostri territori, sapendo le difficoltà del momento che tutti quanti noi stiamo vivendo, con la presente siamo a dovervi richiedere:
1. L'elenco del personale (sanitario e non) operante all'interno della struttura, indicando e suddividendo ciascuno in base al Comune di residenza; 2. L'elenco delle persone che lavorano come fornitori che hanno avuto accesso nella struttura dal 23 febbraio a oggi; 3. L'elenco di tutte le persone cui è stato consentito entrare dal 23 febbraio, giorno in cui sono state segnalati i primi casi sintomatici a COVID-19. 4.Descrizione della situazione interna riferita a oggi e strategie messe in atto internamente ed esternamente alla struttura per curare le persone infettate e per contenere la diffusione del virus»


Quattro punti di buon senso, dati sensibili necessari a tutelare la salute pubblica che i sindaci del territorio stanno faticosamente proteggendo, dimostrando al di là delle appartenenze politiche di voler perseguire la sicurezza dei loro cittadini prima di ogni altra cosa. «Tutti i dati che verranno messi a nostra disposizione – concludono i 14 sindaci - saranno da noi trattati secondo le vigenti norme sulla privacy. Tutto quanto da noi richiesto serve per superare il clima di timore e sgomento che si è venuto a creare nei nostri singoli Comuni dovuto anche dalla mancanza di informazioni fin qui ricevute relativamente alla gestione del contagio: vogliamo avere certezze nelle risposte da parte di ciascuno di voi perché nessuno abbia a sfruttare in malo modo questa situazione che si è creata presso la RSA di Mombretto, talmente grave che, sarebbe da irresponsabili, trascurare le richieste basilari di cui sopra».
Giulio Carnevale
La lettera inviata il 23 Marzo 2020

La lettera inviata il 23 Marzo 2020

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