La vicenda di Peter Norman, un uomo che ha seguito con coraggio le sue convinzioni pagando un prezzo troppo alto |Gallery|

Al “De Sica” di Peschiera Borromeo una serata di riflessioni ed emozioni grazie alla narrazione potente di Davide Verazzani

La foto storica del 1968

La foto storica del 1968 I velocisti Tommie Smith e John Carlos, durante la premiazione dei 200 metri piani, sollevano il pugno guantato di nero e abbassano il capo per protestare contro le discriminazioni razziali. Peter Norman è medaglia d'argento sul secondo gradino, fermo.

“L’uomo bianco nella foto” per la serie Fatti di Storia all'Oltheatre

È andato in scena domenica 28 ottobre alle ore 20.00 presso il Teatro “De Sica” di Peschiera Borromeo, il primo spettacolo della rassegna teatrale “Fatti di Storia” di e con Davide Verazzani. “L’uomo bianco nella foto”, questo il titolo della pièce teatrale, racconta la vicenda storica di Peter Norman.

Ma chi era Peter Norman? «Un signor Nessuno» lo definisce lo stesso Davide Verazzani… se non fosse che questo signor Nessuno all'età di 26 anni ha vinto la medaglia d’argento dei 200 metri piani alle Olimpiadi di Mexico City nel 1968 – ottenendo anche il record australiano che ad oggi è ancora imbattuto –, salendo sul podio insieme alla medaglia d’oro Tommie Smith e al bronzo John Carlos. Un velocista dunque, uno dei pochissimi atleti australiani che ha ottenuto un risultato tanto importante in un’Olimpiade.

Forse in pochi conoscono il suo nome o ricordano il suo viso… forse perché accanto a lui sul podio i due velocisti statunitensi al momento dell’inno nazionale alzano il pugno chiuso, ognuno indossando un guanto nero, e abbassano il capo. Una protesta silenziosa, un sostegno al movimento di liberazione degli afroamericani che negli Usa si stava muovendo rapidamente grazie all'opera di Martin Luther King e Bob Kennedy ma, ancor prima, di Muhammad Alì e Malcom X. Quattro figure fondamentali per i diritti civili degli afroamericani, che fino a quel momento  erano stati pesantemente discriminati dal punto di vista sociale, politico e legale.

Un gesto di rottura, un’immagine che resterà nella Storia, quella con la S maiuscola, mondiale. Ma cosa c’entrava un signor Nessuno come Peter Norman in tutto questo? C’entrava eccome, perché su quel podio Peter Norman ci salì con una spilla appuntata sul petto, dal lato del cuore. Una spilla con la scritta “Olympic project for human rights” (Progetto olimpico per i diritti umani): organizzazione americana – a cui avevano aderito Smith e Carlos – che si batteva per i diritti civili degli afroamericani in ambito sportivo-universitario e aveva preso le mosse dall'ateneo californiano della San Josè States University.

Una spilla. Peter Norman aveva aderito alla causa degli afroamericani indossando una spilla. Non aveva fatto altro, nessun gesto eclatante. Eppure questo piccolo gesto bastò per far indignare il Comitato olimpico internazionale, i media australiani e la Federazione australiana di atletica. Tornato in patria a Norman venne chiesto di scusarsi per quel gesto. Peter Norman rispose: «Preferirei di no».

Davide Verazzani sul palco, seduto su una semplice sedia, accompagnato soltanto dalla chitarra di Francesco Covelli racconta la storia di quella foto che ha fatto il giro del mondo, ma di cui pochissimi conoscono tutti i retroscena.

La sua narrazione è talmente potente, calata nel contesto di quegli anni, che sembra di vederli – Norman, Smith e Carlos – mentre corrono per le medaglie, mentre si preparano a salire sul podio… e sembra di vederli ancor di più dopo, quando vengono sbattuti fuori dal mondo sportivo. Quanto fatto da Peter Norman entra nel profondo ed emoziona facendo battere più forte quell'organo che sta al di sotto della spilla del Progetto olimpico per i diritti umani, anche se quando si riaccendono le luci la platea si ritrova in sala e non nello stadio di Mexico City e nessuno ha nulla appuntato al petto. Emoziona al punto che chi ha visto in diretta televisiva quell'episodio nel 1968, esce dalla sala con gli occhi lucidi.

È ironico e sferzante Verazzani mentre fa riflettere con i parallelismi forti fra il Ventennio fascista in Italia, la lotta per i diritti civili degli afroamericani, il Nazismo in Germania e il contesto attuale.

7giorni ha chiesto all'autore perché oggi è così importante raccontare questa storia e parlare di diritti civili: «Peter Norman è una persona normale, che ha fatto un piccolo ma fondamentale gesto. Noi oggi viviamo in tempi difficili dove alcuni diritti, per cui milioni di persone sono morte, vengono messi in discussione. Non c’è bisogno di fare cose clamorose per rivendicarli,  basta che ognuno di noi – persone normali – faccia la sua parte. La frase conclusiva dello spettacolo non è casuale, è voluta, perché se ognuno di noi facesse il Peter Norman e dicesse di no; quei no messi tutti insieme diventerebbero un’onda capace di sommergere la minoranza di persone che vuole rinnegare quei diritti per i quali la gente ha combattuto. Per questo motivo Peter Norman è importante, perché è emblematico».

Ma è possibile, oggi, trovare un esempio di qualcuno che è stato capace di dire “Preferirei di no?”: «Posso raccontare un episodio piccolo e personalissimo; io abito dalle parti di via Padova, palazzo problematico in un quartiere problematico, tanti immigrati e persone di nazionalità diversa da quella italiana che a volte hanno difficoltà a capire bene la nostra lingua. A Milano, quando hai dei rifiuti ingombranti da eliminare, li metti davanti al cancello, chiami o scrivi all'Amsa (il gestore della raccolta e smaltimento rifiuti) e loro vengono a ritirarli. Basta scrivere sopra Ritiro Amsa e il giorno concordato. Ma questa cosa bisogna saperla! E molte persone immigrate, vedendo gli italiani mettere fuori dal cancello scrivanie, computer e quant'altro hanno iniziato a fare lo stesso per imitazione. I commenti ovviamente sono arrivati puntuali: “Ah guarda questi, che incivili!”. Poi qualcuno, non so chi, ha avuto l’idea di scrivere il regolamento dell'Amsa in quattro lingue diverse – italiano, arabo, cinese e inglese – e di metterlo nell'androne condominiale. Ecco un Peter Norman! Perché il risultato deve essere “Rimandiamoli a casa loro!”? Ma non si può trovare un modo per stare tutti insieme? Almeno proviamoci! Peter Norman era un signor Nessuno che ha vissuto una vita da dimenticato, quindi i Peter Norman di oggi sono quelli che fanno il loro dovere, che sia lavorativo o civico».

La grande espressività di Verazzani sul palco è capace di trascinare il pubblico per tutta la durata dello spettacolo, coinvolgendolo al punto di farlo sperare che la storia di Peter Norman alla fine avrà una conclusione diversa. Eppure, forse, un finale diverso sarà possibile se noi, tutti noi, signor Nessuno saremo capaci di fare un piccolo, grande gesto anche nel nostro quotidiano. Adesso tocca a noi!
Elisa Barchetta