La discesa sott’acqua, un toccasana per la mente

Dal diario, stavolta, di una aspirante sub - Nona lezione con l’associazione subacquea SeaSub

Corso base “Open Water Diver”

“Non sei in ansia?” mi chiede Zanoni mentre prepariamo la borsa da portare in piscina. No, giovedì era una giornata pesante, i pensieri e le preoccupazioni erano altrove. Quando non sono di buonumore esco di casa e vado a farmi una passeggiata in mezzo ai campi. La pace che sa donare la natura riesce a restituirmi tranquillità. Quella sera avevo l’appuntamento settimanale con Seasub e non vedevo l’ora di essere in acqua per isolarmi e respirare. È la prima volta che mi avvicino a una lezione pratica con questa leggerezza e ammetto, con il senno di poi, che l’approccio è fondamentale. Sarà per le apprensioni del quotidiano o perché settimana dopo settimana familiarizzo con l’ambiente acquatico, ma la sensazione diversa che ha accompagnato il quarto modulo mi ha dato più sicurezza e mi ha fatto comprendere l’esigenza di un sub di immergersi quanto può. In parte, perché la bellezza del panorama marino la scoprirò solo tra due settimane.
Per il quarto giovedì in piscina mi sono ricongiunta al mio compagno e all’istruttrice Evrim, e diciamo pure che tornare a situazioni familiari regala un po’ di forza. Dopo aver montato insieme il gav (giubbotto ad assetto variabile), passo passo, abbiamo imparato a metterlo addosso direttamente in acqua. È bene saperlo fare qualora, in mare al largo, ci si trovasse in difficoltà a vestirsi tutti insieme in una barca dalle dimensioni ridotte. Nessun componente del nostro gruppo ha avuto grossi problemi nel riprodurre questo esercizio, qualcuno invece ha sgambettato e si è contorto più del dovuto per riuscire a indossare la cintura con i pesi. Alla fine però eravamo tutti pronti e tutti sott’acqua. In coppia con Margherita, ho simulato di aver finito l’aria nella mia bombola con la comunicazione gestuale che abbiamo appreso durante le lezioni teoriche, ovvero una mano distesa che, oscillando, “taglia” la gola. La mia compagna mi ha passato il suo secondo erogatore, poi ci siamo afferrate vicendevolmente il braccio per restare unite e, idealmente, salire insieme in superficie. Mentre gli altri davano dimostrazione ad Evrim, ne ho approfittato per togliere l’acqua dalla maschera come ci è stato insegnato. Perché qualche volta capita ancora di respirare con il naso, soprattutto quando non si pensa più a niente. È ciò che cercavo.

Ilaria Patrian