"Milano OltrePop", il nuovo album dell’artista Flavio Oreglio e degli Staffora Bluzer: un encomio alla canzone popolare d’autore milanese

L’autore: «Ascoltandolo potete trovare cuore, affetto, rispetto e riconoscenza ma, se cercate la nostalgia, avete sbagliato indirizzo»

Staffora Bluzer e Flavio Oreglio

Staffora Bluzer e Flavio Oreglio

Flavio Oreglio

Flavio Oreglio

Flavio Oreglio, il famoso canta-attore di Peschiera Borromeo, torna con «Milano OltrePop»: non un classico tributo alla canzone popolare d’autore milanese, ma una vera e propria rilettura e reinterpretazione. L’artista è affiancato da numerose personalità di spicco, ma in particolare, risalta la presenza di Roberto Vecchioni, in una versione inedita di «Stranamore»
Il disco è composto da quattordici tracce di vario tipo, che descrivono Milano ognuna dal suo peculiare punto di vista: vi sono le ballate autoctone, come «La povera Rosetta»; canzoni del cabaret del secondo dopoguerra, come «La canzone intelligente» scritta da Alberto Baldan Bembo, Enzo Jannacci, Cocchi Ponzoni e Renato Pozzetto, o canzoni d’autore degli anni Settanta, in cui Oreglio duetta con altre personalità quali Alberto Fortis, Roberto Brivio, Umberto Faini, David Riondino, Germano Lanzoni, Cochi Ponzoni, Ricky Gianco, Paolo Tomelleri, Enrico Intra, Fabio Treves e Lucio «violino» Fabbri

Il canta-attore, che all’epoca si laureò all’Università degli Studi di Milano in Biologia, è giunto al suo nono album: lo scopo di questo progetto discografico, è quello di valorizzare il patrimonio artistico, culturale e storico della musica delle Quattro Province. Il disco fa parte del secondo step del progetto «Anima Popolare», in collaborazione con la band degli Staffora Bluzer. Grazie a tale progetto, è recentemente nata una collaborazione con la Fondazione Gaber, che è sfociata nella produzione di uno story-telling, «Cabaret: l’Arte Ribelle», realizzato al Piccolo Teatro di Milano, in occasione della manifestazione «Milano per Gaber 2021», in concomitanza con l’uscita dell’album «Milano OltrePop». 

Parlando dell’album, Oreglio afferma: «Ascoltandolo potete trovare cuore, affetto, rispetto e riconoscenza ma, se cercate la nostalgia, avete sbagliato indirizzo: non c’è alcun desiderio malinconico di rievocare i bei tempi andati che ahimè non torneranno più, perché – per usare le parole di Pierangelo Bertoli - i piedi sono sì nel passato ma lo sguardo è dritto e attento nel futuro». 
La copertina dell'Album

La copertina dell'Album

Il repertorio musicale del disco è frutto di ricerche basate sull’, ed enfatizza il legame tra cabaret e canzone d’autore: tale legame risale ai poeti-performer ottocenteschi Hydropathes, che fusero musica e poesia, esibendosi nel locale parigino Chat Noir; e ad Aristide Bruant, e alla sua «chanson canaille». Il fenomeno del cabaret, si manifestò in Italia per la prima volta a Milano, ed è per questo che ogni traccia parla della città. 

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Arianna Cerea

MILANO OLTREPOP Introduzione di Flavio Oreglio

Il disco che avete tra le mani è il secondo step del progetto Anima Popolare, un work in progress che dal 2017 sto coltivando con gli Staffora Bluzer. La sua realizzazione era scritta nel destino, nelle stelle o forse solo su un foglietto di appunti, sotto la dicitura “eventualità”. Non ricordo… ma poco importa. Un album racchiude un percorso e conserva i sentimenti e le idee che l’hanno generato. Ascoltandolo potete trovare cuore, affetto, rispetto e riconoscenza ma, se cercate la nostalgia, avete sbagliato indirizzo: non c’è alcun desiderio malinconico di rievocare i bei tempi andati che ahimè non torneranno più, perché – per usare le parole di Pierangelo Bertoli - i piedi sono sì nel passato ma lo sguardo è dritto e attento nel futuro.  Sono tre i mondi artistici che convergono in questo lavoro: cabaret, canzone d’autore e musica prog, ambiti frequentati nel corso degli anni che rivelano in questo disco la loro complementarietà e coerenza come frammenti di un unico puzzle che una volta ricomposto mostra un’immagine unica, chiara e definita.  Dai Cantacronache e dal Nuovo Canzoniere Italiano abbiamo recuperato l’attenzione alla matrice popolare, affidandoci nello specifico – come spiegato ampiamente nell’album precedente - alle sonorità della musica delle quattro province per proporre e interpretare anche stilemi musicali di diversa provenienza come il jazz, il rock e il blues. Il risultato è un mix di tradizione e contaminazione, e segna un tratto sperimentale che ci ha proiettato, di fatto, in una dimensione tipicamente prog.
La scelta del repertorio si basa sulle ricerche dell’Archivio Storico del Cabaret Italiano, studi che hanno messo in luce il legame tra cabaret e canzone d’autore, una connessione nata alla fine dell’Ottocento, nel locale parigino Chat Noir, dove i poeti performer Hydropathes sperimentarono il connubio tra musica e poesia, e Aristide Bruant con la sua chanson canaille portò alla ribalta la “poetica degli ultimi” che diventerà uno dei tratti caratteristici della canzone d’autore. D’altro canto, Cantacronache, Nuovo Canzoniere Italiano, Fo, Jannacci, Gaber, Svampa, Gufi e altri costituiscono un unicum musicale che ha diverse sfumature: canzone popolare, canzone politica (di protesta), canzone satirica, canzone umoristica,  canzone poetica… un unicum che fu il seme originario della canzone d’autore in Italia e che Umberto Eco nel 1963 definì “canzone nuova” indicandola come “via italiana al cabaret”. In Italia il fenomeno si è manifestato a Milano, il che spiega il titolo dell’album. Per le tesi sostenute, infatti, Milano ha lo stesso ruolo evidenziatore che le Galapagos svolgono nei confronti dell’evoluzionismo darwiniano. Milano e Galapagos sono i luoghi dove le teorie diventano evidenti. Ci sono tante Milano in questo disco… C’è la Milano della tradizione popolare (El magnan, La povera Rosetta) e la Milano degli anni ’30 che ne amplia i confini con le canzoni di Giovanni D’Anzi (El biscella), c’è la Milano degli anni ’60 che mentre rispolvera queste radici (El me gatt di Ivan Della Mea) getta le basi dell’innovazione con un occhio ai poeti della beat generation e l’altro ai canoni del jazz e della nuova canzone francese. Così facendo, racconta personaggi e piccole storie di periferia (Il Riccardo di Gaber-Simonetta, Faceva il palo, Ma poi di Valdi-Jannacci) e regala perle di filosofia minimalista (Se l’è un cojon di Brassens-Svampa-Amodei). Con l’arrivo del ’68 la ribellione dilaga per le strade. Woodstock e l’Isola di Wight diventano vetrine di un mondo musicale più anglosassone e determinano il successo di nuove strutture armoniche e melodiche. E così, nel giro di poco tempo si passa dal linguaggio surreale di Cochi e Renato (La canzone intelligente, ultimo grido dell’approccio originario) alla nuova cultura coltivata nei neonati teatri off e in altri ritrovi e che si manifesterà in brani come La radio di Eugenio Finardi o Stranamore di Roberto Vecchioni, testimonianze di un avvenuto cambiamento dei modelli di riferimento che si sovrappone ai precedenti. Milano conserva il suo spirito di là dai codici espressivi. Gli echi d’oltreoceano e d’oltralpe si accavallano, a volte prendono vicendevolmente il sopravvento, o tornano ciclicamente a ripresentarsi (Sorrisi e lacrime). In questo panorama di rielaborazioni trova perfetta collocazione anche il brano Non c’è Milano di Stefano Covri e Fabrizio Canciani, canzone con una lunga storia legata al progetto “Musicomedians” che ne ha sostenuto i primi passi nel 2010. Un pensiero e un grazie vanno ai grandi amici artisti che hanno condiviso con noi quest’avventura: Enrico Intra, Cochi Ponzoni, Paolo Tomelleri, Umberto Faini, Fabio Treves e Alex “Kid” Gariazzo, Ricky Gianco, Roberto Vecchioni, Alberto Fortis, Lucio “violino” Fabbri, Germano Lanzoni, Alberto Patrucco, David Riondino.  Un pensiero speciale invece lo voglio rivolgere a Roberto Brivio, cui dedichiamo idealmente l’album. Il Covid ce l’ha ha portato via, ma Roberto - che ho avuto il piacere di frequentare per più trent’anni - con il suo impareggiabile entusiasmo è stato un grande protagonista di questo lavoro (ha cantato tre canzoni, ma fosse stato per lui, le avrebbe cantate tutte) attestando la grande affinità e l’amicizia che ci legavano.   Stavamo perseguendo un progetto di riproposta dei Gufi in teatro con Alberto Patrucco e David Riondino e il brano “El magnan” immortala questa collaborazione purtroppo rimasta incompiuta.
In conclusione
, quello che proponiamo non è quindi il classico “tributo” ma una rilettura e reinterpretazione. Il risultato è sotto i vostri occhi, anzi, nelle vostre orecchie. Buon ascolto.