San Giuliano, 274 cipressi di Leyland a rischio, il Comune pare intenzionato ad accogliere le indicazioni del perito, per un taglio indiscriminato
Il Comitato Cascina Selmo incarica un altro agronomo che giunge a conclusioni diametralmente opposte: con la manutenzione possono essere salvati
Il duplice filare dei cipressi di Leyland di Cascina Selmo a
San Giuliano Milanese, considerazioni diverse nelle due perizie agronomiche che
propongono rimedi opposti. A ridosso
delle due linee ferroviarie nord-sud, una per il transito di treni locali e l’altra
dell’alta velocità, alle porte di Milano, a San Giuliano Milanese sorge Cascina
Selmo, in parte degradata, come altre che sono sorte a ridosso dell’abitato,
anzi è questo che si è espanso fino a lambire terreni e fabbricati rurali. L’attività
industriale e commerciale spinta e la grande emigrazione interna degli anni ’60-‘70
hanno fatto il resto, marginalizzando l’attività agricola e le strutture che sorgevano
per svolgere il lavoro nei campi e ospitare la comunità rurale. Il Comune di San
Giuliano negli anni ‘90 ha pensato di proporre per il loro recupero dei piani
di intervento edilizio denominati “Nuclei cascinali”. Uno di questi riguarda la
Cascina Selmo, una fascia di terreno fra le due ferrovie. Per attutire in
qualche modo il rumore per il transito dei treni sono stati impiantati due
filari di cipressi di Leyland, indicati per offrire una barriera di separazione
dal parcheggio pubblico e dalla strada carrozzabile. Si tratta in un caso di
164 piante e nell’altro di 110. A distanza di una decina d’anni almeno e più
dall’impianto si assiste a delle cadute singole di alberi secchi oppure dei più
deboli e soggetti a schianti dovuti alla forza del vento. Che fare rispetto a
questo fenomeno? A questo punto le opinioni divergono notevolmente. La Cooperativa
sociale il Giardinone di Locate Triulzi commissiona ad un agronomo, il dr. Luca
Masotto di Concorrezzo, una perizia di analisi delle cause e dei possibili
rimedi. Nel corso del sopralluogo che l’agronomo compie nel mese di febbraio
u.s. rileva condizioni pessime della situazione, così definite: l’interramento
del colletto, l’errata profondità dell’impianto che causa lo sprofondamento
delle piante, indebolite anche probabilmente dalla scarsa qualità del materiale
vivaistico, ecc. Le conseguenze sono l’atrofizzazione dell’apparato radicale, il
deperimento da fitopatia e il disseccamento per competizione data la limitata
distanza fra le piante. Il rischio è la caduta del materiale vegetale anche all’interno
del sedime ferroviario, oltreché nel parcheggio e sulla strada, con grave danno
per persone e cose. La soluzione suggerita è la rimozione totale delle quinte vegetazionali
esistenti da sostituire con una nuova quinta vegetale di carattere polispecifico,
cioè vario e a distanze più ampie per consentire il libero sviluppo delle
piante. Il Comune sulla base di questa relazione emette una ordinanza di
abbattimento per ragioni di sicurezza pubblica degli alberi secchi o degli
altri che in seguito a prove meccaniche risultassero cedevoli. Successivamente pare
che si accolga il suggerimento dell’agronomo per una operazione radicale che coinvolga
tutti gli esemplari. Alcuni membri del Comitato Cascina Selmo intanto incaricano
un altro tecnico, il perito agrario Federico Simone di Milano, a redigere una
nuova perizia agronomica. Il tecnico ha
una lunga e comprovata esperienza nella gestione e nella manutenzione del verde
pubblico e privato. Svolge attività di consulente per la gestione delle
alberature della Città di Milano e nella programmazione e pianificazione delle
attività di manutenzione ordinaria e straordinaria del verde cittadino, come
responsabile delle alberature. Sa di cosa si tratta insomma. Dopo aver visionato
nel marzo u.s, i due filari, il perito agrario giunge a conclusione diametralmente
opposte. Conviene che l’impianto è serrato e le piante non abbiano spazio
ottimale e che alcuni esemplari siano da eliminare, ma nel complesso dice che i
filari potrebbero essere oggetto di potatura, di ridimensionamento e di
parziale diradamento della vegetazione, dal momento che la condizione
vegetativa generale appare buona e non si rilevano tracce delle più classiche patologie
fungine. Ricorda che a favore della conservazione delle alberature esistono dei
criteri ambientali minimi CAM a cui le amministrazioni pubbliche sono tenute ad
attenersi così come una direttiva del Ministero dell’Ambiente. Consiglia di ricorrere
con notevole risparmio economico ad interventi gestionali alternativi alla
rimozione, non giustificabile sul piano economico, agronomico, paesaggistico e
ambientale. Infine suggerisce, a maggior tutela, l’installazione di un sistema
di tutoraggio passivo. Siamo di fronte a due relazioni diverse, anzi opposte,
che devono essere valutate complessivamente senza pregiudizi, nell’interesse
degli alberi e della sicurezza dei cittadini.
Paolo Rausa