Dal diario di un aspirante sub - Terza lezione con l’associazione subacquea SeaSub

Corso base “Open Water Diver”

Si respira finalmente. Sott’acqua. Nella terza lezione di SeaSub siamo andati a fondo, concettualmente e concretamente. E così abbiamo affrontato un po’ di sana fifa e l’eccitazione di restare immersi nell’acqua respirando solo attraverso l’erogatore collegato alla bombola. 
Prima cosa: bisogna sapere come comportarsi, anche in caso di difficoltà o emergenze. Per questo l’immersione è stata preceduta dalla spiegazione iniziale di Evrim, la nostra istruttrice, con la dimostrazione pratica di Matteo, che bardato com’era e con i 30 gradi a bordo vasca, pareva un filino accaldato. «Non ho capito niente», ha detto Ilaria al termine della teoria, in preda all’ansia e cercando conforto in me. L’ho rassicurata più del dovuto, sebbene avessi perso qualche passaggio, ma consapevole di essere in buone mani. 
Dopo aver montato il gav (giubbotto ad assetto variabile) sulla bombola come già imparato nella precedente lezione, ci siamo seduti tutti a bordo vasca, muniti chiaramente di pinne, maschera, pesi. Una spintarella e giù, siamo in acqua. Ripeto le prime mosse da effettuare per scendere sul fondo: sgonfiare il gav premendo l’apposito pulsante di scarico, tenere il boccaglio tra i denti, chiudere le narici con le dita, soffiando, per compensare ed evitare problemi ai timpani. Detto, fatto. E poi dicono che noi uomini non riusciamo a fare più cose contemporaneamente…
Vedo Ilaria che sgambetta, perde le pinne, risale in superficie. Lascio che Evrim si occupi di lei. Io appoggio le ginocchia a terra, nella posizione concordata. Comincio a respirare. È una sensazione strana, di appartenenza a un altro mondo. Il silenzio e l’acqua che ti ospita. Ilaria torna accanto a me con pinne più strette e ulteriori pesi, sono tranquillo. È il momento di fare pratica, uno ad uno, davanti alla nostra istruttrice. Evrim mi chiama per compiere il primo esercizio ma io imbambolato e affascinato dal nuovo ambiente ho rimosso ogni cosa. Mi tocca la spallina del gav e io faccio lo stesso con lei, ma mi rendo conto che non ha senso. Mi scappa da ridere e rischio quasi di bere. Poi torno lucido. Bisogna togliere il boccaglio e riprenderlo. Superiamo tutti la prova. Ci misuriamo anche con la maschera, per vuotarla nel caso in cui entri acqua o per spannarla. Non ho avuto grosse difficoltà. Altri compagni sì. Nel complesso, direi che i “Dolphins” (nickname del nostro gruppo) se la sono cavata.

Maurizio Zanoni

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