San Donato, bar e ristoranti dicono “basta” ai buoni pasto. Le commissioni del 20% sono troppo onerose per avere margine di guadagno

Sono 29 gli esercizi che, a partire da giugno, non accettano più pagamenti mediante ticket. I commercianti: «Per garantire la qualità del prodotto non accettiamo più i buoni». Dito puntato contro lo strapotere di società emittenti e debolezza del governo nella contrattazione

«Chi fa il nostro mestiere oggi sa perfettamente che il 20% di costo extra su un pasto pagato con i buoni non è assolutamente sostenibile, non solo non è profittevole ma, a volte, diventa una perdita» è quanto si legge sul sito www.buonipastonograzie.com, spazio web in cui gli esercenti aderenti alla protesta hanno raccolto ed esposto le proprie idee e le proprie ragioni. È per dare risonanza mediatica alle proprie difficoltà che, a partire da giugno, 29 esercizi commerciali (bar, ristoranti, panetterie, pasticcerie) di San Donato Milanese hanno deciso di non accettare più pagamenti in buoni pasto. La ragione? «Per garantire invariata la qualità del prodotto offerto». In sostanza, gli esercenti denunciano commissioni a tassi da usura; negli anni la percentuale che le società che emettono i ticket impongono su ogni pagamento è aumentata dal 7 al 20%. «Inoltre – si legge ancora su www.buonipastonograzie.com – i termini di pagamento sono slittati nel tempo fino a 60 giorni con la possibilità di accorciarli solamente previo il pagamento di un'ulteriore commissione del 2,5%». Complice anche la crisi economica, vera “seconda ondata” della pandemia di coronavirus, molti commercianti si sono ritrovati con l’acqua alla gola e, in mancanza di aiuti concreti da parte di governo e istituzioni, hanno ritenuto necessario iniziare uno “sciopero del ticket”. Probabilmente, dato il gran numero di lavoratori ancora in cassa integrazione e in smart working, la protesta sarà inizialmente poco eclatante ma, con la ripresa delle attività lavorative a pieno regime (specie degli uffici, molto numerosi in città), l’azione intrapresa avrà presto grande visibilità. Naturalmente, la “colpa” dell’aggravarsi della situazione non è da imputarsi ai lavoratori che sono soliti pagare i propri pasti con i buoni che le ditte forniscono loro; semmai, a ridurre gli esercenti sull’orlo del fallimento è lo strapotere delle società emittenti i buoni aggravato da una poco oculata amministrazione governativa nella stipula dei contratti e nella stesura dei regolamenti. Mentre i percettori di buoni pasto dovranno accontentarsi di spendere i ticket presso i punti vendita dei supermercati, le cui catene possono permettersi di accettarli dal momento che gli incassi di tali marchi sono estremamente alti, «gli utilizzatori possono dare una mano scrivendo ai propri uffici acquisti e del personale»

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