Il cane nella storia: riferimenti al migliore amico dell’uomo in immagini e scritti antichi

Seconda parte dell'articolo a cura dell'Associazione Dog Angels Onlus. Non solo Argo di Ulisse: la storia letteraria e artistica è disseminata di immagini e riferimenti al migliore amico dell'uomo, dalla preistoria ai giorni nostri

Un'immagine antica che raffigura un cane

Un'immagine antica che raffigura un cane

Come abbiamo precedentemente visto negli scorsi numeri di 7giorni, dopo il primo impatto con l’uomo preistorico - e quindi con la caccia - l’antenato del cane diventò un compagno abituale e nel corso dei secoli venne utilizzato,  anche per fare da guardia ai villaggi e, purtroppo per la guerra.
Troviamo numerose raffigurazioni del cane disseminate in molti territori e culture: bassorilievi Assiro-Babilonesi, ritraggono scene di caccia con uomini e mute di cani; si racconta che, conquistata la Mesopotamia, Ciro Re di Persia, portò al seguito del suo esercito i quattro zampe trovati nei territori conquistati, per la loro grande prestanza fisica.
Le prime rappresentazioni di cani che più si avvicinano alle razze che oggi noi conosciamo arrivano dall’Egitto, si possono riconoscere Bassotti e Segugi. Dall’Oriente vennero importati i Mastini e i Levrieri e pare che furono i Fenici a contribuire alla conoscenza e all’arrivo di cani sempre nuovi a Roma o in Grecia, perchè tra i loro numerosi commerci c’erano anche quelli che riguardavano i cani.
Per i Greci i cani erano stati forgiati per l’uomo dal Dio Vulcano e la loro importanza si rispecchia anche nelle prima forme di letteratura. Noi tutti conosciamo Argo, il cane di Ulisse. Aristotele, che non era solo un filosofo, ma anche uno zoologo, fece un lungo elenco di razze canine, distinguendole attraverso i loro paesi di provenienza. Purtroppo mancano descrizioni dettagliate che possano permetterci di identificare ceppi antichi delle razze giunte fino a noi.
Più avanti nella cultura romana appaiono cenni sui cani nelle opere di Varrone e nel terzo libro delle “Georgiche” di Virglio. In questi testi, si fa riferimento all’uso e alla diffusione del cane nell’antica Urbe e nelle sue regione. Se ne ricava così un quadro assai interessante: il cane, non solo era usato per la guerra o per i giochi con i gladiatori, ma era ospitato nella casa, affinché potesse svolgere il ruolo di guardiano vigile e fedele. Nei manoscritti Medioevali, compare la dicitura “cane da pastore” e “cane da guardia”, segno che l’uomo ha imparato sempre meglio a conoscere e sfruttare le attitudini comportamentali di questo animale.
Anche  le espressioni pittoriche mostrano chiaramente,  dal XV secolo in avanti, come il canis familiaris sia ormai una presenza costante nella vita umana: in molte tele che rappresentano scene di vita quotidiana, uomo e cane vengono ritratti assieme. Il quadro diventa espressione e testimonianza di una società: l’artista rappresenta e, di conseguenza tramanda ai posteri un pezzo di storia e in questo contesto va approfondito il filone dell’arte animalier, ossia quella moda tanto in voga degli artisti che, a partire dal seicento, ritraggono i cani con i loro padroni, sono protagonisti indiscussi.
Tra settecento e ottocento, gli artisti, ormai meno legati al mecenatismo nobiliare, cominciano a descrivere la vita giornaliera; i quadri diventano così specchi che catturano stralci di vita vissuta e parte  essenziale sono ancora i cani, che non vengono più rappresentati in scene di caccia o in posa con i loro padroni, ma sono ritratti all’interno della famiglia, nella casa di cui fanno parte.
E fino ai giorni nostri il cane ha, come possiamo vedere, influenzato in vari modi la vita dell’uomo e da sempre si sono dimostrati davvero preziosi per gli esseri umani, solo che l’uomo non si è limitato a conoscere, capire e amare questo compagno fedele sempre rimasto al suo fianco, ma lo ha sfruttato, maltrattato, umiliato utilizzandolo in pratiche crudeli quali le lotte clandestine e la vivisezione.
Mahatma Gandhi disse: «Noi dovremmo essere capaci di rifiutarci di vivere se il prezzo del nostro vivere fosse la tortura di esseri senzienti».