In Italia ci sono soltanto 5 specie velenose di serpenti, appartenenti alla famiglia delle Viperidi, e non sono presenti in tutte le regioni

Il suo morso è mortale in rarissimi casi; non solo, circa il 20% dei morsi sono morsi “secchi” in cui non vi è alcuna inoculazione di veleno

Marasso

Marasso

Rubrica a cura di Walter Ferrari Tel. 339.7615179 -  www.walterferrari.it
Quando si parla di “animali striscianti” più o meno tutti rizziamo i capelli! Retaggio culturale e molto probabilmente anche per l’aspetto poco gradevole, i rettili hanno sempre suscitato paura più o meno a tutti.
Personalmente, frequentando  da anni i monti di Lombardia (Orobie) e Trentino (Dolomiti) mi è capitato di incontrarne  diverse; per poter fare foto e video a scopo divulgativo a volte le sposto con le mani per metterle in posizione, prendendole per la coda possibilmente con un guanto. Se ne conosci il comportamento ti fa meno paura, perché la Vipera è un animale schivo, timido e pauroso. Di norma scappa prima che ci avviciniamo. La Vipera morde solo se la disturbiamo, la molestiamo o la calpestiamo altrimenti se ne sta ben alla larga da noi. Il suo morso è mortale in rarissimi casi; non solo, circa il 20% dei morsi sono morsi “secchi” in cui non vi è alcuna inoculazione di veleno. Ciononostante esiste ancora, nei confronti delle vipere, una paura non proporzionale all’effettivo pericolo che esse rappresentano. Hanno fatto più vittime le api e le vespe che le vipere!
In Italia ci sono soltanto 5 specie velenose di serpenti, appartenenti alla famiglia delle Viperidi, e non sono presenti in tutte le regioni.
La Vipera comune (Vipera aspis), diffusa in tutto il territorio, tranne la Sardegna, si incontra maggiormente sulle Alpi e sugli Appennini.
Il Marasso (Vipera berus), poco diffusa, la si può incontrare principalmente nell’Italia settentrionale.
La Vipera dell’Orsini (Vipera ursinii), presente solo sull’Appennino Abruzzese e Umbro-Marchigiano.
La Vipera dal corno (Vipera Ammodytes), presente nell’Italia Nord-orientale, Dolomiti incluse.
La Vipera dei Walser (Vipera walser) scoperta nel 2016, vive in un areale molto ristretto, nella zona di Biella e nell’alta Valsesia.
Approfondiamo ora  la conoscenza della Vipera comune.
Questo rettile è diffuso quasi esclusivamente in collina e in montagna. Caratteri distintivi   della Vipera comune sono: il capo triangolare, ben distinto dal collo, muso squadrato con apice rivolto in alto, pupille verticali, squame del capo piccole; corpo massiccio, coda corta, lunghezza negli adulti solitamente inferiore agli 80 cm. Postura e movenze possono aiutare il riconoscimento a distanza: le vipere tengono spesso il corpo ripiegato a S e fuggono con andatura lenta, senza farsi troppo notare. Le vipere vivono di preferenza nelle zone ben assolate e ricche di vegetazione  (boscaglie, arbusteti, zone rocciose, pietraie). In estate, nelle ore più calde, stanno al riparo tra la vegetazione, mentre sono più attive al mattino e di sera. Con temperature più fresche (primavera e autunno) si espongono più a lungo al sole. In questi periodi è più elevato il rischio di un incontro ravvicinato, in quanto le vipere sono più lente e non sempre si allontanano spontaneamente.
La vita a grandi quote delle vipere è possibile in quanto si tratta di animali ovovivipari: le uova non vengono deposte nel suolo ma trattenute nel ventre materno fino alla schiusa; la madre, esponendosi al sole, mantiene le uova a temperature convenienti, permettendone lo sviluppo. Nei mesi di agosto e settembre le femmine danno alla luce 6-7 piccoli. I “viperotti”, già da subito autosufficienti, sono in grado di inoculare da 1 a 3 mg di veleno (contro i 5 mg degli adulti), utili alle piccole vipere al fine di procurarsi il cibo (lucertole, grilli, cavallette, grossi coleotteri).  Le prede preferite dagli adulti sono invece  micro mammiferi ( topi e piccoli ghiri), anfibi (rane) e nidiacei di uccelli.
La Vipera è considerata un ottimo indicatore ambientale perché evita completamente gli ambienti degradati; è un animale protetto quindi non va ucciso.

Testo e foto  di   Walter Ferrari

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