Coniugi separati da 12 anni. La moglie non “concede” il divorzio. Ci pensa la Legge!
Buonasera Avvocato,
la mia domanda è questa: sono separato da quasi 12 anni la mia ex moglie non vuole darmi il divorzio. Come devo comportarmi?
Gentile Sig. Francesco,
dal tenore della sua domanda, deduco, che la separazione di 12 anni fa di cui parla avvenne consensualmente.
Il che rappresenta una delle possibilità – certamente la più rapida e meno traumatica soprattutto in presenza di figli minori - per porre fine ad una convivenza divenuta intollerabile, ma non la sola.
La separazione, infatti, e analogamente il divorzio (si tratta di procedimenti che presentano molteplici analogie sotto il profilo procedurale) possono essere richiesti concordemente da entrambi i coniugi e, in tal caso, si parla di separazione consensuale o di divorzio congiunto, ma non necessitano, quale presupposto essenziale, del consenso dell’altro consorte che, come si suol dire nel gergo comune, “ce lo concede”, potendosi ottenere, in assenza di accordo, anche per volontà e su richiesta di uno solo dei coniugi.
L’importante, per l’accoglimento della domanda di divorzio (o, meglio, per usare la terminologia della L. 898/70 e successive modifiche, la richiesta di scioglimento del matrimonio civile o di cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario, cioè celebrato in Chiesa), e indipendentemente dal fatto che la relativa domanda venga presentata su istanza di una o entrambe le parti, è che ricorra una delle situazioni giuridiche tassativamente previste dalla legge, precisamente dall’art. 3 della richiamata L. 898/70.
Senza divagare sulle singole cause elencate dalla citata norma anche perché non riguardano il suo caso, la condizione (necessaria) più comune e frequente alla base delle richieste di divorzio è sicuramente quella di cui mi parla lei, e cioè la separazione legale tra i coniugi - accertata o con una sentenza passata in giudicato per la separazione giudiziale o con un decreto di omologa per la separazione consensuale – protratta ininterrottamente per almeno 3 anni.
In presenza di questo presupposto, che dovrà essere accertato dal Giudice, il divorzio, anche in mancanza di una fattiva collaborazione dell’altro coniuge o, ancora, persino nell’estrema ipotesi di un eventuale ostruzionismo da parte di quest’ultimo, verrà, comunque, “concesso” dal Tribunale.
Riassumendo, quindi, nel suo caso, per ottenere ciò che vuole, Le sarà sufficiente rivolgersi ad un legale.
L’assistenza tecnica, infatti, in questi procedimenti, attualmente, è obbligatoria e per motivi deontologici non potrà essere assunta dall’eventuale precedente difensore che, occupandosi della separazione, abbia rappresentato entrambi.
Inoltre, per completezza, per chi non fosse in grado di sostenere economicamente il patrocinio di un avvocato, mi permetto di fare un breve inciso e di segnalare che se si è titolari di un reddito che non supera € 10.628,16, si potrà usufruire del “patrocinio a spese dello Stato” (detto anche "gratuito patrocinio"), la cui modulistica è facilmente reperibile, fra gli altri, sul sito dell’Ordine degli Avvocati di Milano www.ordineavvocatimilano.it nell’apposita sezione dedicata a tale istituto giuridico.
L’avvocato si occuperà di presentare presso il Tribunale competente, e cioè quello del luogo in cui sua moglie ha la residenza o il domicilio (ovvero, qualora sua moglie sia residente all’estero o irreperibile, quello del luogo in cui ha lei ha la residenza o il domicilio) un ricorso a cui, fra gli altri documenti, dovrà essere allegata anche una copia autentica del verbale omologato di separazione o copia autentica della sentenza di separazione passata in giudicato.
Si aprirà, quindi, un procedimento che si articolerà in due fasi: la prima, presidenziale, costituita, di solito, da un’udienza di comparizione personale delle parti davanti al Presidente del Tribunale, che, dapprima, esperirà un tentativo di conciliazione fra lei e sua moglie finalizzato ad accertare l’effettiva e definitiva rottura dell’unione materiale e spirituale fra coniugi e, successivamente, fallita la conciliazione, qualora dal colloquio dovessero, comunque, emergere i presupposti per addivenire ad un accordo, verificherà la possibilità di addivenire ad un divorzio congiunto.
In caso negativo, il Presidente, sentiti i coniugi, i loro difensori, nonché, talvolta, anche i figli minori, pronuncerà dei provvedimenti temporanei ed urgenti finalizzati a regolare i Vs. rapporti fino alla sentenza che concluderà il procedimento e fisserà l’udienza di trattazione davanti al giudice istruttore, che si occuperà di risolvere le eventuali questioni controverse inerenti, ad esempio, gli aspetti patrimoniali, l’assegnazione della casa coniugale, la determinazione dell’assegno divorzile e/o l’affidamento della prole.
Nel giudizio di divorzio, tuttavia (così come in quello per separazione), è possibile, senza dover attendere lo svolgimento dell’intera fase istruttoria, richiedere la pronuncia di una sentenza non definitiva (art. 4 L. 898/70) relativa allo scioglimento o alla cessazione degli effetti civili del matrimonio, attraverso la cui pubblicazione e trascrizione presso gli uffici comunali, è possibile ottenere più rapidamente il riconoscimento dello stato libero per l’ordinamento civile.
Diversamente dalla pronuncia di separazione,la sentenza di divorzio dà origine ad uno stato giuridico di definitività, che non contempla l’ipotesi di una riconciliazione coniugale, la quale può essere, all’occorrenza, legalmente sancita solo attraverso un nuovo matrimonio tra le stesse parti. Cessa quindi lo stato coniugale e, di conseguenza, cessano anche i suoi effetti personali e patrimoniali, per cui, oltre alla possibilità di poter contrarre nuove nozze, la donna perderà il cognome del marito (a meno che sia autorizzata dal tribunale a conservarlo, aggiungendolo al proprio, qualora sussista un interesse suo o dei figli meritevole di tutela)e verranno meno tutti i diritti e gli obblighi discendenti dal matrimonio, quali, ad esempio,la perdita dei diritti successori.
Gli effetti della sentenza di divorzio aprono, tuttavia uno scenario che esula dalla domanda che mi ha fatto, pertanto, non mi dilungherò sul punto, che, se del caso, qualora fosse interessato, potrà essere approfondito e sviluppato nelle prossime settimane.
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Luigi Abbrescia :
Gent.mo Avvocato, sono da 10 anni separato legalmente in modo consensuale dalla mia ex moglie, ora dopo 3 raccomandate inviatele tra il mio avvocato ed il suo per un eventuale divorzio consensuale, e alcuni miei bonari inviti, la Signora in questione non si e' assolutamente fatta sentire nel merito, Tengo a precisare che abbiamo un figlio maggiorenne che vive con lei e molte volte anche con me, entrambi lavoriamo, io nel privato e Lei statale, percependo quasi lo stesso stipendio, per cui non percepisce nessun mantenimento , tranne quello x mio figlio. Non ho proprieta' od altro per cui dividere, anzi lei ha comprato casa e box relativo, mentre io sono in affitto. E per finire io ho un altra figlia maggiorenne, della mia prima defunta moglie, la quale e' stata la causa principale della mia separazione in quanto maltrattata sia a livello pichico e sia fisico, Ebbene come dovrei agire per non incorrere in tante spese a cui non posso far fronte e anche perche' oltre il danno sto subendo un immensa ingiustizia e beffa ?. Distinti saluti | venerdì 15 maggio 2015 12:00 Rispondi