Riflessioni per la prossima Pasqua: perché mangiare l’agnello?

«Con 365 giorni di anticipo, possiamo con tutta calma rifletterci e magari decidere di non supportare mai più questa barbara tradizione»

Quando leggerete questo pezzo, la  Pasqua sarà già superata e il business legato alla tradizione di portare sulle nostre tavole l’agnello ormai realizzato ma, poiché anche alcuni anni fa abbiamo già considerato questo problema, vogliamo riparlarne affinchè con 365 giorni avanti a noi, possiamo con tutta calma rifletterci e magari decidere di non supportare mai più questa barbara tradizione. Ogni anno in Italia sono macellati oltre tre milioni di agnelli. Il trenta per cento solo durante il periodo pasquale. Il trattamento riservato agli agnelli, serviti sulle tavole pasquali, è cruento. Gli agnellini, dopo un solo mese di vita, sono strappati alle loro madri e stipati in camion che intraprendono lunghi viaggi senza soste, senza cibo né acqua. Nei macelli i piccoli animali sono caricati su un rullo, storditi (nella migliore delle ipotesi), sgozzati e, una volta liberati del sangue, scuoiati e macellati. In molti casi, però, i macelli non seguono le normative vigenti e le vittime non sono stordite prima dell’uccisione, morendo così tra atroci tormenti. Si tratta di una vera e propria mattanza, giustificata solo in parte dai precetti e dal rituale religioso, che sembrano stridere con il comandamento cristiano “Non uccidere”. Quanti di coloro che rispettano tali tradizioni si sono mai chiesti il vero significato del mangiare carne di agnello il giorno della risurrezione di Cristo? L’agnello, simbolo di purezza, è un animale presente in molti punti della Bibbia. Per gli ebrei era praticamente obbligatorio mangiarlo a Pasqua, in ricordo del fatto che Dio promise al popolo di Mosè la salvezza dei primogeniti se i loro capifamiglia avessero segnato le porte delle loro case in Egitto con sangue d’agnello.  I riti, che stanno all’origine della Pasqua Ebraica (detta “pesah”, ovvero agnello),  risalgono in realtà a un’antichissima celebrazione familiare di tipo pagano con la quale i pastori solennizzavano l’inizio del nuovo anno, nella notte immediatamente precedente la partenza per i pascoli estivi: al chiaro della luna piena s’immolavano i primi nati del gregge il cui sangue veniva impiegato a scopo propiziatorio per proteggere pastori e greggi da influenze demoniache e assicurare la fecondità, mentre la carne era consumata in un pasto cultuale che aveva lo scopo di rinsaldare i vincoli di parentela della famiglia e della tribù. Dunque un’usanza pagana, che, com’è accaduto di sovente nella storia umana, è stata rielaborata all’interno di una fede religiosa. Con l’avvento del cristianesimo l’agnello è diventato uno dei simboli principali perché considerato un simbolo del Messia, che è “agnello di Dio”: Gesù stesso è l’agnello, che si sacrifica per gli uomini e li purifica versando il suo sangue. E’ una tradizione cristiana, ma solo una tradizione: non è un obbligo e di certo nessun testo ufficiale della Chiesa cattolica indica che la Pasqua non è tale se non si mangia un tenero agnellino. Anzi, qualcuno lo ricorderà,  nel 2005, Benedetto XVI sostenne la tesi che Gesù Cristo non consumò agnello durante l’Ultima Cena, contraddicendo credenze plurisecolari. Senza dilungarmi ulteriormente su queste tematiche religiose, non pensate che la strage di agnellini per la Pasqua sia ormai lontana da ogni tradizione religiosa né ha alcuna giustificazione teologica? Il vero agnello pasquale è Cristo stesso. E allora perché continuare con questo massacro?  Non si deve per forza diventare vegetariani: “si tratta di evitare inutili stragi e maltrattamenti sia nell’allevamento sia nel trasporto in virtù di una tradizione che dovrebbe ritenersi ormai superata. Per fortuna quest’anno sembra che il consumo di carne di agnello sia in grande flessione rispetto agli anni precedenti, molte  persone hanno compreso  di quanta sofferenza ci sia dietro a una costoletta e per questo vi invitiamo a fare delle scelte diverse. La prossima Pasqua, mangiatelo  l’agnello, ma di cioccolato o di marzapane.

Graziella Baruffi
https://www.dogangels.it/

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